Metti una sera a cena: Olimpiadi, Boyle e il punk
Perché no? C’era da aspettarselo. Volete fare le Olimpiadi a Londra? Mettete uno come Danny Boyle (regista immaginifico di Trainspotting, The Millionaire, The Beach) a farne la regia e quel che ne esce fuori non può che essere un irriverente sogno musicale fatto di punk anni ’70 e postumi affini.
W il pop, W il brit, W il rock, il punk e pure il post punk che non stona mai: questo sembra essere il grido del grande spettacolo di Londra in festa con i cerchi colorati dei giochi più antichi del mondo.
Dai Clash ai Sex Pistols, dai Frankie Goes To Hollywood ai Muse (“Survivor” è l’Inno dei giochi che accompagna l’ingresso degli atleti nello stadio e le premiazioni), passando per gli Underworld, per arrivare a Paul McCartney: la storia inglese della musica è stata scritta dai contestatori di ogni tempo che fu e che hanno fatto fortuna con la stravaganza, l’irriverenza e il non allineamento.
Tutto parla di una porzione della storia della musica che ha fatto venire le convulsioni alla Regina e al mondo intero: in fondo, il movimento punk inglese era nato al grido di “Distruggi!” e “Anarchia!”.
Che dire di più? Anche le Olimpiadi si colorano dei toni della musica più accesa e controversa della storia del pentagramma, e a poco servono le dichiarazioni del M° Morricone che non ama il rock e sostiene che i Giochi Olimpici meritano qualcosa di spirituale, ascetico, una sorta di inno o canto sacrale che dir si voglia.
Atene & Sparta hanno fatto la Storia. La fiaccola è partita da quel dì anche questa volta (e speriamo che rimanga accesa). La musica si è fatta strada da quegli operai della EMI Records che si rifiutarono di lavorare per Anarchy in U.K., primo lavoro in studio dei Sex Pistols. In fondo, oggi, queste cose non fanno neanche più scalpore, siamo troppo occupati a difenderci da Joker che entra sparando in un cinema, come se ci fosse davvero un Batman a difenderci dal cattivo di turno. “Relax” direbbe qualcuno…
Edyth Cristofaro
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