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Thor, regia di K. Branagh

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Thor1Qui siamo eretti come un faro di speranza che illumina oltre le stelle e, nonostante siamo consegnati ai miti e alle leggende degli uomini, è stata Asgard con i suoi guerrieri a portare la pace nell’universo”.

Un potentissimo martello, giganti di ghiaccio e statue dorate: Asgard è uno dei nove regni del cosmo, congiunto dai rami di Yggrasill, il “frassino” albero del mondo. Il suo sovrano, il padre degli Dei Odino (Anthony Hopkins), ha da sempre combattuto per salvaguardare la pace dell’universo ed ha stipulato da tempo un patto con i giganti di ghiaccio ed il loro Re Laufey (Colm Feore) del regno di Jotunheim. Tuttavia a seguito di un incursione da parte di quest’ultimi, il figlio di Odino Thor (Chris Hemsworth), dimostrerà come la sua arroganza e sfrontatezza abbiano messo in pericolo l’intero regno di Asgard, portandolo inevitabilmente sull’orlo di una nuova guerra. Nel constatare l’atteggiamento disonorevole del figlio, Odino deciderà di bandirlo perThor2 sempre sul regno di Miðgarðr (la terra), spogliandolo di tutti i suoi poteri. Thor si ritroverà così a dover vivere un’esistenza da semplice umano, attendendo il tempo in cui sarà finalmente degno di impugnare il martello mjolnir.
La mitologia norrena si era fusa letteralmente con lo stile della Marvel Comics nel lontano 1962, con l’uscita del The Mighty Thor, frutto della fantasia di Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni), spopolando in tutto il mondo e conservando il mito di un possente guerriero biondo dagli incredibili poteri.
Dopo lunghe trattative, passaggi di regia ed anni di attesa, finalmente viene portata sul grande schermo la leggenda del Dio del tuono e del fulmine, diretta dall’improbabile “shakespearianoKenneth Branagh (Hamlet, Frankenstein, Riccardo III- Un uomo, un Re). Immaginarsi quindi un’opera cinematografica “fumettistica” diretta da un regista come Branagh, non è stato facile ed anzi, in alcuni momenti, ha anche portato innumerevoli speranze sulla possibile qualità della pellicola.

Di fatti i temi principali ci sono tutti: epicità, tradimento, un amore impossibile ed una guerra che divide figli e fratelli. Esteticamente, come scintillante confezione, Thor si impadronisce della nostra benevolenza con pochi giochi di prestigio, facendosi manforte attraverso degli ottimi effetti speciali ed una scenografia splendida, sognante e ben elaborata del regno di Asgard.
Thor3I costumi forse troppo pacchiani non lasciano tuttavia una scia di amarezza, nei personaggi che al contrario si presentano imponenti e carismatici, con l’esempio lampante dell”Odino di Hopkins che non ricade quasi mai nello squallore, ma anzi diventa l’incarnazione perfetta della saggezza  e del potere che solo un Dio può sprigionare (provate a pensare a Liam Neeson e Ralph Fiennes in “Clash of Titans”).
Perfino il protagonista Hemsworth, attraverso la sua presenza scenica, riesce ad essere un Thor convincente, senza macchia ne lode, ma rappresentando esattamente quello che ci si aspettava di vedere, come lo poteva essere un Brad Pitt nei panni di Achille in Troy del 2004.

Quello che intavola Thor, quindi, è un doppio gioco che si destreggia tra le varie fasce d’età degli spettatori: ci sono citazioni invitanti, ampie strizzate d’occhio ad Iron Man ed Hulk, anticipate promozioni nei confronti del film The Avengers (di prossima uscita nel 2012) ed una lunga lista di scenette comiche che dovrebbero fare ridere in sala.
L’unico errore da imputare a Branagh è vedere la sua impronta registica solo nella prima parte del film, quello che concerne maggiormente il suo genere, nel raccontare la mitologia, la guerra e l’attimo più pungente di disapprovazione e rinnegamento da parte di un padre verso il figlio egocentrico; il suo interesse che quasi si è dispero nella parte centrale del film, come un buco nero impossibile da colmare.

Qui viene in gioco la sceneggiatura povera e frettolosa, che ci porta a saltellare a destra e sinistra Thor4tra un”amore davvero poco complice, fiorito senza una base profonda e il cambiamento di un Dio destinato a divenire un eroe, analizzato semplicemente in una notte di fronte ad un diario.
Le figure di Natalie Portman (l’ex infermiera nel fumetto, e rinnovata astrofisica nel film), Stellan Skarsgar (professore Eric Selvig) e perfino una splendida Rene Russo( Frigga), sono rilegate come semplici fantocci privi di reale spessore, lasciando invece più ampio respiro al gruppo di amici-guerrieri di Thor (più macchiette che altro, a livelli di imbarazzante utilità nella vicenda) e al fratello-nemico Loki (Tom Hiddleston), decisamente più interessante da analizzare.
Ma se i cari amici di Thor battono sempre in ritirata e Loki alla fine ci fa avvertire la tanto agognata (inaspettatissima) sensazione di sequel, lo S.H.I.E.L.D. è sempre dietro l’angolo e ci fa sentire un po’ come a casa dal caro Iron Man e quindi sempre un po’ in famiglia (grazie Samuel L. Jackson, N.d.R.).

In definitiva con i pro e i contro che si possono affrontare in pellicole di questo genere, è proprio la grande famiglia chiamata Marvel che, alla fine di ogni suo prodotto, è riuscita ad appassionarci e a farci esaltare come dei bambini spensierati: vorreste mai fare a meno dei vostri eroi?

Alessia Grasso

Alessia Grasso, cinema, Kenneth Branagh, martelive, martemagazine, Recensioni, Thor

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