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Chick Corea e Gary Burton: mamma che duo!

ROMA- Un mese molto intenso e pieno di musica il Marzo dell’Auditorium Parco della Musica. Dopo i due appuntamenti con il pianista Brad Mehldau, il 14 Marzo scorso tocca ad un duo straordinario. Due nomi importantissimi nella scena jazz mondiale, due personalità forti e rilevanti.

Basti pensare che uno, il pianista, compare in due dei più begli album di Miles Davis, In a Silent Way e lo psichedelico Bitches Brew. L’altro, il vibrafonista, annovera tra le sue collaborazioni giovanili niente meno che Stan Getz, e negli scaffali di casa sua numerosi Grammy Awards, conquistati proprio con il suo compagno di questa sera. Infatti il loro incontro risale agli anni 70, un sodalizio artistico e umano che ha portato all’incisione di numerosiCOREA BURTON 313382 1 t593 dischi. Non c’è da stupirsi quindi se Chick Corea e Gary Burton abbiano riempito e rapito la sala S. Cecilia. Il loro interplay, frutto di una conoscenza e di una stima consolidata nell’arco di più di trent’anni, non può che aver catturato e incantato il pubblico romano eccezionalmente illuminato durante tutto il concerto. Una modalità di ascolto che denota uno spiccato senso di umiltà, una voglia di dialogare con il pubblico e di rimanere in contatto con lui anche visivamente, che ha ricreato nella sala più maestosa e formale dell’Auditorium, una atmosfera da club jazz.

Il concerto è iniziato con due pezzi originali da Native Sense, il loro premiato album del 1997 ed è continuato con due standard di due pianisti: “Can’t we be friends” di Art Tatum e “Strange Mellow Lark” di Dave Brubeck. Due scelte non a caso, considerando che Burton, che ha incominciato proprio con lo studio del piano, ha sviluppato uno stile quasi pianistico nell’utilizzo del suo strumento, e viene considerato come un innovatore e un esempio indiscusso tra i musicisti del genere. Con Burton il vibrafono non è large Corea-and-Burton-1mai stato così bello, il suo suono, la sua voce è unica, poetica e geniale. Le sue quattro bacchette diventano quasi quattro lunghe dita, che si muovono con agilità e destrezza come fossero attaccate alle sua mani. Dal canto suo Chick Corea, nel suo completo di jeans che lo fa sembrare uscito direttamente dagli anni ‘80 e con la sua disponibilità e ironia, completa magicamente il suono del compagno, lo insegue, lo sovrasta, incanta con una naturalezza che sembra aliena. Anche quando si cimentano con i Beatles di “Eleanor Rigby” o, con la canzone manifesto della BossaNova, “Chega de Saudade” lo fanno sempre in modo autentico e intenso, con degli arrangiamenti bellissimi e un interplay raro, perfetto. Non poteva mancare nella scaletta della serata Thelonious Monk con “Light Blue” e non poteva mancare l’entusiasmo degli spettatori che li hanno richiamati a gran voce.
I due meravigliosi artisti proseguono il loro tour in Italia e noi aspettiamo un ultimo capolavoro discografico.

Valeria Loprieno

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