Diaframma: c’è una ferita in fondo al cuore
[MUSICA]
ROMA- Venerdì 17 giugno l’Angelo Mai di Roma, in occasione della SummerFest organizzata da noi di MArteMagazine, ha ospitato quella che è di certo una delle band migliori del panorama italiano: I Diaframma.
Nati nei gloriosi anni ’80, percorrono la strada della new wave , pur accarezzando in origine le sonorità punk che erano e forse sono, cuore pulsante di tutta la musica, per comodità definita “indie rock”, dei nostri tempi.
Cominciano il loro esordio con i fratelli minori (almeno all’epoca) Litfiba. Producono in 30 anni di carriera quasi 30 album senza contare Ep e singoli. Il gruppo cambia formazione diverse volte, ma con ognuna di esse tocca picchi qualitativi altissimi. A capo di questa nave sempre lo stesso possente e fiero comandante: Federico Fiumani (non ne fanno più musicisti così!). Dopo 30 anni, sul palco dell’Angelo Mai, sembra di vedere/ascoltare lo stesso ragazzino cupo e affascinante che si scorge nei vecchi video su youTube. Il tempo sembra quasi fermo, un parterre gremito e lui che è front-man nell’animo, non ha bisogno del centro del palco per emergere. È al lato, con la sua chitarra che sembra la spada di un condottiero e come Lancillotto ti ruba l’anima con versi strazianti e note piacevolmente stridenti.
Apre con “Diamante Grezzo”, c’è apnea.
Odore di fumo e birra e tutto sembra magico come un concerto old style, senza fighettini impomatati e senza “farisei dell’indie rock” (tanto per citare un altro musico-poeta dei nostri tempi).
Ecco “Labbra Blu”. Si apre la ferita. Il suo sangue e il suo colore sono bellissimi.
Il live è un susseguirsi di versi, abbandoni, solitudine, freddo. Le note scorrono tra “Siberia”, “Gennaio”, “Caldo”, “Fiore non sentirti sola”, “Io sto con te (ma amo un’altra)”.
C’è il racconto di un’epoca, di una generazione, c’è un pezzo di storia e un pezzo di storia della musica.Il tutto racchiuso in quattro pareti che forse non sanno di essere una sorta di vaso di Pandora, perché contengono i mali, nel senso dei dolori, di un’anima. Un’anima che sa raccontarsi attraverso parole che sanno di pena, attraverso suoni e ritmi che ricordano il battito di un cuore, le morse allo stomaco , l’odore delle rose e i passi di un cane vagabondo.
E’ tutto cosi malinconico, lirico, catartico.
Fiumani sente la sua parte più viscerale, la tramuta in musica e la rende accessibile a noi più introversi e meno vogliosi di scoprirci. Un pugile-poeta, “col naso rotto”, gli occhi profondi e un’anima sensibile che ha tutto da raccontare.
Ninnoli con cui decorare le nostre pareti interiori, ecco quello che sono i pezzi dei Diaframma. Un quadro di Gericault nel quale affondi, ti immedesimi e percepisci l’ardore umano, la sopravvivenza, l’essere.
Non c’è sentimento più carnale e profondo della tristezza e forse nessuna musica sa raccontare tutto ciò con la stessa forza di quella di Fiumani. Una musica che diventa ricettacolo per noi che non siamo poeti, ma che sappiamo/vogliamo/dobbiamo crogiolarci tra quegli accordi per coprire le distanze, per raggiungere il fuoco vivo sotto la neve.
Ornella Stagno
Foto di Giacomo Citro
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