Meglio vivere: Tonino Carotone
Una volta Tonino Carotone, il maestro dell’ora brava, dava la colpa all’amore per le difficoltà della vita, quando l’abbiamo incontrato noi, qualche ora prima del concerto all’Alpheus del 17 maggio scorso, la colpa la dava alla pajata della sera prima.
Ma poi riesco a fargli confessare che oltre al piatto romanesco a creare disordini al suo stomaco sono anche i litri e litri di alcolici consumati tra Madrid e San Lorenzo dove, rispettivamente il giorno e la sera prima, “tra musica flamenca e altre robe abbiamo finito un po’ tardi, è sempre così!”. E già, è sempre così, infatti Antonio de La Cuesta è anche il maestro del saper vivere con tranquillità: ti mette addosso una sorta di relax primordiale per cui è impossibile non sederti tranquillamente a bere qualcosa con lui e chiacchierare di tutto. Gli si illuminano gli occhi quando parla di feste, vita notturna e di quei musicisti che sanno vivere come lui, vivendo il momento senza fretta tra calma e divertimento. Si ferma e ci riflette con quel suo sorriso malizioso. E nonostante il rincoglionimento da sbornia del giorno dopo non si comincia l’intervista senza una bottiglia di whisky.
Tonino, mentre sorseggi il tuo whisky ci fai una metafora per la tua musica?
Una metafora? Meglio vivere che perdere la vita!
(Ma non è una metafora…vabbè…) Nel tuo ultimo album, Ciao Mortali, hai collaborato con la Bandabardò, i Gogol Bordello e Manu Chao. Con Manu suoni già da tanto tempo, ma ci parli un po’ di come sono nate le altre collaborazioni?
Con la Bandabardò siamo amici da tanto tempo e abbiamo suonato in tanti festival. Prima avevo collaborato io con loro, nel loro ultimo disco, nella cover del brano di Dalida, “Bambino” (Guaglione). Avevamo questo progetto in testa da un bel po’ ed abbiamo sempre collaborato tenendo questa coincidenza per strada, così ho creduto che fosse arrivato il momento giusto. Poi è normale Finez è un chitarrista bravissimo e sapeva che poteva mettere la sua chitarra nelle mie canzoni, anche Enrico, ovviamente, e gli altri della banda sono bravi, è gente così affine, umana e lavoriamo bene. E posso dire lo stesso anche dei Gogol Bordello. Abbiamo vissuto tante robe, abbiamo fatto festa…
Ma con chi ti sei trovato meglio? A noi puoi dirlo tanto non lo diciamo a nessuno…
No, con tutti! Eugene (Gogol Bordello) ha un suo modo di essere e anche il resto della banda ha una sua personalità, sono tutti bravissimi, e anche umani… Umani e festivi! Gli piace tanto la festa e dopo i concerti finiamo sempre a cantare per ore. Gli ho fatto questa proposta e alla fine è andata benissimo: Eugene ha scritto 4, 5 o 6 fogli di riflessioni per questa canzone che si chiama “Atapuerca”, che parla di questo giacimento preistorico in Spagna, allargando queste riflessioni a tempi remoti. E insomma alla fine è stata una bella collaborazione, sono contento. Potevo avere come collaboratori tantissima gente ma penso che queste siano state le persone giuste. Come poi anche con Manu con cui collaboriamo continuamente…
Dal punk degli anni ’80 con i Cagando Duro, passando per i Tijuana in Blue e per i Kojon Prieto y Los Huajolotes… Cosa ti porti dietro di realtà musicali così diverse dalla musica che fai oggi?
E’ musica festiva, è ribelle. I Kojon Prieto y Los Huajolotes era una banda di mariatchi e musica messicana dai testi forti, divertenti e ribelli. Eravamo sempre ubriachi, drogati e si era sempre un po’ al limite, era divertente. Si può imparare da tutto e quindi penso che sia sempre una vittoria. Ora faccio me stesso, faccio la mia musica con l’esperienza “di tutto di più” che ho vissuto in questo lungo tempo. Però diciamo che l’ispirazione più o meno è sempre la stessa, un’ispirazione notturna: la maggioranza dei miei testi, delle riflessioni e delle poesie viene tutto da là.
Tutte le tue biografie ci parlano di queste fantomatiche guide spirituali (Renato Carosone e Fred Buscaglione), ma non ti sei rotto un po’ le scatole di sentirti dire sempre che tu vuo’ fa l’italiano?
Beh sì, però diciamo che ho tantissimo rispetto per questi due grandissimi maestri. Però ho altre referenze musicali, The Clash, Ramones, Rolling Stons… Di tutto! Per questo non ho pregiudizi musicali e penso che una cosa non è contraria all’altra. La musica è musica e dobbiamo approfittare di ogni cosa che ci dà. Serve tutto!
Quindi scopri modi di fare musica più guardando indietro che non avanti. Sei un nostalgico o un pessimista del presente?
No no, penso che sono più nostalgico, anche se non sono nemmeno troppo ottimista. Sono una persona che vive soprattutto il momento, ma credo che oggi abbiamo più possibilità di scoprire quello che si faceva prima rispetto a quello che si fa al momento. Con Internet adesso la musica è infinita, puoi scoprire tanta musica antica, di prima. Però è tutto così momentaneo, tanta di questa musica la scopro solo ora, sai, non esiste qualcosa finché non la senti o la vedi. In questo senso non abbiamo tempo, ci vogliono cinque vite per sentire tutto quello che si fa, è impossibile davvero, non c’è il tempo di sentire tutto.
