Dellera and The Judas: Children of the Revolution
[MUSICA]
ROMA- Se siete nostalgici , se le moderne rock band non vi fanno venire la morsa allo stomaco, se rimpiangente i GentleGiant o i Pink Floyd e se credete che il rock sia morto, bè, ci sono quattro signori ossia Roberto Dellera, Milo Scaglioni, Andrea Garbo e Paolo Mongardi che di certo vi faranno cambiare idea.
Ci troviamo a Villa Carpegna, nella serata conclusiva (5 agosto) di uno dei festival più interessanti della scena capitolina Odio L’estate. Nonostante la vena jazzista, la manifestazione sapientemente organizzata dalla Saint Louis decide di ospitare il “nuovo acquisto” MArteLabel, Roberto Dellera. Conosciuto dai più per la sua militanza negli Afterhours, il milanese/inglese Dell’Era ci dimostra che dietro le doti ritmiche e una prorompente personalità, si cela un mix d’annata: un uomo rock’n’roll, dalla voce dolce e pulita, dal look anni ’70 e con il savoir fair di un vero gentleman. Solo un mese fa ha presentato il suo singolo “Il Motivo di Sima”, che anticipa l’album Colonna Sonora Originale la cui uscita è prevista per ottobre, e già da questo singolo (con il quale apre anche il concerto a Villa Carpegna) si intuisce che lui e il suo album sono due pezzi da novanta.
Il profumo d’estate, l’esodo vacanziero e la stanchezza di un anno di lavoro, non fermano di certo un pubblico, che adagiato sulle sdraio, al fresco di fronde bucoliche si gode gli artisti emergenti che preparano l’ambiente all’arrivo degli head liners.
Dalle 21.30 alle 23.00 infatti le nostre orecchie sono allietate nell’ordine da Rhò, AtomePrimitif e Dei Miei Dèi. Proposte interessantissime, apparentemente diverse tra loro, eppure accomunate da una ricerca del suono che si tramuta in sensazione, visione, pathos.
Rhò nella sua essenzialità e con la sua perfetta vocalità sarebbe capace di far sciogliere anche il cuore più duro. Ammorbidisce e riscalda e dopo solo 20 minuti di concerto si è pazzi di lui.
Stessa sorte per gli AtomePrimitif, dalla tecnica ineccepibile capitanata da una voce, quella della front-woman che accompagna in un cammino introspettivo, come Virgilio per Dante.
E poi I Dei miei Dèi, che sembrano cattivi, rumorosi e cigolanti, invece sono in una sola parola molto noise. Come i primi Marlene, quelli del Vile. E proprio come loro catartici, adirati, strabilianti.
Sono le 23.00 e sul palco c’è un set essenziale, due chitarre, un basso e la batteria: Dellera and The Judas.
Un quartetto vincente, quattro musici miscelati per benino per dar vita ad un rock d’autore dal profumo anglosassone. Il lavoro di Dell’Era è sicuramente influenzato (nel senso più bello del termine) dal suo percorso con la band milanese, ma è smussato negli angoli.
Rispetto al sound duro e “arrabbiato” del suo basso, questo lavoro tende al retrò e della sua chitarra è l’amante perfetto. La chitarra è la dea che gli bacia le dita (come cita uno dei suoi brani più belli “Ami Lei o Ami Me”). Lui la carezza nelle ballate come “Due di Noi”, la scuote con sapienza e sensualità in “Tutti gli uomini del Presidente” (strepitosa!) e la veste di eleganza nel twist and shout del brano firmato “T-Rex, Children of Revolution”, che su Dell’Era e The Judas calza a pennello come un abito di Chanel ad un cocktail party. Ed è in questo istante che si scorge il passato che si unisce al futuro. Un tempo ciclico, tra i fantasmi del glam rock e del prog, tra quelli di Woodstock e del Glastonbury Festival e di Bolan e i Beatles, tra falsetti, sigarette e sorseggiate di cocktail, Roberto & Co. dominano quel palco con finezza e cognizione di causa.
Non sono altezzosi, non sono arroganti, forse sono solo al loro posto. Il palco per loro è come Tiffany per la Hepburn, come la ciliegina sulla torta. Dellera è la dimostrazione che rock star si nasce e non si diventa.
Un live di un’ora che ipnotizza e che, forse per la location, forse per il look dei fantastici musicisti, forse il sound ti catapulta in un epoca a cavallo degli anni ’70, ha un elegante velo bianco e nero, gentile ma allo stesso tempo spudorato. Dellera e i Judas sono un’affascinante “scorperta” e di certo saranno in grado di unire in una grande famiglia tutti quei fruitori di musica, che sono stanchi della solita pasta riscaldata regalando loro “qualcosa di nuovo, anzi d’antico” .
Insomma il Glitter Rock è tornato, questa volta è tutto italiano e a quanto pare ne sentiremo delle belle.
Ornella Stagno
Foto di Federico Ugolini
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