Il fado di Mafalda Arnauth
Mafalda Arnauth è arrivata a Roma per presentare il suo settimo e ultimo lavoro, Fadas, disco dedicato alle grandi voci femminili fadiste arrivato nei negozi l’11 aprile. Mafalda è restata in Italia anche per tre concerti e, rispondendo alle richieste del pubblico, ha dichiarato che presto tornerà con nuove date live tra cui sicuramente una nella Capitale. Sentiamo la sua musica e le sue emozioni raccontate da lei…
Come ti sei avvicinata al fado?
Il fado mi ha catturato! Arrivata all’università fui obbligata a scegliere un’attività e mi dissero che avrei dovuto cantare il fado. Io non lo conoscevo, così tornando a casa comprai una cassetta di Amália Rodrigues, l’ho ascoltata e la mia vita è cambiata! Prima non studiavo canto, però ero parte del coro della chiesa e il fado era un lontano riferimento, però quando iniziai ad ascoltare le canzoni del disco che avevo comprato qualcosa dentro di me si trasformò e in sei mesi la mia vita cambiò molto: iniziai ad andare nelle case del fado, a conoscere gente in questo mondo musicale e pur essendo tutto una sorpresa, perché era tutto sconosciuto, era qualcosa che sentivo nella mia pelle.
Come sono nati i brani contenuti in Fadas?
Non ho un metodo abituale, non aspetto solo l’ispirazione. Scrivo guardando quello che ho intorno ed è come se le cose cominciassero a parlare con me. Se c’è qualcosa su cui voglio cantare più di altre o un pezzo con un arrangiamento migliore allora lo inserisco nel disco. Anche quando scrivo posso stare a casa mesi e scrivere due canzoni, così come può darsi che un giorno sono in auto e registro qualcosa che in mezz’ora è fatto!
Come si colloca questo disco nella tua discografia?
Questo disco è per me importante aggiungerlo a tutti i miei precedenti perché la mia discografia è come un puzzle: sono tutti tasselli che ricompongono l’immagine finale. Fadas è un disco che si rifà molto alla tradizione portoghese, ma allo stesso tempo contemporaneo per questo accanto a Flor De Fado che è più intimo, più personale e insieme sembrano quasi contrapporsi. Ci è stato un grande cambiamento rispetto ai dischi precedenti. Mi piace fare cose nuove, sperimentare, per me è importante reinventarmi, altrimenti farei sempre qualcosa di tradizionale e mi annoierei. L’anno scorso ho fatto un progetto con altre tre cantanti portoghesi che si avvicinava di più al pop, ed è stranissimo cercare dentro di te un altro interprete ma allo stesso tempo quando ritorno a fare il mio disco lo porto con me nel fado. Adesso è come se fossi un’anima più fadista, ma uno strumento più mondiale.
L’ultima traccia è un omaggio a Astor Piazzolla, da cosa deriva questa scelta?
Piazzolla per me è un punto di riferimento nella musica mondiale e io credo che questa canzone , “Invierno Porteño”, con testo di Elàdia Blazquez, sia fado. Il mio modo di sentire il classico, che ho cercato di seguire in questo disco, andrà sempre a scoprire in un altro universo un fado accidentale!
Quanto credi sia importante per le nuove generazioni conoscere le tradizioni e la storia del proprio paese tra cui il fado?
È sempre importante, ma in particolare nel fado perché c’è una carica emozionale molto forte e per i giovani scoprire una forma in cui esprimere le proprie emozioni in questi tempi che stiamo attraversando, è importantissimo. La gente è chiusa, distante, per cui trovare qualcosa che fa piangere e ridere per me è fondamentale. Ho sentito una responsabilità nei confronti dei giovani.
Qual è la differenza tra il pubblico portoghese e quello di altri paesi come l’Italia?
In Portogallo c’è una conoscenza pregressa con cui ti confronti, mentre nel resto del mondo quando una canzone piace non fanno paragoni. Allo stesso tempo, però, è come cantare a casa con la mamma e il papà mentre quando vado fuori per me è molto importante conoscere gente nuova.
C’è un brano a cui ti senti particolarmente legata?
No, ci sono dei giorni in cui ne preferisco uno, altri in cui ne preferisco un altro: rispetto molto la sensazione che ho ogni giorno. Mi piace molto la canzone di Piazzola, ma non saprei sceglierne una a cui sono più legata.
Senti forte il legame con Piazzolla e con altri tipi di influenze che confluiscono nella tua musica?
Sì, per me sono molto importanti le influenze che ho ricevuto dal mondo. Sono nata dopo la rivoluzione del ’74 e a vent’anni ero aperta alle influenze del mondo: musica brasiliana, francese, sudamericana, tango…le ho sempre sentite anche più del fado a cui mi sono avvicinata a 18 anni mentre alla musica brasiliana mi sono avvicinata con mio fratello a 14 anni. Adesso non è possibile dire dove comincia il fado nelle mie canzoni e dove termina, dove sono presenti altri tipi di musica. Questo è un esempio di qualcosa che mi appassiona e mi ispira moltissimo.
Progetti per il futuro?
Vorrei continua a fare questa canzone così emozionale, ma l’importante è il contatto con la gente. Non immagino di fare le cose per milioni di gente, preferisco comunque un dimensione più intima e incontrare le persone. Quest’anno mi piacerebbe fare un viaggio e poi cominciare a preparare un disco, non so se farò in tempo ad organizzare la partecipazione di altri cantanti e musicisti: già ora ho dodici canzoni differenti con Kepa Junkera, Suna Rocha. Insomma penso sia arrivato il momento di fare un disco insieme ad altri artisti con canzoni che credo saranno bellissime!
Giuditta Danzi
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