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Letteratura a ritmo jazz: Paolo Bernardi

È possibile ascoltare un cd come se si stesse sfogliando un libro? Se il disco è Fahrenheit Project di Paolo Bernardi la risposta è certamente si. Il disco, il cui titolo si ispira a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, è intriso di suggestioni letterarie che si mescolano a ritmi jazz e a musica classica. Bernardi, autore e pianista, ci parla della nascita di questo disco e del suo amore per la musica.


Come ti sei avvicinato alla musica? E al jazz?
Ho iniziato a studiare pianoforte più per diletto che per un reale scopo artistico e professionale. Ovviamente ho cominciato coltivando gli studi musicali classici, ma cercando di strizzare sempre un po’ l’occhiolino alla musica leggera. Questo naturalmente mandava su tutte le furie i primi maestri che ho avuto, ma, alle lunghe, posso dire che quella curiosità mi ha ripagato! Infatti, durante gli ultimi anni di preparazione all’esame di diploma al conservatorio ho cominciato ad ascoltare musica jazz, soprattutto grazie ai bellissimi dischi che mi regalava un mio carissimo zio, grande appassionato di musica afroamericana e valente flautista. Dopo il diploma ho iniziato a prendere, con la bernardi2medesima costanza e dedizione che mi proveniva dall’abitudine allo studio della musica classica, lezioni di piano jazz da Cinzia Gizzi, alla quale devo tutto ciò che so di questa musica.

Quando hai capito che il pianoforte era lo strumento adatto a te?
In realtà l’ho dato un po’ per scontato, in quanto non ho mai pensato di avvicinarmi ad altri. Ultimamente sto “scoprendo” il vibrafono, strumento importantissimo per i pianisti secondo me e sempre un dono del mio caro zio.

La tua prima volta sul palco?
Ti ringrazio per questa domanda che muove in me dei ricordi piacevolissimi! Ho debuttato – fresco di diploma!- nel 1998 al Teatro Diana a Napoli (nella bellissima zona del Vomero!) in uno spettacolo teatrale eccezionale: i Sei personaggi in cerca d’autore, diretti da Giuseppe Patroni-Griffi. Io sostituii per due mesi il pianista titolare e dovetti cimentarmi anche in una piccola, ma impegnativa parte recitativa! Fu un battesimo davvero notevole per uno che fino a 3 mesi prima passava le giornate dentro casa a studiare e per di più senza fare neanche una prova con gli attori, in quanto lo spettacolo era già in tour da molti mesi.

Il titolo del tuo cd, Fahrenheit Project, è ispirato a FAHRENHEIT 451, romanzo di Ray Bradbury, ma è anche ricco di altri riferimenti letterari, ce ne vuoi parlare?
La letteratura è un po’ il filo conduttore di questo mio cd, anche se non è certo un concept- album. Amo la letteratura al pari della musica (del resto, da sempre cerco questo connubio: non mi sono accontentato di imparare a suonare uno strumento: mi sono pure preso una Laurea in Lettere, con indirizzo musicale!). Per cui, trattandosi del primo disco a mio nome, ho deciso che dovesse rappresentarmi pienamente e così ho unito insieme quei brani che avessero tratto ispirazione proprio dalla lettura di alcuni lbernardiibri da me letti e amati in passato.
Per fare degli esempi, penso a “Strade secondarie”, dall’omonimo racconto di Domenico Starnone. Lo stimolo mi venne perchè volli cercare di ricreare a mio modo lo stesso clima di ricerca e ansia, prima dell’ottenimento dello scopo prefissato, che si respira nell’animo del protagonista di quel racconto. Così il mio brano si apre con un’intro all’unisono dei quattro strumenti (batteria compresa!) costruita su una melodia che si inerpica su note piuttosto tensive senza concludersi veramente, anche perchè costruita su una scala particolare. Da ciò si giunge al centro del brano (l’arrivo alla soluzione del personaggio di Starnone), occupato da un blues di sapore modale, su cui poi, ovviamente, improvvisiamo.
Altre mie composizioni con simili riferimenti sono “Luna di Pomeriggio” (il cui titolo è ripreso dal quello di un capitolo di Palomar di Italo Calvino), dove ho cercato, almeno nella parte introduttiva, di ricreare quella delicatissima immagine della luna vista appunto di pomeriggio e su cui lo scrittore pone delle riflessioni davvero poetiche. Sempre a Calvino mi ispiro per il brano “Se una notte d’inverno” (il romanzo da cui ho desunto questo titolo è Se una notte d’inverno un viaggiatore).
“Per il tuo cuore” è un verso di una poesia tra le più pure che mi sia capitato di leggere di Camillo Sbarbaro. “Fulgens (in caligine noctis)” è invece l’incipit (per rimanere in latino!) della biografia di Tom
maso da Celano scritta su S. Francesco D’Assisi, vero personaggio “outsider” del pantheon cattolico.

