U’Papun: paura dell’uomo nero?
ROMA- E’ giunto dalla terra di Bari per raccontare vizi, frustrazioni e bigottismo dell’uomo moderno, la conturbante e sfacciata mediocrità delle biancaneve di oggi, la folle credulità in quell’apparenza che ci logora fegato e cuore.
U’Papun approda nella Capitale e racconta in musica folk frammista a passione per le progressioni cresciute negli anni settanta. La serata del 23 ottobre alla Locanda Atlantide presenta tutte le caratteristiche per virare di poco e regolare gli amplificatori e gli strumenti verso sonorità più jazz, mantenendo però quella spinta rock che li contraddistingue. U’Papun è nero fuori ma ricco di sfumature al suo interno. E sul palco compaiono i personaggi del loro primo lavoro, Fiori Innocenti. Serata aperta dal bravo Marco Velluti, cantautore romano dalle melodie branduardiane e radici che affondano nella voce del grande Faber.
Seguono i papuni sul palco della Locanda per condurre alla mano le loro maschere, quelle delle favole e sarcasmo puro, contro soldi e giudici che il dito puntano. Solido rock dunque, ritmi dispari e pari quando serve, e quella dedica al maestro di sempre: Giorgio Gaber che ancora oggi, nelle note del Boogeyman, fatica nel sentirsi italiano. La parodia farsesca riprende alcune delle nostre paure, come la falciatrice di anime, una morte rivisitata in fuga da un mondo ostile, fino a scodellare sul palco il riso dei potenti e i loro vizietti. Sono quei “Maledettissimi Soldi” che conducono il gioco ed è “L’uomo qualunque” che raccoglie i frutti di tanto torpore in una ballata languida. Biancaneve è più monella del solito, emancipata anche troppo e irriverente verso un principe al quale non resta che sedersi alla batteria per incenerire ritmi sincopati. Questo è lo spettacolo teatral-musicale degli U’Papun e la vecchina delle fiabe non sembra più cattiva come un tempo, la sua faccia disegna una mappa geografica sempre più definita e il suo cuore è meno duro.
La miscela è presto fatta: un cantautore, sei bravi musicisti (cinque all’opera, uno in panchina) e l’estro creativo di chi in musica vuole raccontare un tempo che fu ieri come oggi, difficile, intraprendente e spudoratamente incentrato sull’apparire. La soluzione è un fiore innocente per preservare la qualità. Gli U’Papun lo fanno con la musica: elaborata, grottesca, ma sempre presente all’orecchio di chi ascolta. Per il resto vi lasciamo ad alcune immagini per assaporare i momenti salienti e chiedersi chi è la bambolina, immolata per un’ora e mezzo al pubblico della Locanda e ben legata all’asta del microfono.
Line Up:
Alfredo Colella: voce e maschere
Gigi Lorusso: chitarra elettrica e strumenti etnici
Enrico Elia: piano e tastiere
Mario Orlandi: basso
Cristiano Valente: batteria e percussioni
Davide Caselli: chitarra acustica
Federico Ugolini
Foto di Federico Ugolini
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