A proposito di internet, secondo te è i giovani musicisti oggi sono penalizzati da questo mezzo o sono aiutati?
Da una parte è un casino perché internet ha segnato la fine per i negozi di dischi. Penso che si deve ancora cercare un’armonia e una soluzione in questo senso. Abbiamo perso tutti i diritti, tantissimi soldi…
Però d’altra parte è meraviglioso che tu fai qui una canzone e dall’altra parte del mondo ti possono sentire. E questo per me è fantastico. Mi piace tanto quando, per esempio, vado in Russia, a Venezia, in Cile o in Argentina e la gente conosce tutte le tue canzoni, è meraviglioso! In questo senso penso che è positivo ed è una fortuna per l’artista, che ha la possibilità di essere scoperto dall’altra parte del mondo. Ora dobbiamo guardare alla musica in un altro modo: non è come prima che potevamo vivere vendendo dischi, adesso ci si ritrova a dover vivere di più con la musica dal vivo, ma anche lì ci sono problemi con i locali, poi con la crisi e tutto il resto non è facile, non ci sono nemmeno tanti soldi per la cultura, non ci sono sufficienti investimenti. Però come ti ho detto, è strano, allo stesso tempo è un’ottima cosa.
La tua musica si caratterizza per una commistione di suoni e generi che qualcuno chiama patchanka.
Io la chiamo anche musica mediterranea.
Ma non ti sembra strano che siamo così ben disposti ad accettare la multiculturalità musicale ma poi nella realtà, quella tra le persone, è quasi impossibile?
No, io non ho pregiudizi per la musica, mi piace approfittare di tutto e abito in un quartiere che si chiama Lavapiés dove posso stare tanto tempo senza sentire il mio idioma: vado per strada e sento l’africano, l’arabo, il cinese, l’indiano.. Anche a Barcellona, che è il centro nevralgico del lavoro multiculturale, l’integrazione culturale e sociale per chi viene da fuori non è facile, ma dobbiamo essere soprattutto noi a rendere la vita più facile ai figli degli emigranti.
Non vorrei rivangare il tuo anno di carcere per il testo di “Insumision”, ma tanti casi in Spagna, tra cui anche quello dei Negu Gorriak (accusati di diffamazione nei confronti dell’organizzatore del GAL) ci fanno pensare che c’è molta attenzione alla musica. Anche se si tratta di un’attenzione pericolosa.
Diciamo che in Italia quando è finita la guerra hanno perso i fascisti, in Spagna hanno vinto i fascisti. Siamo stati 30 anni sotto il fascismo di Franco e ancora soprattutto in Catalunya, nei Paesi Baschi, si prova a fare qualcosa e a governare democraticamente nonostante determinati diritti non ci sono. Abbiamo una repubblica ma anche un Re, una sovranità reale, monarchica, e c’è ancora qualcosa che è vietato… e quando c’è qualcosa di nazionalista che non piace al centralismo di Madrid si dice sempre è terrorismo.
Però se i governanti ascoltano e leggono i testi magari la musica può assumere anche un certo potere politico?
Si, però mancano comunque diritti democratici uguali per tutti. Eh, non è facile. C’è una lotta armata che adesso sta cercando una via democratica, ma alla fine tutti questi tentativi si relazionano a pensieri nazionalisti, vengono collegati al terrorismo e penalizzati anche con il carcere. Non c’è ancora una vera libertà di espressione e una libertà politica reale, anche semplicemente per parlare e per fare una democrazia vera.
Cosa ci dobbiamo aspettare da Tonino Carotone?
Adesso sto scrivendo tante cose. Penso di fare un altro libro con Federico Traversa. La seconda parte o proprio un altro libro…
Dopo “Il Maestro dell’Ora Brava”, il seguito: il maestro quando si sveglia con la sbornia del giorno dopo?
Seeee, no no! (ride N.d.R.). E da un po’ di tempo che abbiamo scritto “Il Maestro dell’Ora Brava” (2006) e quest’estate spero di portare Federico in Spagna per fare qualche giro e parlare di tante cose.
E quindi di cosa pensi che parlerà il nuovo libro?
Voglio esprimere queste riflessioni interiori, notturne, le avventure e un po’ di tutto. Vedremo che verrà fuori vivendo il momento con Federico. Vedremo, vivendo al momento c’è sempre tanta roba da dire e da stampare.
E la musica?
Prossimamente mi metterò di nuovo in studio a registrare. Nel frattempo continuo a fare tante collaborazioni: ho cominciato a suonare anche con una banda spagnola, è molto difficile portare quella italiana in Spagna perché non arrivano i soldi per portare tutti. In Argentina ho un’altra banda, in Cile ne ho un’altra. E quindi andiamo sempre avanti! Non sono uno di quelli che fa la musica in serie come si fanno le macchine al lingotto. Viene tutto naturale.
Ci fermiamo ancora un po’ a chiacchierare di cucina e politica spagnola, dei gruppi sparsi nel mondo, del sigaro cubano che si sta gustando, e non può evitare di stare fermo mentre sul palco affianco i suoi musicisti provano i suoi brani. Mentre vado via sul palco la bella Piluka Aranguren, la sua corista, intona “Parole parole parole”. Beh, sì, queste sono state solo parole, “la fiesta, dopo una bella siesta, arriverà a mezzanotte e tre”, dice Tonino.
Emiliana Pistillo
Foto di Paola Zuccalà, Fabio Ventrone, Daniele Romaniello, Daniele Rotondo
Emiliana Pistillo, Intervista, martelive 2011, martemagazine, musica, Tonino Carotone