Il disco contiene anche due rivisitazioni, “Stella by star light” di Victor Young ed “Estate” di Bruno Martino, perché hai scelto questi due pezzi?
Ho sempre pensato che inserire in un cd di jazz anche standard sia importante per duebernardi4 motivi: uno perchè costituiscono il patrimonio indelebile su cui questa musica è nata e soprattutto si è evoluta; due perchè è anche un modo per dimostrare chiaramente quale cammino artistico un musicista stia intraprendendo. Credo che lo standard sia una sorta di “cartina tornasole” che permette di vedere più distintamente il tipo di ricerca musicale che un artista sta compiendo. Molto più che su un originale, in quanto lì siamo nel pieno campo dell’insondabilità per chi ascolta, non avendo dei parametri di riferimento precostituiti. Ciò invece si ha per una canzone già nota. Ecco che allora io ne ho scelte due veramente molto famose e però le ho rielaborate in modo personale, credo.

Hai suonato con diversi nomi importanti del jazz, c’è una collaborazione che ti ha particolarmente emozionato?
Certamente la fortuna di suonare a Roma è che ho potuto incontrare musicisti esperti e grandi amanti del jazz tradizionale, che pure io amo e che mi piace suonare. Conoscere Lino Patruno, il grande crooner Clive Richie, un bassista del calibro di Guido Giacomini, o il trombone di Michael Supnick, non solo mi ha spinto a migliorarmi in quello stile, ma ho imparato tantissimo dalle loro informazioni e soprattutto dal loro modo di suonare con grande onestà e correttezza quel genere.

Cosa troviamo sul tuo i-pod?

Beh! Veramente di tutto! Da i cd di epoca Blue Note di Herbie Hancock ai piano solo di Bill Evans, a quelli di Jelly “Roll” Morton, ai quintetti di Astor Piazzolla (che adoro e a cui sto dedicando un altro mio progetto, dal titolo “Calambre Tango”), alle composizioni di artisti contemporanei come Alfred Schnittke o Oliver Messiaen…passando magari per i dischi di De Andrè e Lucio Dalla!

bernardi3Ti piacerebbe comporre musiche per il cinema?

Tantissimo! Adoro quel genere di “applicazione” musicale alle immagini. Ne ho studiate tante in passato e ne ascoltavo tantissime, proprio come fossero composizioni musicali a se stanti dal film! Molte persone che hanno ascoltato miei brani (soprattutto da questo cd) mi dicono che alcune sarebbero perfette come colonne sonore. E’ un bellissimo complimento per me!

Cosa farai nell’immediato futuro?
Innanzittutto devo concentrarmi a promuovere adeguatamente questo mio progetto. Però non posso nascondere che sto già pensando al prossimo disco: vorrei incidere un omaggio al grande cantante francese Charles Aznavour. Lo adoro fin da quando ero bambino anche perchè i miei genitori lo ascoltavano molto. Quando da grande ho poi scoperto che è stato pure un grandissimo attore e musicista di una versatilità invidiabile, ho deciso di avvicinarmi a lui “da musicista”, appunto. Ho già pronti quasi tutti gli arrangiamenti per quartetto, anche se non è escluso che inseriremo, qua e là, una voce. E’ da vedersi. Certo l’importante, come direbbe lui, è…non tirare sul pianista!

Giuditta Danzi

Giuditta Danzi, interviste, jazz, letteratura, martelive, martemagazine, musica, Paolo Bernardi

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