DANZA_ Narrare qualcosa di diverso
Il MArteLive 2011 è giunto al termine e le finali nazionali hanno lasciato esprimere liberamente artisti provenienti da ogni regione. Durante il 2011 anche la Sezione Danza si è espressa al meglio presentando spettacoli molto diversi per genere e contenuto.
Spettacoli non sempre perfetti dal punto di vista tecnico e forse in alcuni casi dal prodotto finale discutibile per professionalità e sviluppo dei temi, ma ciò che è da ammirare, a prescindere dalla positività o meno del risultato, è la volontà di preparare coreografie concettualmente nuove e artisticamente forti.
Mentre nel teatro di prosa il tema dello spettacolo è più facilmente percepibile, nella danza contemporanea il tutto appare quasi ostile. Ma anche questo è il suo fascino: il riuscire a narrare qualcosa, descrivere sensazioni attraverso il solo movimento, “parlare” allo spettatore muovendo corde diverse e forse potenzialmente più sensibili.
Il 12 ottobre 2011, la prima performance è Ma-shalai di Megakles Ballet, con le coreografie di Laura Odierna e Salvatore Romania. Ma-shalai è un termine siciliano e indica un particolare momento di profonda goduria. Gli interpreti Salvatore Romania, Claudia Bertuccelli e Valeria Ferrante aprono le porte della mente per un viaggio in Sicilia sottolineando, anche accennando canti, come sia un paese di contraddizioni che però, all’interno della cultura popolare, riescono a conciliarsi.
La Sicilia è stata per secoli il crocevia di popoli diversi e ognuno ha lasciato un po’ di sé rendendola una terra poeticamente selvaggia, ma profondamente passionale. Lo scopo della compagnia non è limitarsi a una fredda creazione tecnica, ma indagare, all’interno dei loro stessi percorsi il modo più indicato per raccontare loro stessi, il proprio passato e le proprie origini.
Alla compagnia Megakles Ballet fa seguito la Insane Dance Company della coreografa Marianna Giorgi, giovane artista che opera creando forme che stilizzano gesti che chiunque può compiere quotidianamente rendendoli però più vicini alle corde dell’animo. Presenta una coreografia che si trova sul filo di un rasoio: da una parte c’è qualcosa, da quell’altra qualcos’altro. E Rearline è questo, una linea che si trova dietro, invisibile, ma basta girarsi ed è lì pronta a comunicare qualcosa. Come una stanza buia ma con la porta aperta e il destino spinge l’uomo verso quella porta per scoprire come tutto possa finire, o iniziare.
Il 13 ottobre si preannuncia pieno di buone intenzioni, di voglia di fare, di stupire e sbalordire il pubblico con eccellenti esibizioni.
Le coreografie di Patrizia Proclivi, come prima esibizione, propongono una rivisitazione di Sogno di una notte di mezza estate in cui un carrello si fa mezzo con il quale i personaggi, abbandonato il bosco, entrano in scena. Gli interpreti sono uomini, forse rispettando la regola del teatro elisabettiano, compreso il personaggio di Titania, e Shakespeare prende vita. Torce elettriche e collant simil-animali rendono convincente il bosco e da qui inizia un battibecco tra i protagonisti: l’orgoglio, il desiderio, l’odio che si tramuta in passione, la menzogna, l’epilogo, tutto è danza, tutto è movimento con intermezzi di prosa per introdurre e rendere la performance più “digeribile”. Resta comunque una interpretazione pulita, onesta nonostante lo spazio e un tappeto di danza che ostacolava i movimenti. Forse Alfeo ha deciso all’ultimo di tradire Tersicore.
Urlo del mare di Alessia Lovreglio, la seconda esibizione, grida la parola “rispetto”. Rispetto per un mondo troppo sfruttato, rispetto per un mare sempre troppo vicino al disastro ecologico. Sembra lontano, sempre troppo oscuro e sempre troppo profondo, invece ogni disequilibrio si ripercuote sull’umanità. L’acqua, una vera e propria risorsa da tutelare, da salvaguardare. Il tema della coreografia è forte, incisivo, forse l’espressione un po’ meno, comunque la Lovreglio entra in scena, o meglio nel mare rivestita di onde, per poi spogliarsi rivestendo come una macchia che galleggia sull’acqua; petrolio che guasta la natura e la mano dell’uomo che uccide le creature rovinando un equilibrio precario, ma stabile nella sua solitudine. Ma forse un modo per uscirne c’è e Alessia lo conferma: il rispetto. Il mare non è di proprietà dell’uomo, ma solo un prestito e come tale dovrà essere restituito in perfette condizioni.
L’ultima esibizione presenta la Compagnia della Quarta e con 60 battiti pone in evidenza un problema di fondamentale importanza: il lavoro. Lavoro come crescita personale, ma socialmente rappresenta più che altro un rito di passaggio, un riscoprire la propria importanza a livello umano e comunitario. Solo attraverso il lavoro l’essere umano si sente realizzato e a proprio agio con i propri simili. La Proclivi crea una sorta di gioco di ruolo tra i personaggi, un lavoro di acrobazia professionale in cui ognuno assiste, applaude e critica il compagno per una crescita reale. Gli attori danzatori, perché tutti a esclusione di Patrizia Proclivi vengono dalla prosa, descrivono un ambiente sociale ideale. Quattro persone, individui che forse nemmeno si conoscono, ma che collaborano. La società è in fondo costituita da esseri umani che cooperano per rendere il mondo un posto migliore nonostante i governanti facciano di tutto per ostacolarli.
Emanuele Truffa Giachet
Foto di Giacomo Citro
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