Zamboni: ieri,oggi e domani
Massimo Zamboni è un nome entrato a pieno titolo nella storia della musica italiana: cofondatore insieme a Lindo Ferretti prima dei CCCP e poi dei CSI, è stato la chitarra del punk rock italiano per quasi vent’anni per poi continuare la sua carriera come solista.
Il suo ultimo lavoro è Solo Una Terapia: Dai CCCP all’Estinzione, disco registrato durante il tour in cui ha ripercorso la sua trentennale carriera accompagnato dalla voce di Angela Baraldi, di cui ci parla in questa intervista insieme ad accenni al passato e previsioni per il futuro.
Solo Una Terapia: Dai CCCP all’Estinzione, titolo prima del tour e poi del disco, ti va di spiegarcelo?
Avevo voglia di raccogliere in un unico titolo un percorso molto lungo durato quasi trent’anni: dai CCCP, appunto, che si sono formati alla fine del 1981, all’Estinzione che è il titolo del mio ultimo cd uscito l’anno scorso. Ho cercato di trovare qualcosa che chiudesse i due estremi.
Come sono stati scelti i brani da inserire?
Non era facile perchè ci sono un duecento canzoni tra cui scegliere e ogni canzone scelta ne elimina per forza almeno altre dieci. Ho cercato di scegliere i brani più adatti alla voce di Angela e al nostro stare sul palco cercando allo stesso tempo di equilibrare un po’ le dosi tra i CCCP, che comunque sono preponderanti, e i CSI e la mia produzione solista. Ovviamente molte rinunce, che non è detto che non vengano incluse in futuro,ma anche tanti punti fermi messi in musica.
Perché sono state scelte proprio le date di Modena, Bologna e Roma?
Solo perchè erano le prime non per un’altra ragione. Avevamo queste date che erano in anticipo rispetto al tour di due o tre mesi per cui rimaneva il tempo di registrarlo bene, missarlo e fare uscire il cd.
Inizialmente pareva che il cd Solo Una Terapia: Dai CCCP all’Estinzione dovesse essere disponibile solo durante i concerti, mentre alla fine è uscito anche nei negozi. Come mai questa scelta?
Questa idea era nata perché tanto non funziona mai niente e i negozi non ci sono più così avevamo deciso di distribuirlo solo alle persone che venivano ai concerti. Mi sembrava un bel contatto diretto dal produttore al consumatore nel vero senso della parola. Poi in realtà aveva senso anche renderlo disponibile in quei pochi negozi che ci sono, o anche online, per dare a tutti un modo per poterlo raggiungere perchè per quanto tu possa suonare in lungo e in largo per l’Italia, ci sono posti che non raggiungi e c’erano richieste in questo senso, anche se non illudo che i numeri siano grandi. Comunque nei negozi uscirà in una forma diversa, non c’è il libretto, possiamo dire che è un po’ meno prezioso.
La collaborazione con Angela Baraldi nasce quando hai scritto la colona sonora per il documentario + o – Il sesso Confuso; racconti di mondi nell’era AIDS com’è stato il vostro primo incontro?
Angela l’avevo conosciuta tantissimo tempo prima quando era venuta in studio mentre i CCCP stavano registrando il loro primo 45 giri, insomma una vita fa! Poi siamo spariti dalle rispettive vite per un buon venticinque anni fin quando Andrea Adriatico mi propose di far cantare proprio a lei la canzone che avevo composto come title track per la colonna sonora del film. È stato un bell’incontro! Direi che ci siamo capiti immediatamente e da lì a pensare di fare concerti insieme.
Quindi è stato bello condividere con lei il palco in questi ultimi mesi?
Decisamente si! Anzi lei è stata di grandissimo stimolo nel ricercare queste canzoni che non avrei potuto rispolverare altrimenti perchè ci vuole la voce adatta per tirarle fuori come si deve, occorrono i movimenti di Angela sul palco, il suo essere incitante altrimenti non avrebbe senso fare tutto ciò.
Che emozione ti ha dato ripercorrere la tua trentennale carriera?
