Verrai a trovarmi d’inverno?
[L’ILLETTERATA]
Dell’assenza e della perdita. Dell’amore a tutto tondo. Della felicità e del dolore. Della ricerca e della scoperta. Cristiana Alicata con il suo Verrai a trovarmi d’inverno della Hacca Edizioni è davvero un piccolo gioiello.
Semplice, diretto, esemplare, restituisce onore e merito al senso del raccontare e lo fa in modo lineare, completo, accattivante, pur navigando nelle acque scure del dolore, della conoscenza e dell’accettazione di sé.
Una storia di sentimenti delicatissimi e fragili, di normalità di confine tutte da conquistare, di nomi da restituire alle cose e agli eventi, di persone, di arrivi e di partenze.
Una famiglia esemplare costruita sulle rovine di due famiglie impossibili: due uomini e i loro figli bambini, che crescono, come due fratelli pur non essendo tali, amici ma non amici, in un bisogno d’amore che circola a briglia sciolta in ogni parola, in ogni accadimento, in ogni momento. A ricordare che l’amore possibile non è quello che ci viene comunemente indicato dalla morale, ma quello che nasce dettato dal cuore, dai sentimenti veri che circolano indisturbati nell’anima.
Elena e Mattia, nella tranquilla scansione dei giorni di un ristorante che apparecchia ogni sera, crescono, figli di soli padri (Aldo e Giovanni) che sono anche madre, eppure la loro famiglia, un così complicato assemblaggio di orfanità, è una meravigliosa famiglia capace di dare casa a ciascuno. Mentre il tempo avanza e incalza come una marea, mescolando passato e presente, oscurando il futuro, tra foto in bianco e nero, rivelazioni negate e affascinanti racconti di storia vera, quella vissuta tra il ’68 e gli anni di piombo di un’Italia confusa in un’epoca che diventa sempre più incerta.
Il pretesto è un incidente in moto della protagonista, Elena. Sullo sfondo la fuga in un’isola tinta di nero e azzurro, Pantelleria, da cui Elena racconterà come e perché un’ossessione l’ha fatta crescere, cambiare, forse invecchiare, in quello che è un viaggio che ciascuno nella propria vita ha fatto o prima o poi farà, andando alla ricerca di quella malattia dell’anima che fa ammalare e che deve essere guarita. Tutto il mondo dei personaggi che circolano intorno a lei e alla sua vita (la transessuale Liz, la lesbica Gina, l’isolano Giuseppe, l’amore negato di Viola, il rapporto ambiguo con Mattia) rappresentano una tenera “commedia umana”: custodiscono segreti, intrecciano rapporti, ritornano dal passato per chiedere ciò che non gli spetta più, e diventano elementi imprescindibili per addentrarsi nella vicenda, nell’anima viva del racconto che diviene storia comune di abbandoni, di amori dilanianti che non sanno comprendere l’essenza che ci si porta dentro.
E poco importa se l’amore è quello canonico tra uomo e donna, o quello tra padri e figli o quello tra donna e donna e uomo e uomo: questo non rappresenta in alcun modo il quid della storia, al massimo ne è un completamento, un dettaglio in più, ciò che conta nella story è l’evoluzione personale, la presa di coscienza di sé, dei propri limiti, del confine labile che si presenta come un baratro quando occorre nominare qualcosa affinché questo possa finalmente esistere e vivere.
Cristiana Alicata parla con voce delicata e con capacità e competenza di cose difficili da comprendere, da gestire, e lo fa con freschezza, con semplicità, arrivando a mettere a nudo il nocciolo del problema. Da un punto di vista al di fuori del comune sentire, la Alicata sdogana una realtà fatta di affetti poco consoni ed incredibilmente “normali”, raccontando vicende in cui tutti, etero e no, possono arrivare a riconoscersi, abbattendo così l’ostile e stupido muro dell’intolleranza. Dice: “Dobbiamo essere una famiglia dove essere “simili”, dove completare il senso ultimo dell’appartenenza, dove essersi solidali, dove accogliersi dopo il viaggio della rinascita”. E’ questo il vero senso di questo romanzo: non un esercizio di stile, ma un esercizio di vita.
Cristiana Alicata, Verrai a trovarmi d’inverno, Hacca Edizioni, pag. 285, € 14
Eva Kent (evakent.74@gmail.com)
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