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Venezia chiama Italia: la Biennale in Abruzzo

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[ARTI VISIVE]

untitled3ABRUZZO- Mentre Venezia preparava gli ultimi ritocchi prima di srotolare il tappeto rosso della più famosa Mostra d’Arte Cinematografica, la 54esima Mostra Internazionale d’Arte, meglio nota come la Biennale e basta, presentava una quarantina di artisti del Padiglione Italia di questa edizione nella regione Abruzzo.


I media sono naturalmente concentrati sull’annuale mostra del cinema come sempre, ma ogni due anni i Giardini dell’Arsenale ospitano parallelamente uno degli eventi d’arte contemporanea più importanti d’Italia con grande eco internazionale, una concentrazione di tutte le forme d’arte.
Quest’anno per i 150 anni dell’unità il direttore Vittorio Sgarbi ha pensato di creare una serie di eventi collaterali diffusi in tutta la Penisola, untitledaffermando simbolicamente l’unità artistico-culturale che c’è ancora, anche se agonizzante.
Il 25 giugno l’Abruzzo ha accolto i suoi artisti inaugurando il primo evento a Pescara all’interno dell’Aurum, ex fabbrica di un celebre liquore, pregevolissima architettura ora riconvertita in spazio aperto alle arti. Il secondo momento è stato coniugato con la riapertura del Duomo dell’Aquila che ha accolto le opere di video arte e pittura degli artisti Lea Centofanti, Fausto Chang e Mauro Folci. Successivamente il 23 luglio hanno esposto nella monumentale fortezza di Civitella del Tronto: Marco Appicciafuoco, Giampiero Marcocci, Alessandro Jasci, TU’M, Fausto Cheng, Vito Bucciarelli, Angelo Colangelo, Giancarlo Sciannella, nelle stanze personali, Alberto Di Fabio, Antonella Cinelli, Antonio Marchetti, Sandro Visca, Lorenzo Aceto, Manuela Barbi, Lucilla Candeloro, Paride Petrei, Nicola Smerilli, Gianfranco Gorgoni, Fabrizio Sclocchini nelle stanze restaurate. L’affluenza di visitatori è stata ragguardevole.

Le location scelte sono luoghi simbolo della ricchezza artistica della regione che è dal 2009 sotto le luci della cronaca per una catastrofe naturale, che i politicanti hanno convertito in tragedia sociale e culturale, visto l’irreparabile danno causato a monumenti di valore inestimabile. Pensiamo a L’Aquila, certamente, ma tra le propaggini meridionali del Gran Sasso, in un paesaggio da film – e qui ne hanno girati parecchi – c’è un piccolo paesino quasi del tutto abbandonato che è stato scelto per ospitare anche lui un pezzetto di Venezia. Santo Stefano di Sessanio è un borgo di pietre nel quale dal 5 agosto è in proiezione il film d’arte Un cuore rosso sul Gran Sasso, di Sandro Visca, artista aquilano insegnante del compianto Andrea Paz Pazienza negli anni di liceo.
La pellicola è stata girata nel 1975, ma fino al luglio di quest’anno era rimasta incompiuta. Prodotto dalla Scuola di Cultura Drammatica dell’Aquila, dopo un intervento digitale ora è in libera visione all’interno di una piccola stanza che è l’Opificio degli Archi.
L’insieme è estremamente commovente e nello spazio ristretto il rosso del cuore sullo schermo risalta e riempie tutto. Si tratta di un’idea semplice alla base, cioè filmare in bianco e nero l’installazione di un’opera a forma di cuore sulle montagne del Gran Sasso. Il cuore è stato cuore-rossosuccessivamente colorato di rosso intervenendo sulla pellicola. Assicurato su una lettiga di legno e corde, un folto gruppo di uomini porta il cuore-protagonista (fatto di polistirolo e grande quanto 2 persone) attraverso scoscesi sentieri di montagna, faticando per issarlo e condurlo a destinazione a 2.500 metri di altezza. La dolce macchia rossa incanta lo sguardo, appare come un messaggero di speranza per il futuro della regione- cuore del nostro paese, incastonata nel suo centro montagnoso e suggestivo. Certo, parlare di speranza a Santo Stefano suona strano, proprio all’ombra di quella che fu il simbolo del borgo, la torre medicea del 500 crollata con il terremoto e ora sostituita con un cupo scheletro di tubi metallici. Da qualche parte il cuore rosso sul Gran Sasso avrà sicuramente qualche crepa ormai.

Francesca Paolini

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