Io credo che ognuno di noi continui a contenere dentro di se tutto quello che ha fatto. Non sento un salto col passato. So quanto è cambiato il mondo e quanto sono cambiato io però quelle canzoni sono da qualche parte dentro di me e riprendere la chitarra e suonarle è veramente molto naturale. Diciamo che la cosa sorprendente è la reazione del pubblico, è vedere come le canzoni si sono affermate aldilà dei CCCP e sono diventate patrimonio culturale e musicale di tante persone indipendentemente dalla nostra volontà. Sapere che è rimasto tanto in giro è bello e anche molto confortante.
“Io Sto Bene” esemplificativo di ciò:è il brano ancora oggi più conosciuto dei CCCP, da cosa credi che dipenda?
Non voglio autodefinirmi in anticipo sui tempi perché sarebbe sciocco e anche presuntuoso però diciamo che c’era una lucidità che ora riesco ad affermare perchè mi sento lontano da quel periodo. La nostra cognizione del mondo si è creata quasi per caso perché non siamo intellettuali o geni musicali ma solo personalità forti, complesse e complicate che si sono unite. È come quando nasce una scintilla: non è mai grazie a un solo polo ma grazie a meccanismi complessi difficili da capire. “Io Sto Bene”,come molte altre canzoni, non parla di cronaca, ma della condizione umana e questo è il suo segreto perchè è una cosa che non tramonta mai sostanzialmente.
Forse il senso di vuoto espresso dal testo della canzone ben si sposa con l’epoca che stiamo vivendo…
Forse adesso è ancora più forte che all’epoca in cui l’abbiamo scritta!
Aldilàdi “Io Sto Bene”,i CCCP hanno segnato la storia del rock italiano e diverse band vi omaggiano eseguendo cover di vostre canzoni ai loro concerti…
È vero! Ed è bello che lo dicano gli altri! Naturalmente io non mi sogno di dirlo, noi non suonavamo in nome della musica o dell’arte ma delle nostre poche possibilità di sopravvivere degnamente il tempo che ci è riservato.
Nello scenario attuale c’è una band che ha raccolto la vostra eredità?
Ci son bravi artisti, anche ottimi, ma sono tutti molto deboli ,non hanno emanazioni di forza del gruppo e cose del genere. Le Luci della Centrale Elettrica, Il Pan Del Diavolo, Wolfango , sono tra le poche persone molto forti, di quelli che non si fanno incantare dalla moda ma cantano la loro vita, magari con meno prospettive, con meno forza nel vedere questo mondo. Io soffro sempre questo senso di claustrofobia che provo con la maggior parte delle musiche. Mi sembra che rappresentino dei mondi un po’ piccoli, anche se il mondo interiore di ognuno di noi può anche essere infinito.
Beh sono anche cambiati i tempi , oggi c’è molta disillusione…
I tempi son cambiati ma quelle che sono le attitudini personali non cambiano in fin dei conti. Io credo che se un musicista sente di dover affrontare il mondo con le sue armi, lo può fare adesso come allora. Anche se oggi c’è molto meno capacità collettiva di pensarsi, ci sono delle emergenze personali anche molto forti però manca quello che c’era negli anni Settanta e Ottanta: un milione di persone che stava cercando di fare le tue stesse esperienze. Oggi si è perso in parte tuttociò per cui avere coraggio adesso significa averne proprio da vendere!
Torniamo un po’ al passato! Per “Socialismo E Barbarie” siete passati con una major, c’è una ragione per cui avete scelto la Virgin Records?
Era molto prestigiosa perché era l’etichetta che aveva mandato fuori tutta una serie di album negli anni Settanta, in Inghilterra e poi nel mondo, molto importanti. C’era questo suono inglese, la scena di Canterbury, che rendevano la Virgin molto più attraente delle varie etichette discografiche che esistevano all’epoca. In Italia, in linea con la casa madre, stavano cercando una realtà come la nostra quindi ci siamo trovati bene, con tutte le difficoltà del rapporto di lavoro tra etichetta e gruppo ma queste sono cose normali. Per noi era l’unico modo per non scomparire perché il mondo alternativo non ci avrebbe mai potuto contenere in nessun modo.
