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Una separazione, regia di A. Fahradi

Una separazione.1

Una separazione.1Dopo About Elly (2009), il regista iraniano Asghar Fahradi torna sul grande schermo con un vero e proprio capolavoro apprezzato dalla giuria del Festival di Berlino 2011, che gli ha attribuito l’Orso d’Oro per il Miglior Film, l’Orso d’Argento per la Migliore Interpretazione Femminile e l’Orso d’Argento per la Migliore Interpretazione Maschile, Ecumenical Jury Prize, Peace Award College.

Stiamo parlando del film Una separazione, uscito nelle sale italiane da qualche settimana. Asghar Fahradi ci mette davanti ad una storia famigliare, una separazione di una coppia, Nader e Simin, i quali si trovano a dover fronteggiare scelte diverse e soprattutto l’affidamento di loro figlia, Termeh, la quale si trova inevitabilmente al centro dei litigi dei suoi genitori. Simin vorrebbe lasciare il paese portando via anche Termeh per consentirle di vivere in piena libertà; Nader invece non vuole lasciare il paese a causa di una malattia, l’Alzheimer, di cui è vittima suo padre, ormai anziano e bisognoso di cure.
La storia si complica quando un giorno, la donna che si occupava dell’anziano mentre Nader è al lavoro, si allontana da casa lasciando l’infermo a casa da solo e Nader lo ritrova a terra quasi privo di sensi. A seguito di un diverbio Nader spinge la donna fuori di casa e questa cade perdendo il bambino che portava in grembo. A questo punto il film inizia ad essere sorretto da bugie, strani comportamenti, lacrime e incomprensioni che ruotano intorno alle figure femminili: sono loro infatti, Simin, Termeh, la badante e la sua piccola bambina, a catturare l’attenzione dello spettatore, il quale vede evolversi la trama e le sue sfaccettature.

Mentre i personaggi maschili sembrano essere vittime di un pericoloso labirinto forse senza uscita, sono invece le figure femminili a portare a compimento il dipinto di un artista che fugge da ogni tentativo di mistificazione della realtà. Nelle loro mani si compie il destino di tutti gli altri personaggi, nelle loro verità si nasconde qualcosa che va ben oltre l’inettitudine umana.
La sua opera, il suo film è il ritratto di una condizione che va ben oltre le scelte di una famiglia, i suoi personaggi vivono in una condizione in cui la censura del regime non passa inosservata, non viene dichiarata palesemente ma passa attraverso un filo conduttore visibile, la famiglia appunto.
Asghar Fahradi non stacca mai la presa sulla realtà e lo fa servendosi di dialoghi serrati, concreti e quasi mai senza pausa. Negli occhi dei suoi personaggi, anche se le scene vengono per la maggior parte del film girate in luoghi chiusi, si legge l’incapacità di adattarsi ai condizionamenti e alle scelte, forse ingiuste, a cui sono vengono sottoposti soprattutto soggetti deboli come accade a Termeh che alla fine del film deve scegliere con chi dei due genitori andrà a vivere. Chi dei due sceglierà? Finale a sorpresa…

Eva Di Tullio

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