Veleno dal Mondo Pop!
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Noi lo sappiamo bene che ce ne hanno combinate troppe, e per un po’ abbiamo subito, ma adesso qualcosa in noi si è trasformato, ed il gusto estetico è stata la prima dimensione a risen-tirne, con il risultato di trovare consone al nostro modo di essere delle sferzate di virulenza che in fondo fanno solo spettacolo per gli occhi in via dei Greci 30, sede della galleria Mondo Pop.
Oppure pensando a certe storture che sono sotto i nostri occhi nella dimensione quotidiana, ci sentiamo tanto amareggiati che con un mozzico potremmo uccidere!
I maligni penseranno: c’è una donna o più di una dietro questo discorsetto? Sicuramente sì, ma solo nel senso che la parola ”veleno”, dal latino ”venenum” trae origine da Venus, Venere, le cui melliflue grazie non di rado si trasformano in armi venefiche e buttano qualcuno in mezzo a una strada. Non è questo il caso dei due artisti in mostra, JB Rock e Diamond, che della strada e dei suoi angoli più dimenticati hanno fatto il palcoscenico, anzi il supporto dei loro lavori, diffusi in tutta Europa oltre che in Italia e a Roma in particolare, vera Capitale italiana anche in questo settore. Il loro connubio artistico dura da anni ed ora ha ricevuto la giusta consacrazione con una doppia personale di prestigio (da sab. 25 settembre 2010 e fino al 16 ottobre prossimo).
D’altronde nel loro lavoro, la spontaneità del tratto da street-art si combina con le tecniche più raffinate da atelier, per un risultato che non poteva che entrare nella sfera d’attrazione internazionalista e ultra-contemporanea di Mondo Pop.
JB Rock identifica nelle droghe i veri veleni, ma le rappresenta senza una esplicita condanna, restituendone potenziata l’essenza in icone come Kate Moss, Amy Winehouse o Kurt Cobain. La Moss in Cocaina appare dipinta ad acrilico, in una composizione parzialmente a collage, con capelli bianchi da vecchia streghetta ma la gioventù è mantenuta sniffando e vendendosi poi come prodotto che “spacca” soprattutto i capillari delle mucose del naso, ma il sangue è solo un tocco di smalto che (insieme alla vodka in bottiglia) accresce il fascino della ninfetta di cui tutti siamo invaghiti fino all’intossicazione. In Eroina osserviamo invece un affascinante ritratto di Kurt Cobain, il cui incarnato è ottenuto con fittissime scolature giallo-arancio su fondo rosa, su cui gli occhi cerulei e la chioma rosso-nera crea un look da bello e precocemente dannato. Il simbolo chimico della sostanza letale è dipinto sullo sfondo rosa shocking, sopra ad una imbrattatura di giallo vivo. In Ketamina, una donna da archetipo mefistofelico post-simbolista ha un serpente che spunta dal pube e si tuffa nel liquido nero-violaceo da cui la satanassa sorge, piena di tatuaggi sul corpo verde e con un piccolo fiotto di vomito celeste che gli sgorga dalla bocca, sfogo misurato di una superiorità offesa, forse. Lo sfondo a stencil, in questo come in altri casi, è elaboratissimo, molto ricco graficamente, e con il suo “merlettato” nero su sfondo viola pallido e scarico rimanda alla raffinatezza dell’Art Nouveau di un Klimt (come spiega l’illustre David Vecchiato nell’introduzione critica alla mostra) o, in bianco e nero, alla capacità di un Aubrey Beardsley di tradurre in eleganti componenti strutturali elementi formali naturalistici o figurativi. Infatti questi stilemi a cavallo tra gli ultimi due secoli sono fusi in un ardita miscela con la provocatorietà aggressiva e sessuale della psichedelìa acida anni ’70, delle sue selvagge pin-up, e dell’estetica delle Hot Rod. D’altronde la West Coast brulicante di musica sperimentale e poster, e la Pop Art che inconsapevolmente la introduce, sono dei derivati alterati e più sfacciati della complessità grafica non disgiunta da efficace nettezza che caratterizzava i manifesti pubblicitari del tardo Ottocento, ed il pensiero corre a Tolouse- Loutrec. Degno delle più selvagge decorazioni su fiancate e serbatoi di auto e moto, è l’iconico Veleno, primo piano della testa d’un serpente furioso, con la mascella satanicamente spalancata e, sovrapposti ad un colore applicato forse a spugna, segni da graffito automobilistico o tracciati da tatuaggio che invece definiscono venature e muscolatura del rettile, sullo sfondo azzurro con scolature ocra.
Ma gli stencil sono in realtà il tratto stilistico ricorrente soprattutto in Diamond, che ha offerto un’ interpretazione di veleno in chiave di filtro amatorio, che inizialmente ammalia e poi porta in seno astio, rancore, odio, gelosia, che rendono nevrotici spingendo poi a curarsi accumulando denaro, pornografia, disinformazione autorizzata, inibizioni religiose e dettami modaioli, fino allo svuotamento dell’Io sano e al disorientamento d’un autoanalisi senza fine, prima della distruzione definitiva, come sostiene Marta Gargiulo in una nota alla presentazione dell’evento.
