Quando il gioco diventa pericoloso
[ARTI VISIVE]
ROMA- Come può un gioco per bambini diventare specchio della nostra cinica società? Stefano Bolcato ci mostra che tutto ciò è possibile e lo fa con un tocco di sarcasmo e molta ironia. I colori sgargianti tipici dei LEGO, limitati a un numero preciso di cromie, fanno da contrasto alla tragicità delle azioni rappresentate nelle opere dell’artista romano.
Tradimenti, intrighi familiari, crimini, matrimoni gay, miracoli via etere… Bolcato mette a fuoco attimi di vita con uno sguardo apparentemente innocente, ma che in realtà cela tutta la malizia e l’efferatezza dell’età adulta, dove le conseguenze delle proprie azioni si pagano e a caro prezzo.
La giocosità con cui si presentano le opere di Bolcato è solo un primo strato di lettura che seduce, ammalia e allo stesso può trarre in inganno lo spettatore. Quello che vediamo a un primo sguardo sono i colori accesi e netti tipici del mondo LEGO, le espressioni standard dei vari “pupazzetti” che popolano le scene rappresentate dall’artista, o semplicemente una composizione che un bambino, dopo ore di gioco, lascerebbe lì a terra per passare a un nuovo svago. Ma avvicinandosi è possibile notare che quello che vediamo non è una combo casuale fatta da un piccolo giocatore qualsiasi. Soffermandosi ne riusciamo a percepire una storia ben definita… o quasi.
Diventiamo quindi spettatori passivi di omicidi compiuti tra le mura domestiche, di coppie alle prese con tradimenti, gelosie, discussioni finite male, piuttosto che di efferate vendette, punizioni, o semplici avvertimenti provenienti dalla criminalità organizzata, o forse solo un capriccio di un serial killer che ha ucciso una persona che si trovava in quel luogo nel momento sbagliato.
Insomma, la fantasia ha la sua rampa di lancio e partono le supposizioni di quello che potrebbe essere accaduto, come se lo scopo della nostra incursione in questi ambienti fosse quello di ricreare il crimine per conoscerne il movente.
Nel fare questo percorso intanto ci viene da pensare che queste cose succedono davvero nella vita reale! Non è più solo un innocente gioco, al contrario sembra di immaginarsi già il titolo a caratteri cubitali di una prima pagina di un quotidiano che ci informa su un altro efferato delitto avvenuto in una casa felice, dove fino al momento del fattaccio si era consumato un matrimonio sereno e idilliaco. A questo punto conoscere il movente non è più così importante in fondo. La freddezza del gesto, una volta assimilata, ci lascia scossi…
Adottando lo stesso principio della cronaca nera, anche per quella rosa Bolcato ci mostra un altro aspetto della nostra società, mettendo in risalto l’universalità dell’amore.
In un contesto sociale come il nostro, dove non a tutte le coppie sono concessi gli stessi diritti di unione, l’artista ci mostra come sia possibile che l’amore non indossa necessariamente etichette sessuali per definire un sentimento che effettivamente va al di là del gender. Alla fin fine l’amore non è un’esclusiva delle coppie eterosessuali. Ed ecco quindi rappresentato l’amore in ogni sua forma, che sia tra uomo e donna, uomo e uomo o donna e donna. In sostanza non vi sono differenze nell’amore e chissà se a queste coppie verrà riservato un destino infausto, come nell’esempio precedente, oppure avranno la possibilità di godere appieno tutto il loro amore in eterno e senza ostacoli.
Ma non è tutto per Bolcato, anche l’amore per Dio può essere oggetto di discussione e lo fa con un’opera quanto mai emblematica dei nostri tempi: “Miracle on demand”. In quest’opera vediamo un uomo che ha perso una mano e con l’aiuto di un prete cerca il suo miracolo facendo affidamento alla fede. Lo fa però con il sussidio delle nuove tecnologie che l’uomo ha sviluppato negli anni.
Non occorre più, quindi, prepararsi a lunghi pellegrinaggi verso mete di culto per richiedere la propria grazia se a portata di mano si hanno un telecomando e un’antenna parabolica. Buffo come una “parabola” (dal duplice significato che indica sia una forma geometrica che dà il nome all’oggetto usato in quest’opera usato per sintonizzarsi con Dio, sia in termini biblici come suggerimento di una narrazione evangelica servita a scopi morali) possa assumere diverse forme in altrettanti contesti storici e culturali ma che alla fine, in ogni caso, delinea il desiderio di un contatto divino ai fini di raggiungere la propria spiritualità.
Di natura decisamente più grottesca è invece “Miss Landmine”, ispirato a un concorso di bellezza istituito in Angola e in Cambodia dedicato a donne che hanno subito incidenti a causa delle mine antiuomo. Come a dire: non tutto è perso!
Tuttavia lo slogan del concorso recita “Ognuno ha il diritto di essere bello“. Probabilmente perdere una gamba in quei Paesi può avere i suoi vantaggi, alla buona si vince un titolo come reginetta dell’anno. Abbastanza agghiacciante.
L’interpretazione che ne da il pittore è decisamente eloquente e un evento come la mutilazione ricevuta a causa della guerra, diventa un simpatico ritratto di una probabile vincitrice di un concorso che più di bellezza sembra essere quasi di pessimo gusto. Dopotutto premiare una donna per aver subito un grave incidente, dove la sua unica colpa è quella di essere vittima di un conflitto tra potenti, può essere una magra consolazione.
A seguito di queste riflessioni è assodato che tutto questo non può più essere solo un gioco di un bambino che si diverte a ricreare delle scenette allietando le sue giornate con i LEGO. Non sarebbe in grado di immedesimarsi nei personaggi che crea, troppo distanti dalla sua realtà.
Stefano Bolcato non risparmia nulla e il suo lavoro diviene il ritratto di una società cinica e spietata, dove a raccontarlo sembra tutto così surreale, ma che purtroppo è una cruenta testimonianza del nostro quotidiano.
Ma le intenzioni dell’artista non sono assolutamente quelle di mettere in soggezione lo spettatore, al contrario cerca di metterlo a suo agio, lo tranquillizza, lo diverte grazie alla complicità dell’innocenza e al candore con cui riproduce la messa in atto delle azioni dei suoi personaggi.
In fin dei conti nessuno vuole farsi veramente male!
In mostra alla 999 Contemporary Art Gallery dal 13 dicembre 2011 all’8 gennaio 2012 la personale dedicata all’artista Gioca Bene (Non farti male).
Mauro Tropeano
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