Nella Venezia dei LEONI
[CINEMA]
VENEZIA- Quattro giorni (dal 3 al 6 settembre) non saranno stati molti, ma di sicuro parecchi per respirare il red carpet, per vedere esplodere gli applausi, per sentire l’aria di celebrità del Lido di Venezia. Quest’anno la 67° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ha realizzato, ancora una volta, grandi numeri (di pubblico e di film) e ha regalato indimenticabili visioni a chi ama il cinema, a chi ci lavora e a chi sogna di farne parte, per un istante o per una vita intera.
Facile imbattersi nelle passeggiate solitarie e frettolose del presidente della giuria Quentin Tarantino, che il 3 settembre ha affiancato Marco Muller, direttore della Mostra del Cinema, e il regista Tsui Hark alla Cerimonia di premiazione, in Sala Grande, con il Leone d’Oro alla carriera a John Woo. Alla premiazione è seguita, nella stessa sera la proiezione di Jianyu – Reign of Assassins, il film co-diretto da John Woo insieme al taiwanese Su Chao-Pin. John Woo è uno tra i maggiori innovatori del linguaggio cinematografico contemporaneo, che è riuscito a far coincidere Oriente e Occidente nei suoi film e a rinnovare completamente il film d’azione. In tutti i suoi film ha sempre generato dalla violenza una carica poetica e un romanticismo supremo. Con titoli come A Better Tomorrow, 1986; The Killer, 1989; Bullet in the Head, 1990; Hard Boiled, 1991; il kolossal La battaglia dei tre regni, e poi Face/Off, 1997; Mission Impossible 2, 2000; Windtalkers, 2002 si è imposto nel mondo del cinema come innovatore del montaggio e creatore di film d’azione coreografati.
Emozioni, di altra natura ovviamente, ha provocato l’appuntamento notturno del 4 settembre con l’horror The Child’s Eye (titolo originale Tung Ngaan) di Oxide e Danny Pang, film fuori concorso. Un concentrato 3D spaventoso e inquietante. Primo film realizzato a Hong Kong utilizzando lo stereoscopio 3D e l’HD. Protagonisti Rainie e alcuni suoi amici bloccati in Thailandia per lo scoppio di una rivolta politica. Decisi a trovare alloggio in un albergo dove si imbattono in tre bambini e in piccolo cane piuttosto strani. Da quel momento la ricerca della verità si accompagnerà a momenti di terrore (che tuttavia alla proiezione veneziana sono stati in parte attenuati dalla traduzione simultanea che rendeva, a volte, sterile il dialogo tra ragazzi e mostri). Insomma un continuo concentrato di paura.
Di paura non ne parla affatto, se non nel titolo Niente paura – come siamo come eravamo e le canzoni di Luciano Ligabue di Piergiorgio Gay. Ligabue presente in sala Darsena, e osannato dai fan anche al Lido, ha creato un fil rouge per questo film fuori concorso con immagini dei suoi concerti e canzoni canticchiate o riarrangiate. Il film racconta il musicista italiano, il suo pubblico e gli ultimi trent’anni dell’Italia. Perché la musica è in grado di raccontare della gente comune e di parlare a chiunque. Raccoglie i pensieri di volti noti come Giovanni Soldini, Carlo Verdone, Fabio Volo, Paolo Rossi, Beppino Englaro, Margherita Hack e tantissimi altri. Parla dei valori della Costituzione italiana e di chi abita l’Italia, piuttosto che di chi la governa. Deludente, forse, non assistere a un racconto sulla biografia della rockstar, come ci si potrebbe aspettare dal titolo. Educativo è invece l’invito a studiare gli articoli della Costituzione e a conoscere la storia italiana recente.
E della storia italiana (molto recente) narra il film 20 sigarette di Aureliano Amadei. Racconta una guerra di cui tutti almeno una volta abbiamo sentito parlare. Nassirya, guerra in Iraq. Protagonista è il giovane Aureliano (interpretato da Vinicio Marchioni) che decide di partire verso l’Iraq al seguito della “missione di pace” italiana per fare l’aiuto regista di Stefano Rolla, che li vuole girare un film. Il giovane ragazzo tuttavia non fa neppure in tempo a finire 20 sigarette, che si ritrova tra le vittime dell’attentato del 12 novembre del 2003 in cui muoiono 19 militari italiani. Si salva, sebbene in gravissime condizioni e torna in Italia dove, dopo una lunga degenza, scriverà un libro su tutto quello che ha visto e vissuto. Un film che racconta in soggettiva quei tragici momenti da chi li ha vissuti davvero sentendone tutta la drammaticità.
Crudo il film dà subito il senso del dolore fisico, del dolore della perdita di persone care, del dolore dato dall’impotenza degli esseri umani dinnanzi alla storia. Ironico però perchè sa far sorridere anestetizzando lo spettatore continuamente. Un ironia che non è comicità becera e banale, ma affilato sguardo nella tragedia umana (di cui a volte non ci resta che RIDERE!). E forse questo passaggio difficile dal riso al pianto che ha decretato il successo al Lido del film e la vittoria nella sezione Controcampo Italiano presieduta da Valerio Mastandrea.
Quattro giorni non saranno stati molti, ma sono stati comunque visionari, visivi, vivi, virtuali, vitali, vi… veneziani!
Elsa Piccione
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