Skip to main content

Coelho, mio marito!

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentDopo giorni di accese e divertite conversazioni facebookiane, davvero non ho potuto resistere al richiamo di sangue (rimescolato per la stizza e l’orrore) alla notizia che la pagina facebook dello scrittore e poeta (?) brasiliano Paulo Coelho conta ben 5.860.417 fan.


Senza parole. Considero la letteratura una forma d’arte bizzarra, forse più di tante altre, perché credo fermamente nel potere della parola scritta e stento, ancora oggi, a comprendere come e perché il lettore medio riesca a fermarsi presso certi scaffali incurante di tanti altri.
E’ vero viviamo in una pseudo democrazia. E’ vero ognuno è libero di scegliere ciò che più, letterariamente parlando, gli aggrada. E’ vero, io sono estremamente critica e stento sul serio a comprendere il valore artistico di alcuni del panorama letterario mondiale. Ma, non mi arrendo all’antitesi dell’intelligenza.
Paulo Coelho, insignito nel 2007 anche del ruolo di nuovo messaggero della pace a fianco della principessa Paulo_Coelho_01giordana Haya, del maestro argentino-israeliano Daniel Barenboim e della violinista giapponese Midori Goto, mi lascia perplessa e non ci posso fare niente.

Premessa.
Ho letto tutti i suoi romanzi, perché, come dice qualcuno che mi conosce bene, sono decisamente malata di una forma di “autismo letterario” (con tutto il rispetto parlando per chi di questa seria e profondamente mutabile malattia è affetto) e considero talmente importante la conoscenza di un autore e della sua opera, che è fondamentale per me poter giudicare solo dopo una conoscenza profonda, “a tappeto”, della sua intera produzione.

Svolgimento.
Coelho mi ha colpito leggendo L’alchimista, perché ero giovane, facilmente influenzabile, decisamente alla ricerca di un quid speciale dell’esistenza che mi consolasse delle inquietudini e dei dolori che vivevo. Allora ho proseguito leggendo Undici minuti (salto temporale nella produzione dell’autore di circa 13 anni): ho pensato che non era male, che alcune considerazioni sull’universo femminile erano decisamente azzeccate e visto che Coelho è un uomo, questo lo rendeva a mio avviso altamente sensibile e perspicace.
Da lì mi sono imbarcata in una di quelle imprese degne di menzione (comunque): leggere tutta la sua produzione (chissà forse anch’io ero alla ricerca di un potenziale messia letterario). La fortuna vuole che nonostante l’autismo letterario di cui sopra, le mie potenzialità se messa in una libreria sono infinite e, soprattutto, coadiuvate da una forte curiosità e da una impellente necessità di capire, quindi le mie letture del pluriscrittore Coelho viaggiavano di pari passo con altri (e più grandi) maestri del settore.
Mi sono cibata con pazienza e determinazione: Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto (del 1994), Veronika decide di morire (1998), Il diavolo e la signorina Prym (2000), Lo Zahir (2005), poi ho fatto un balzo temporale all’indietro e sono tornata a Il cammino di Santiago (1986), Monte Cinque (1996), poi di nuovo in avanti con La strega di Portobello (2007) e Brida (2008). Non me ne vogliate, ma Il manuale del guerriero della Luce (celebre e provocatoria opera che si rifà agli insegnamenti del Tao di Lao- Tzu, al Talmud e alla Bibbia, senza tralasciare di attingere, secondo me, anche dalla filosofia nipponica), iniziato a più riprese non sono mai riuscita a finirlo, finché estenuata da questa perenne attesa sul comodino vicino al letto, non ho avuto pietà e l’ho regalato a quella che allora consideravo una cara amica in difficoltà.
Per fortuna che sono come sono e nel frattempo ho potuto leggere: il I ed il II volume del Tao di Lao- Tze di Osho (filosofo indiano), il Corano, l’Apocalisse di San Giovanni (avete presente la Bibbia?), La profezia di Celestino, La decima illuminazione (entrambi di James Redfield, autore che diede inizio alla corrente new age), la Bhagavad-Gita (il testo sacro indiano), ho consultato I Ching (arti &divinazioni varie), fatto un salto temporale e riletto Finzioni e L’Aleph di Jorge Luis Borges (prima edizione rispettivamente del 1944 e del 1949), salmodiato su Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino, riguardato a tempo perso i Pensieri di Pascal, ripianto su L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez, ringraziato Cecità e Il Vangelo secondo Gesù di Josè Saramago (pace all’anima sua) e, per non fare torto a nessuno, mi sono riguardata un attimo le Confessioni di Sant’Agostino.

1Conclusioni.
Il caro amico con cui è nata l’irridente conversazione che ha generato questo articolo, credo abbia abilmente riassunto la mia intera dissertazione così: “Se mai l’amico Coelho dovesse avere la brillante idea di scrivere un altro capolavoro posso suggerire l’incipit per una eventuale recensione?

«Quando si attiva il sensore di parcheggio dell’automobile, oppure in montagna quando ascolto lo sbattimento dei campanacci al collo delle mucche al pascolo, oppure ancora, quando parte il suono di spegnimento dei dispositivi elettronici, io penso a te, sì Paulo, penso a te e – seguendo i parallelismi di cui sopra – allo stesso fastidio che hai deciso di regalare al mondo in campo narrativo»”. Alla quale la risposta (non mia) è stata: “Pepe Carvalho di Manuel Vazquez Montalbàn bruciava i libri nel suo caminetto, la sera quando rincasava”. Ragazzi miei, quando si dice il dono della sintesi…

Eva Kent (evakent.74@gmail.com)

Eva Kent, letteratura, martelive, martemagazine, Paulo Coelho, Rubrica L'illetterata

Lascia un commento