Un pò Memphis un po’ Blues un po’ Cyndi Lauper
ROMA- Quasi 60 anni e non sentirli. L’eterna antagonista (ma questa diatriba è decisamente fuorviante) dell’altra star indiscussa degli anni ’80 (Maria Luisa Veronica Ciccone, in arte Madonna, si è mostrata con la sua vera faccia da tigre del palcoscenico e nella gara senza vinti e vincitori dell’11 luglio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, rende merito ad Euterpe e vince.
Cynthia Ann Stephanie Lauper, Cyndi Lauper per i suoi sfegatatissimi fans, ha messo da parte lustrini e merletti, tanto trendy negli anni in cui il pop era padrone indiscusso della scena mondiale, riabilitato il ricordo indelebile dei suoi capelli rosa e del fascino perverso di quel look anticonformista che prendeva spunto dal punk rock delle origini, ma non ha cancellato quella timbrica vocale così particolare che da sempre l’ha fatta considerare una sorta di mosca bianca: potente e melodica al tempo stesso, pulita e graffiante al momento giusto.
Lo dimostra ancora una volta in questo tour mondiale che la rivede a Roma dopo più di vent’anni (il suo ultimo tour italiano è datato 1987): il Memphis Blues Tour presenta al pubblico italiano il suo nuovo disco, registrato in analogico a Memphis e uscito in Italia sul finire del 2010. Album di cover in versione Rythm’n’Blues vanta nomi del calibro di Charlie Musselwhite, B.B. King, Anne Peebles e Johnny Lang. «Nel blues si trovano le radici del pop, del jazz, del rock. Le ho sempre trovate delle canzoni affascinanti, suonate benissimo. Ho voluto anche curare gli arrangiamenti da sola perché non mi piace che il materiale arrivi da fuori. Io devo sentire quello che canto», ha dichiarato e, ancora una volta, risulta una sperimentatrice convinta, che non delude le aspettative del pubblico e si consacra artista a tutto tondo.
La sua estensione vocale stupisce sempre e forse ancora di più (merito dell’esperienza o dell’amore per la musica a 360°?), la sua innata capacità di essere comunicativa al di là di ogni aspettativa anche: blues a braccetto con riarrangiamenti pop dei suoi vecchi successi, un po’ rock e un po’ roll, la Lauper ne ha per tutti i gusti e tira giù dagli spalti tutti, giovani e meno giovani. Forse l’avrà detestata un po’ la Sicurezza che doveva curarsi di fare in modo che in tutte le sue passeggiate in lungo e in largo per la Cavea dell’Auditorium non le accadesse nulla, ma la Lauper è questo e molto altro ancora: prima si scatena sul palco ballando come una forsennata come se avesse ancora trent’anni, poi si lancia in una conversazione col pubblico a metà tra inglese e un accenno di italiano stentato (dandosi la colpa del suo pessimo italian language che la nonna le aveva raccomandato di imparare), poi parte per la tangente e scende dal palco donandosi ai suoi fans, cantando e ballando con loro, senza perdere però mai quell’aura di Regina del vocal che meriterebbe sul serio.
Una Lauper in stato di grazia verrebbe da dire, una Lauper che continua ancora la sua lotta per la libertà di espressione, che inneggia alle possibilità di scelta che abbiamo ogni giorno e “istiga” alla possibilità di decidere per se stessi nell’assoluto rispetto della libertà e delle differenze altrui: «L’eguaglianza fra gli esseri umani ha sempre avuto un grande significato per me – ha raccontato – Sono cresciuta negli anni Sessanta e ho visto la comunità afro-americana lottare contro l’odio e la discriminazione. Sono anche stata cresciuta da una madre single: la mia famiglia veniva guardata male ed eravamo trattati come dei diversi. Così, ancora oggi, mi indigno quando vedo persone essere vittime dell’odio semplicemente perché sono gay».
Dopo aver ascoltato il riarrangiamento di “Girls just want to have fun”, o l’assolo con la slide di “Time after time”, o ancora “True Colors” a cappella con solo il meraviglioso accompagnamento di un’armonica a bocca, si rimane letteralmente senza parole. Cyndi Lauper è una vera regina dalla voce di angelo, potente come il ruggito di una tigre che nel blues scivola con determinazione e capacità. Stupefacente!
Edyth Cristofaro
Foto di Federico Ugolini
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