Molto elegante ed elaborato appare L’amour est un poison, in cui, sullo sfondo di una vetrata rosa sofisticatissima, ad acrilico grigio su grigio chiaro è tratteggiato con stile grafico “impressionista” un casanova del Settecento baciato da una cortigiana che, tra le mani raccolte dietro la nuca di lui, stringe un pugnale ricurvo, mentre in un angolo è pronto ad essere calato un “due di picche”, e nell’altro un paio di corna fatte con la mano non bastano certo ad esorcizzare scaramanticamente il tradimento; inoltre la scritta “Diabolique” riferita all’amante fedifraga, è tracciata con un ocra trasparente che rende la scritta liberty meno leggibile ma “sottilmente” presente.
Ancora riferimenti al passato in Pornography: una damina che, in silhouette, impugna il membro d’un ciambellano agèe e grassone, nell’ovale bianco fuori dal quale è disposto un altro merletto da tovaglia stile Luigi 15… Euro, il prezzo del servizio, magari! Nel suo Veleno, invece, una sorta di medaglione greco-romano accoglie, inscritta parzialmente al suo interno, una ragazza avvolta da una liana da ninfa dei boschi, che però abbraccia un’enorme boccetta con su la scritta “veleno” ed il classico teschio con ossa incrociate. In The poison legenda Diamond ha invece raccolto su una carta vintage, simboli assortiti della Grande Nemica, molti dei quali (re)inventati, come se fossero tratti da un antico manuale di esoterismo. In Killer’s kiss, infatti, una lei piange mentre con la punta della lingua tocca quella del serpente probabilmente perchè si sforza di pentirsi per averlo così avvelenato; lo tiene infatti per il collo mentre lui pensava di prenderla per i fondelli azzannandoglieli, come in True Poison, in cui con la penna BIC nera è stata tracciata l’immagine del sedere in perizoma di una lei che, piegandosi al suo destino, offre masochisticamente una chiappa al vampirismo del serpente, perchè questa scena lei se l’era già tatuata su una natica, come a dare via libera alla bestia, lieta che il serpente affondi i suoi dentini proprio lì!
Anche Diamond punta il dito contro la moda ed i suoi modelli irraggiungibili per i più, con Fashion makes victims, fashion is poison, in cui un’obesa dipinta in gradazioni di rosso, “sfondata” su primi piani e corpi di modelle trasferite su carta direttamente dalle pagine della rivista, tiene in mano con posa scoraggiata e svilita una copia di Vogue con un primo piano di una modella con faccia da teschio, ma inghirlandata e con degli occhialoni very cool.
Per concludere, passiamo ai lavori di taglia più robusta. Nella seconda sala, JB Rock presen-tava una specie di Anna Magnani porn, convinta dal regista Russ Meyer a fare la parte della diavolessa a seno nudo in mezzo alla Death Valley: pennellate nere e fluenti su sfondo acque-rellato verde-viola definivano sbrigativamente questa ragazzaccia florida ma con i capezzoli (sempre)verdi, perchè i demoni non invecchiano e magari hanno occhi bui come pozze di maligno cosparsi d’una spruzzatina di bianco, come polvere di stelle d’una Hollywood bruciata da dentro. Un’altra virago ha tattoo su braccia e décolletè, ma sul suo abito nero, all’altezza del ventre sembra avere radiografata, non un feto ma la testa d’un suo alter ego mortifero, a sua volta tatuata funereamente anche in faccia. Invece, una tipa coi capelli rossi, in un’altra grande opera su carta, senza cornice, sembra volersi stimolare fortemente in attesa di un cranio-contro-cranio col suo Dracula iperdotato che abuserà perdutamente della sua carne da fumetto horror mentre lei gli affonderà le unghie azzurre (sullo sfondo rosa-plastica del fondo) nel pomo d’Adamo! Infine (ma non sarebbe neanche tutto), Diamond ha prodotto in grandezza naturale una donna che sembra uscita dalla Laguna Nera della nota pellicola creepy del ’54, la cui pelle si squaglia perchè dopo aver visto il mostro, che vuole possederla in un mare di capperi marci, s’è “tutta bagnata” di melma verde delle paludi della Florida. Sullo sfondo, ancora stencil geometrici trattati a spruzzo e una scritta rosa-acido, anch’ essa grondante. I suoi capelli neri hanno riflessi di un bianco sporco (di verde) e gli occhi e la bocca deturpati da quello scolo di poltiglia, ma la bruttezza è una potente attrattiva per chi vuole farsi del male mentre tromba!
Sulla base ormai lontanissima dello sviluppo vertiginoso delle metropoli nel tardo Ottocento, e passando attraverso le neo-avanguardistiche e controculturali deformazioni della percezione, dell’immaginario e delle figurazioni si arriva oggi ad una deformazione dolce-amara delle identità, che nel caos indifferente delle città reclamano una loro diversità, una orgogliosa clandestinità (quella da writers o street artists in generale) vissuta tutta all’interno dell’ineludibile appartenenza antropologica alla dimensione urbana.
E’ essenziale ricordare che eccezionalmente, considerata la specificità dei due artisti, la seconda sala della galleria è stata riservata a lavori che non saranno venduti nella sede di Mondo Pop ma che saranno attaccati in strada in un secondo momento (su www.MondoPop.it verrà fornita una mappa); così la Street Art in questo caso, dopo aver percorso un ampio giro passando dalla stra-da agli studi d’artista e poi alla galleria d’arte, torna, chiudendo il cerchio, sui muri della città ad offrirsi, inaspettata e non richiesta, ai passanti casuali, destinatari ideali di questo affichisme alta-mente consapevole ed evoluto.
Il_7 – Marco Settembre
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