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Vinicio Capossela: marinai, profeti e balene

Foto di Federico Ugolini
Foto di Federico Ugolini

ROMA- Come si passa dalla chiglia di una nave al ventre di una balena? E dalla balena al Minotauro? E dal Minotauro nel bel mezzo di una tempesta dove spunta Polifemo?

Passando per il palco della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica ovviamente.
Comandante in prima della nave, Vinicio Capossela. La prua punta la rotta verso l’ignota ispirazione della fantasia più pura, a cavallo di un polipo e a spasso con le sirene, con lo sguardo rivolto al ventre delle balene davanti (le cupole delle tre sale principali dell’Auditorium opera dell’architetto Renzo Piano), proprio come un novello e terribile Capitano Achab.
Domenica 31 luglio Capossela sbarca a Roma per una tappa particolare e unica del tour estivo di Marinai, Profeti e 20110731-DSC_4399_copyBalene, il suo ultimo disco, e solo per questo concerto, sbarca con tutta la combriccola artefice del disco: Psarantonis, ultimo discendente della stirpe degli Aedi (occasione unica e probabilmente irripetibile di poterlo ascoltare dal vivo); il Coro degli Apocrifi, le Sorelle Marinetti e il Maestro Stefano Nanni, che hanno partecipato alla registrazione dell’album, e la caposseliana band di uomini-pesce al gran completo. Ventidue musicisti  che hanno accompagnato Capitan Capossela nel più straordinario dei viaggi possibili: quello dentro l’uomo, con i suoi sogni, i suoi incubi, le sue invenzioni immaginifiche. Il mare diviene sinonimo, metafora e scenografia di un viaggio antropologico che riflette sulla conoscenza, sul destino, sul fato e sugli esseri fuori misura (ciclopi, grossi pesci, dei e profeti).
Da Omero a Dante, da Melville a Conrad, il progetto prende ispirazione nella letteratura di tutti i tempi e risuona di mito, condita com’è dalle voci di marinai, profeti e balene.

Il cantastorie Capossela apre la partitura della sua storia, la condisce di una scenografia meravigliosa (lunghe assi di legno bianco meccanizzate richiamano il ventre di una balena e sullo sfondo un enorme telo bianco ricorda un albero maestro e la sua vela) e di piccole geniali trovate, e fa ridere, di sé, della limitatezza umana e delle immense possibilità della fantasia. Artista a tutto tondo, racconta la musica e la vita alla sua maniera: un visionario pronto a trascinare chi lo ascolta in una sarabanda magnifica e stupefacente, dove nulla è previsto e niente è prevedibile.
Ed è così che entriamo nel ventre molle della balena, e ci aggiriamo tra le sue costole mobili, da lì alla chiglia della nave, e incontriamo i personaggi più disparati: il marinaio “Billy Budd”, il Polpo innamorato (“Polpo d’amor”), “La Madonna delle 20110731-DSC_4537_copyConchiglie”, “Lord Jim”, “Medusa cha cha cha”, “Il grande Leviatano”. A volerne di personaggi di questa buffa storia, che sembra così intricata eppure riflette con fedeltà l’umanità intera! Oceanico e biblico, omerico e mediterraneo, per dirla alla Capossela questa è «un’opera “ciclopedica”, una “Marina Commedia” fuori misura», in cui tutti sono protagonisti: musicisti sul palco, coristi, attori e pubblico.
Uno spettacolo complesso eppure estremamente coinvolgente, in cui proprio come fanno i bambini quando capitano per la prima volta in un parco di divertimenti, non si può restare che a bocca aperta. Per i costumi, per le musiche, per le invenzioni scenografiche, per le innate capacità caposselliane di rendere un concerto un evento unico, quasi irripetibile, in cui l’amore sprofonda nel pianoforte o tra le corde pizzicate della chitarra. Un’arte completa e complessa, fisica, diretta che sembra estrapolare il tempo e congelare un attimo di eternità: carne e sangue, respiro e calore, Capossela sa essere coinvolgente ed emotivo, puntando a far ragionare il cervello e a mettere in moto lo stomaco (e il cuore).

E non si riserva, suona per quasi tre ore senza interruzioni la sua musica da cantautore senza categoria, e torna di nuovo sul palco per un bis speciale, unico momento, a parte quello iniziale (“Dalla parte di Spessotto”, “Medusa Cha Cha Cha”), in cui propone pezzi intramontabili del suo repertorio (“Che coss’è l’amor” e “Il ballo di San Vito”) per poi chiudere il 20110731-DSC_4572_copyviaggio definitivamente con “Le Sirene”.
Ci aveva avvisati ad inizio concerto Capossela: “vi renderete conto che state per iniziare un viaggio che finirà solo quando lo decideremo noi”. Ora che siamo di nuovo sani e salvi a terra, ne sentiamo già la nostalgia, proprio come quando un libro di avventura, quando eravamo piccoli, finiva il suo racconto e ci sembrava di aver perso per sempre quel pizzico di pelle d’oca, quei brividi sul collo e quella luce negli occhi. Abbiamo sognato anche questa volta, ma Capossela è stato magnifico sul serio…

Line Up:
Mauro Ottolini: trombone, conchiglie, ottoni, flauti, kalimba, temporale
Achille Succi: ance, flauti, shakuhachi, shehnai, tin whistle
Alessandro “Asso” Stefana: chitarre, banjo, baglama
Glauco Zuppiroli: contrabbasso
Zeno De Rossi: batteria, conga, gong delle nuvole, teste di morto
Francesco Arcuri: sega musicale, campionatore, steel drum, saz, santoor
Vincenzo Vasi: theremin, campionatore, marimba, voce, glockenspiel

Edyth Cristofaro
Foto di Federico Ugolini

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