The Dodos_ No color
Della serie chi salverà gli uomini? Quelle “bestie” degli animali sicuramente. Dalla bassa California col petto gonfio d’orgoglio per aver infilato un successo dietro l’altro, il duo dei The Dodos invitano Neko Case e danno in pasto al pubblico il loro quarto figlio sonoro, un reiterato di pycho-folk che fluidifica minuti di benessere uditivo e stira le membra come una molla.
Il duo californiano – lontanissima (nota di colore) evoluzione animalista/rock dei Raphus Cucullatus – ora tradotti in tempi di recupero e tutela del rock col nome di The Dodos (Logan Kroeber & Meric Long) con No Color fanno quattro tacche sul misuratore manuale della loro discografia, e nonostante non facciano mistero di adoperare ancora – senza la minima variazione – quei dosaggi stilistici ariosi, epici, di gran volumetria in cui innestano trip lisergici e melodie allucinogene, riescono sempre a farsi ammirare come un fornaio che con poca acqua e farina tira fuori un pane di lusso.
E come a sottolineare il brivido che provano per essere ancora qui, nei focus critici usano una ritmica molto presente, rinforzano il divertirsi degli arrangiamenti e tengono sempre in caldo quel dolce pendulum effervescente folk che fa metronomo tra i Fleet Foxes e una stupenda tossicità acida, ampiamente acida da magnetizzare qualsiasi senso contrario; non a caso che nel disco faccia toc toc Neko Case, in modo che tutto vada a contrastare, suoni, voci, mire e soluzioni a favore di una melodia totale dai cento bagliori cromatici e poi che folk-pop sia.
L’essere ruffiani o peggio ancora leggermente stancanti sono cose che i The Dodos non conoscono, il loro infante che cova dentro li porta ad essere cosa volatile e senza peso, non ricercano groove per stendere chissà cosa, non immolano muri di suono per dilatare il loro io, suonano “suonati” e basta, regalando quella stesura di piacere come un’epifania illimitata; una minuta sinfonia in dieci atti che prima s’incendia di elettrico tranquillo e di tamburi battuti “Good”, “ Black night”, “Don’t stomp”, “When will you go” e “Hunting season” poi, come un far pace all’improvviso col mondo circostante si acquieta nella tristezza intima “Going under” fino a chiudere gli occhi e sognare di rincorrere i prati arpeggiati di licheni e muschi ancient folk nell’approdo di “Companions”.
Un disco che funziona come un elemento catalizzatore che trasmette una grande sintonia, lontano dalle ambizioni dei piani sequenza, che non obbliga a partecipare ad una concentrazione, basta inserirlo dalla parte dell’entusiasmo, il resto lo fa tutto da solo, aggancia, ritaglia e ti porge quel dettaglio di “straniante mezz’aria” del quale avevi perso traccia da tempo inconfessabile. Animalmente testato sugli uomini!
TRACKLIST:
Black night
Going under
Good
Sleep
Don’t try and hite it
When will you go
Hunting season
Companions
Don’t stop
Max Sannella
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