Tomboy, regia di C. Sciamma
Un film delicato sulla ricerca della propria sessualità a cavallo tra l’infanzia e l’adolescenza. Laure ha 10 anni e si è trasferita con i genitori e la sorellina più piccola Jeanne in una nuova casa, a Parigi.
E’ una ragazzina timida, sempre vestita con t-shirt e pantaloncini, porta i capelli corti e le scarpe da ginnastica, e il suo atteggiamento da maschiaccio (traduzione del termine Tomboy) però non la rende tale agli occhi dei suoi genitori, tutti presi dal trasferimento e dalla gravidanza della mamma, che continuano, nonostante l’evidenza, a vederla come quella che realmente è, una bambina, senza indagare troppo su i suoi comportamenti.
Laure silenziosamente guarda fuori dalla finestra e trova lo sguardo di Lisa, nel cortile sotto casa, è così che nasce una nuova amicizia. Quando Lisa le offre di andare a giocare con lei e i suoi amici Laure quasi per gioco cade nella tentazione di presentarsi come Mickaël.
E’ finita l’estate e i bambini si riuniscono di tanto in tanto per giocare a calcio piuttosto che a obbligo e verità e Laure nonostante la sua timidezza riesce piano piano a farsi accettare dal gruppo, nessuno dei suoi nuovi amici sospetta che Mickaël, il nuovo arrivato, possa essere una femmina.
Trascorrono giorni felici tutti insieme, sopratutto Mickaël e Lisa, che instaurano un rapporto speciale, un primo amore, ed è proprio Lisa a farsi avanti con un tenero bacio.
La bravissima Céline Sciamma, regista francese al suo secondo lavoro, utilizza la camera a mano per calare il suo pubblico nell’atmosfera intensa e poetica, emozionando lo spettatore dal primo all’ultimo minuto.
Tomboy, opera semplice e straordinariamente naturale mostra il carattere dei personaggi con una schiettezza disarmante, facendo emergere il dilemma esistenziale che la protagonista vive, in bilico tra ciò che il suo corpo le impone di essere e il desiderio opposto insito nella sua mente.
Un film dove si parla poco, solo il necessario, perchè l’espressività dei volti e l’intensità degli sguardi, di una bellezza rara, ci insegnano quanto a volte i discorsi siano vani.
Non è solo una pellicola sulla scoperta dell’identità sessuale ma anche sull’infanzia, spesso segregata nel cassetto come simbolo dell’innocenza, ma che in realtà nasconde sensualità e ambiguità represse proprio a causa della sua delicatezza.
Laura Fioravanti
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