Eppure chi vi seguiva vi accusò di tradimento, come le prendeste all’epoca?
Alla luce di quello che è successo dopo ci si può sorridere tranquillamente sopra!Erano ridicole perchè non c’era nessuna causa di cui eravamo traditori: non appartenevamo ai centri sociali e non eravamo punk anarchici. Eravamo delle persone che non volevano farsi condizionare troppo la vita da una parte o dall’altra, ognuno cercava di prendere in mano il proprio futuro, il proprio destino e non è certamente un problema di economia o di tradimenti, la cosa importante era non farsi incantare dai tanti specchietti perle allodole o da tutta una serie di sciocchezze che continuano ad esistere tra l’altro.
C’è una scelta nella tua vita artistica che oggi cambieresti?
È difficile dire questo perchè mentre sto suonando penso sempre che vorrei scrivere molto di più e mentre scrivo mi torna la voglia di suonare. Alla fine ho imparato ad accettare quello che è il mio percorso e anche se lo vorrei molto più forte e coraggioso penso che sono una persona come tutte quante e quindi accetto quello che riesco a fare.
Che cosa consiglieresti a un giovane che si lancia adesso nel mercato musicale italiano?
Di pensarci bene! La musica è al suo minimo storico non c’è nessun bisogno espresso di musica nel nostro Paese, non c’è nessun contenitore che possa favorirla, non ci sono posti in cui suonare, è una disciplina veramente in ribasso e quindi bisogna stare molto attenti. Ci sono altre possibilità più stimolanti e con più appeal in giro però non si può fare a meno della musica per cui sostanzialmente chi lo vuole davvero la farà senza bisogno di incoraggiamenti, come è capitato anche a noi.
Però oggi un esordiente potrebbe aiutarsi con internet…
Io non ci credo tanto! Uso molto internet ma lo vedo come un elettrodomestico, come se fosse un frigorifero o una lavatrice,cose molto utili nella vita di ognuno di noi ma è molto più utile andare in giro per il mondo che riserva molte più sorprese di quanto possa fare un frigorifero, una lavatrice o un computer .
Neanche per farsi conoscere può essere utile?
Secondo me no! Sarebbe come dire che il mio nome è nell’elenco del telefono e qualcuno mi cerca, perché mai dovrebbero farlo? Posso metterlo in grassetto, riquadrarlo come si fa nelle pagine gialle ma non è quello che fa al differenza. Se io non fossi mai uscito di casa non avrei incontrato Ferretti, non avrei fondato i CCCP e non staremo qui a chiacchierare oggi. Sono cose piccole ma nella mia vita sono state molto importanti e faccio parte di una generazione che ha sperimentato l’uscire verso il mondo come unica possibilità di andare avanti. Magari oggi non è più così ma io non riesco a svincolarmi da questo pensiero.
Si può sperare in una reunion dei CCCP?
No, io non la vedo come una speranza questa! Poi magari succede e sarà molto bello perché a me non piacciono le storie in sospeso, sono cose che non mi fanno stare bene, a me piace tendere all’equilibrio, per quanto zoppicante, e queste sono storie che non sono finite in maniera equilibrata, quella dei CSI in particolare però non riesco ad augurarmi una reunion… forse queste cose si fanno per meccanismi economici e io vorrei che se accadesse, accadesse per altri motivi, ma non credo che accadrà!
Quindi per il futuro?
Molte cose! Io spero sempre che il pubblico sia molto esigente piuttosto che sperare in una nostra reunion e ascoltare i vecchi brani, che peraltro è un piacere suonare. Vorrei che le persone esigessero da me delle cose nuove, che mi lascino andare avanti, che siano contente di sapere che gli anni passano e che ci sono altre modalità di espressione. Questo mi stimolerebbe molto! Ora sto componendo nuove canzoni che usciranno pian piano nei prossimi anni.
Giuditta Danzi
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