S. Vannelli, Guarda che me ne vado
Ventinove racconti compongono Guarda che me ne vado, il libro di Sara Vannelli, autrice giovane con alle spalle già diversi lavori teatrali, edito da Leconte. Ventinove schegge di realtà del nostro tempo, raccontate con uno stile metropolitano come le ambientazioni in cui si muovono i personaggi.
C’è molto del teatro, dell’oralità, della parola detta più che scritta. E molta è anche l’influenza della scrittura dei blog, informale nelle minuscole di alcuni nomi propri e nella punteggiatura.
Insomma, i racconti si incanalano in quel filone della contemporaneità in cui è difficile – e inutile – definire uno stile. Sicuramente la frammentarietà è ciò che li contraddistingue, nella forma così come nella sostanza.
Le microstorie non hanno nulla a che vedere con la linearità né logica né temporale e seguono uno svolgimento tutto interiore, forse a volte troppo personale che non ne lascia cogliere il senso. Non c’è descrizione o ce n‘è pochissima, solo azione e dialogo costruiscono i personaggi che si delineano come tristi individui di un mondo al limite dell’assurdo. La televisione sempre accesa è un po’ il rumore di fondo del libro intero, e ne amplifica quel senso di vuoto che l’autrice sa imprimere nella narrazione di avvenimenti spesso disperati come suicidi, amori spenti, voglia di farla finita e frustrazioni.
22° piano (Vespa non c’è) racconta in presa diretta gli ultimi momenti di vita di un personaggio che ha deciso di suicidarsi trangugiando Viakal in cima ad un grattacielo, immaginandosi in televisione da Vespa, anche lui dentro la sagra dell’orrore.
A dirla tutta mi siedo anch’io è una bella presa per i fondelli della notorietà televisiva e un’amara constatazione del grado infimo raggiunto dal media nazionale. Una ragazza a seguito di un incidente vive una rivelazione: c’è gente il cui lavoro è stare seduta in tv. E scatta la caccia telefonica ad Alba Parietti, la regina di questo tipo di attività.
C’è la difficoltà di affrontare il vuoto per la morte di un amico in Ancora, l’amore che non riesce a sopravvivere di Buongiorno Buongiorno, il nonsense e la felicità quasi pazzia dell’ultimo racconto Sentiamoci presto, interamente dialogato.
Sono short stories dall’accento quasi americano che a volte risultano ostiche alla comprensione, ma che hanno la capacità di arrivare al lettore non con la logica, ma con le sensazioni. Perché è vero che la lettura di queste schegge lascia l’amaro in bocca e il senso dell’assurdo, ma è vero che ben sanno tradurre lo stato d’amino del nostro tempo.
Sara Vannelli, Guarda che me ne vado, Leconte, pag. 160, € 12
Francesca Paolini
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