The Amazing Spider-Man, regia di M. Webb
Alla fine ci sono riusciti. A ripetere la storia dell’Uomo Ragno così tante volte da renderlo un mito ricorrente. Ad accostare la ciclicità di Sisifo alla ridondanza del supereroe americano. Un teorema postulato da quasi trent’anni, ma che al pari del bosone di Higgs solo oggi ha avuto una effettiva dimostrazione. Guardare l’ennesimo newquel sulla storia di Peter Parker ti infonde nel cuore la stessa curiosità che un film sulle 12 fatiche di Ercole o sulla Passione di Cristo. Dieci anni fa ci si sarebbe stupiti a scoprire quanta gente sapesse così poco di ragni radioattivi e di Zii Ben schiantati, ma oggi è tutta un’altra storia. E quando un racconto si fa desueto, tutto quello su cui si dovrebbe puntare sono le variazioni artistiche, visioni personali che cerchino di dare al personaggio una nuova luce, magari anche delle caratteristiche aliene alle versioni precedenti.
Purtroppo, di tutto questo si vede ben poco. Abbiamo solo l’ennesima versione aggiornata ai canoni odierni (e alle perverse imposizioni morali tipiche della Disney). Se negli anni 60 Peter era un secchione che si esaltava quando gli veniva regalato un microscopio, oggi è uno skater alternativo con in stanza i poster de La Finestra Sul Cortile e Einstein che fa la linguaccia. Le sue conoscenze scientifiche sono ovviamente indefinite e fumettistiche: contemporaneamente un genio dell’elettronica, della matematica, della biologia, delle telecomunicazioni e dell’informatica. Il tutto a manco 17 anni.
Al resto ci pensa la morale Disney di cui sopra. Per vendicarsi di Flash il bullo non ci si sporca le mani in una rissa, ma lo si umilia a basket (facendo tra l’altro un milione di passi prima di andare a canestro, il peggiore dei crimini), un fatto orribile che comunque genera falsi sgomenti sull’abuso dei propri poteri. Il ladro che si occuperà di zio Ben sembra quasi un Robin Hood all’inizio, creando un contesto di piena complicità con l’accidia iniziale di Spiderman. Il risultato finale è un Peter Parker più politically correct che mai. I Coldplay nella colonna sonora non aiutano di certo.
Restano sempre alcuni piaceri nel paragone con l’antecedente di dieci anni fa, più per l’occhio che per lo spirito. A cominciare da Emma Stone, decisamente più carina e talentuosa della precedente Kirsten Dunst (ma davvero improponibile nei panni della liceale). Poi c’è Lizard, che nella sua forma computerizzata ha di sicuro una credibilità maggiore rispetto al costumino da Power Ranger indossato da Willem Dafoe. Poi ci sono i volteggi, gli effetti speciali, una maggior serietà nelle scene drammatiche. Ma nulla di più. Il senso di vacuità ai titoli di coda resta lo stesso di due lustri fa.
I nostalgici di Tobey Maguire possono stare tranquilli, The Amazing Spider-Man è esattamente come i suoi predecessori: una simpatica trasposizione ragnesca (forse un po’ meno scanzonata della precedente) per chi ha meno di vent’anni, o un film noioso e inutile per chi è già stato svezzato da pellicole un po’ più interessanti. E vedere Dark Knight Rises tra i trailer iniziali non aiuta di certo.
Giampiero Amodeo
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