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Encyclopédie de la parole porta a Roma il suo Jukebox, ma i brani che “suonano” siamo noi

Un progetto che parte da lontano e che attraversa l’Italia alla ricerca di una specificità fono-linguistica, un processo che mette in gioco creatività di diversi paesi e giunge nella Capitale con la voglia di stupire. Jukebox_Roma nasce in Francia all’interno dell’Encyclopédie de la parole con la regia dell’autore e performer Joris Lacoste e la direzione artistica della drammaturga Elise Simonet. Il progetto viaggia di città in città e si plasma cercando di cogliere i discorsi, le voci e i suoni che le animano. Lo fa affidandosi a performer e drammaturghi locali (per l’Italia sono stati scelti Monica Demuru e Francesco Alberici) con l’aiuto di un gruppo di “raccoglitori di discorsi”, incaricati di scovare un archivio sonoro che rappresenti la città. Vale praticamente ogni cosa: chiacchiere rubate per strada, sul tram o al mercato, messaggi vocali su whatsapp, video virali sul web, trasmissioni tv e radiofoniche.

A ognuno di questi riferimenti sonori viene dato un titolo e creata una messa in scena con particolare attenzione per l’aspetto formale dell’estratto, più che quello contenutistico. Che sia il discordo d’addio di Totti al calcio, un comizio del Family Day, le urla di una venditrice di patate, la lallazione di un bambino, un video ASMR, l’introduzione del telegiornale o un brano di Radio Maria, ci si concentra sul come “suonano” questi discorsi, piuttosto che su quello che dicono, e in ciò la fenomenale capacità vocale della Demuru, unita alla sua mimetica espressività attoriale, è senz’altro la scelta più giusta.

jukebox

Compiuto questo travagliato processo di preparazione, ricerca, scrittura e messa in scena, ci spostiamo al festival Short Theatre, appena conclusosi, dove questi piccoli monologhi sono stati performati dalla Demuru con l’originale meccanismo del Jukebox, in cui il pubblico sceglie, come da un menu alla carta, i brani che l’attrice dovrà riprodurre. Una trovata che crea una drammaturgia variabile, che offre all’intera performance la possibilità di essere sempre diversa da se stessa, in quanto è il pubblico stesso a selezionare non solo l’ordine delle tracce ma anche quelle che allo scadere dei 45 minuti non verranno scelte, rimanendo fuori dallo spettacolo. Ogni performance è unica, ciò che resta sempre fisso è la qualità della scrittura e il talento a tutto tondo della performer, che canta, interpreta, imita e sfrutta tutto lo spazio a sua disposizione con movimenti esasperati e grotteschi. E fa ciò seguendo la regola aurea della varietà sonora: incredibile il modo in cui questi oltre trenta personaggi abbiano tutti non solo un proprio modo di parlare (un accento, una cadenza, un difetto di pronuncia), ma compongano con le loro parole (o con dei semplici versi in certi casi) una partitura sonora specifica che la Demuru interpreta seguendo più la sua formazione canora che quella attoriale.

Jukebox_Roma è una delle proposte migliori del festival diretto da Fabrizio Arcuri e Francesca Corona. Uno spettacolo/performance che sorprende in continuazione lo spettatore, lo incuriosisce, lo rende partecipe senza mai esagerare, lo fa divertire nella continua ricerca del riferimento all’attualità (Totti, Cucchi, Marcello Fonte e tanti altri ancora), lo stuzzica con una visione della contemporaneità lucida che scandaglia situazioni piccole e marginali, così come rilevanti e popolari. Insomma, è uno spettacolo vivo, che parte da un’idea semplice, una ricerca formale potenzialmente fine a se stessa, ma giunge molto oltre. Una performance che ha le semplice pretesa di farci sapere come parliamo, o meglio come “suoniamo”, ma, in verità, ci racconta come siamo.

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