The Walrus_ Hanno Ucciso Un Robot
E’ un fottuto spreco. Esce via Garrincha Hanno Ucciso Un Robot, seconda fatica discografica firmata The Walrus, e ci si ritrova un tantino con le pive nel sacco. Abbastanza sorprendentemente, peraltro. Un po’ magari sarà disincanto, un po’ forse colpa nostra che non vedevamo l’ora di raccontare il trionfo dei Buoni nella fattispecie di un altro pezzetto di quel piccolo miracolo tuttora in corso nella Livorno dei Jackie O’s Farm, dei Le Gorille, dei Bad Love Experience e svariati altri che ora dimentichiamo.
Ma fatti salvi questi potenziali pregiudizi, duole dire che questo è un disco piuttosto frustrante. Si precisi immediatamente che a far dire ciò non è certamente incuria e men che meno è assenza di idee: agli undici episodi della tracklist corrispondono altrettanti stilosi gioiellini di orologeria indie pop di caratura varia, ma mai men che discreta, facili facili da impattare e che dove non pungono lasciano la costante impressione di poterlo fare da un momento all’altro.
Pur stando così le cose, l’ascolto genera nondimeno una serie di considerazioni che – paradossalmente – ha più senso idealmente girare a questi ragazzi ora che (nota di merito) si cimentano con la lingua madre, piuttosto che ai tempi dell’altrettanto spigliato ed energetico “Never Leave Behind Feeling Always Like A Child” (splendido titolo), esordio anglofilo datato 2008.
E la domanda è: dove siete davvero? Perché tra ritornellini tagliati proprio in modo da essere e non essere quelli, centri commerciali e una “Shirley Temple” che sembra davvero TROPPO “Dark Room”, quest’ormai molestamente quasi atavico sentore di Baustelle che come un conoscente sbronzo non invitato al party s’intromette non richiesto in due quinti dell’album (perdipiù – ma questo, se ci passate il bisticcio di parole, è decisamente il meno – quasi costringendo chi lo nota a prendere una posizione su quanto la band di Montepulciano eccetera eccetera) ve lo si perdona anche con relativa facilità: solo che riesce quasi a far passare in secondo piano il disco.
Un conto sarebbe stato poter ancora una volta serenamente bearsi di quanto la sana immediatezza brit che attraversa anche la vostra musica, giovi all’eterna ricerca di un equilibrio tra leggerezza e profondità che la nostra canzone continua a perseguire. O ancora, prendere mezzi colpacci come “Macchina Volante”, “Ma Hollywood Non Imparerà Mai”, “Il Tipo Giusto” o la conclusiva, quasi strabiliante “Non Puoi Fare Finta” e – pur al netto di un pizzico di eccessiva gratuità in certi ermetismi e/o citazionismi – iscriverli di gran carriera al registro delle prove del fatto che le Idee vincono sul loro contrario.
Ma la realtà finisce per essere diversa, e racconta di una troppo frequente sottomissione a un codice comunicativo reputato funzionale – peraltro a buona ragione – che di una bella mole di idee facilitasse la resa, in un bizzarro caso di doppio senso del termine.
Vale la pena precisare che dalle nostre orecchie sono passate, passano e passeranno moltitudini di identikit di realtà musicali con un problema simile (anzi: non di rado ben più evidente e pronunciato), cui potrebbero spettare considerazioni forse meno severe di quelle riservate a questo comunque valido Hanno Ucciso Un Robot. E’ che siamo fatti così: gli sprechi ci fanno rabbia.
THE WALRUS
Giorgio Mannucci: voce, chitarre
Francesco Pellegrini: chitarre
Marta Bardi: voce, tastiere
Dario Solazzi: basso
Alessio Carnemolla: batteria, tastiere
TRACKLIST:
01. Macchina Volante
02. Così Diverso
03. Specchio
04. Sogno
05. Signorina Delirio
06. Ma Hollywood Non Imparerà Mai
07. Shirley Temple
08. Dai Con La Vita
09. Lento Erotico
10. Il Tipo Giusto
11. Non Puoi Fare Finta
Francesco Chini
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