Schumann e Chopin cullano l’Alba delle Dolomiti
[MUSICA]
PASSO BROCON- L’appuntamento era per le sei di mattina del 27 Luglio. Al Passo Brocon, quota 1.750 metri nel cuore dell’altopiano Tesino delle Dolomiti trentine, i maestri Mario Brunello (violoncello), Danilo Rossi (viola), Marco Rizzi (violino) e Andrea Lucchesini (piano) hanno dato vita ad un concerto che per un’ora ha rischiarato l’aria circostante assieme ai raggi del sole nascente.
È stato l’ennesimo incontro che la rassegna I Suoni delle Dolomiti porta dal 1995 in una cornice naturalistica spettacolare – le Dolomiti, dichiarate patrimonio Universale dell’Umanità dall’Unesco-, unendo la passione per la montagna e gli incontri culturali col rispetto per la natura. Passioni che, a giudicare dalla risposta del pubblico, sono largamente condivise. Anche dagli artisti.
Pubblico, abbiamo detto? La particolare formula adottata dall’evento, specialmente questo della serie l’Alba delle Dolomiti, abbatte di molto la divisione tra artisti e spettatori, visto che un’esperienza del genere porta a diventare compagni. Il quartetto, infatti, ha condotto un trekking notturno insieme ad una parte degli spettatori (di sicuro i meno dormiglioni) percorrendo cinque ore di cammino in cui astrofili e guide alpine hanno raccontato la Via Lattea e le montagne. Tutte le suggestioni notturne si sono poi riversate nel concerto che ha salutato l’alba.
Per adagiarci ancora un po’ in quel sonno lasciato così presto ascoltiamo due notturni di Chopin per piano solo. L’indole sognante del compositore Polacco è quel che ci voleva per l’atmosfera che ci accoglie, una montagna appena rischiarata, umida, sulla cui spalla Lucchesini picchietta dolce con le note del suo strumento: svegliati! La melodia si innesta sopra un silenzio iniziale tutt’altro che vuoto, i suoni viaggiano nell’aria e sembrano diretti ai picchi più alti. Forse non è il luogo deputato per la migliore delle rese sonore – così ha messo avanti le mani Brunello- ma l’effetto acustico è sicuramente originale: la musica arriva, ma si perde sempre più in là. E gli occhi dei convenuti non possono che seguirla: ora è qui accanto sul prato, ora a valle e da lì si alza per raggiungere le vette. Ogni nota è un salto.
Dopo la prima sveglia, il giornalista Paolo Rumiz – più volte inviato in zone di guerra- ci introduce all’alba attraverso due racconti di altrettante albe lontane, in Kossovo e in Turchia, da un monastero di monaci protestanti al mondo musulmano, ricordandoci l’altra anima della manifestazione: un’anima di pace e interscambio culturale.
Arriviamo quindi a Schumann, omaggiato dal quartetto nella ricorrenza del bicentenario della nascita, come Chopin del resto. Ascoltiamo l’opera 47 Mib maggiore, quartetto per pianoforte e archi, il cui secondo movimento è stato definito dal grande Franco Rossi (Quartetto Italiano) la “prova dell’esistenza del Paradiso”. Partiamo per perderci ancora.
L’incipit solenne cattura e sentiamo che il sonno è un ricordo distante. Se Chopin aveva cullato soave, Schumann scuote e turba, ma sempre tornando momentaneamente a calmarti. L’alternanza di grandi slanci melodici e l’imprevisto incupirsi marcano il primo movimento. Il secondo inizia impetuoso, è uno sgorgare d’acqua incessante, una rincorsa di vento. Sono le nuvole che si accalcano sulle cime. Frastornati arriviamo sulle sponde tranquille dell’andante cantabile nel terzo movimento. Tiriamo il fiato e il piacere ci invade, mentre il sole è arrivato insinuando un braccio tra le nuvole. Ci tasta, vuol capire anche lui, come le mucche al pascolo, chi siamo e cosa facciamo adesso qui. Ci concede una presenza rimessa.
Il quarto movimento è un corridoio che, passando per le stanze già visitate, ci conduce al finale con l’ultima rincorsa di emozioni partite per chissà dove e ritrovate.
Tutto ti viene di fare, fuorché chiudere gli occhi, come pure spesso accade quando si fruisce musica. In questo è il senso profondo di ciò che abbiamo sperimentato. Una colonna sonora per lo scenario naturale o una scena per accogliere la musica? Chi è il protagonista? Entrambi. O meglio, noi tutti che abbiamo concorso a creare una condivisione intima con la nostra ostinata presenza lassù nonostante il freddo, l’alzataccia e la strada da fare. Sarà per questo che ad un emozionato e personale grazie il maestro Mario Brunello ha risposto sorridendo “Grazie a te”.
Francesca Paolini
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