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Il cigno nero, regia di D. Aronofski

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locandina_italiana_il_cigno_neroCINEMA- Presentato come film d’inaugurazione alla 67ma Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, tra gli spettatori in sala c’era anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che l’ha definito “bello tosto”, Il cigno Nero, frutto di sette anni di gestazione, è un film che è stato capito col tempo.

È la seconda pellicola con cui il regista Darren Aronofski partecipa a Venezia riflettendo sulla trasformazione del corpo, sulle perfomance, prima con The Wrestler, Leone d’Oro nel 2008, ed ora con un lungometraggio sul mondo della danza, due universi paralleli e opposti.
Il cigno nero è un thriller psicologico che mostra quanto una ballerina per ambizione, insicurezza, manie di perfezione possa arrivare a perdere non solo la sua vera identità, ma anche la lucidità. È la descrizione di un percorso professionale ed interiore che porta alla confusione, ad una forma di schizofrenia che non fa distinguere più la realtà dall’immaginazione. Molte sono le scene che fanno pensare cosa sia accaduto veramente e cosa, invece, sia solo una proiezione mentale della protagonista, lasciando lo spettatore privo di sicurezze. È vero che ad ogni artista attrice, ballerina, cantante che sia, è richiesto di entrare nel personaggio per offrire un’interpretazione più naturale possibile, ma questo non può portare ad una totale metamorfosi. C’è un limite necessario che divide l’arte dalla vita, ma la protagonista Nina (Natalie Portman) sembra non riconoscerlo. Entusiasta di aver ricevuto la parte sia del cigno bianco che di quello nero per una rivisitazione del celebre balletto di Čaikovskij Il Lago dei cigni, dopo anni di sacrifici Nina cerca solo di dare il meglio di sè, impegnandosi e cercando di seguire gli “strani” consigli del direttore della prestigiosa compagnia, il New York City Ballet, Thomas Leroy (Vincent Cassel). Ma la nuova étoile è stata scelta grazie ai provini per subentrare al posto della prima ballerina Beth (Winona Rider) che non accetta di essere stata sostituita da una danzatrice inesperta, soprattutto nel balletto che aprirà la stagione. Nina possiede l’innocenza, la fragilità e la tecnica del cigno bianco, ma non l’erotismo, la passionale sensualità, e spudoratezza che è invece richiesta per la parte del cigno nero, una duplicità che dovrà trovare in se stessa, sottolineata anche nella scenografia dalla predominanza dei due colori primari.
Proprio questa ricerca la condurrà in un mondo visionario, fatto di paure, manie, perversioni, ossessioni, gelosie, invidie nei confronti dell’intraprendente e disinibita collega Lilly (Myla Kunis), molto più conforme di lei alla parte del cigno nero in corsa per il ruolo.

In questo film il balletto non è un solo una forma d’arte, un lavoro, una passione, ma una modo di stare al mondo, di vivere, di vedere le cose. Si vive tutto in funzione della danza, un universo chiuso e rigido che non concede giustificazioni. Nina arriverà a farsi del male diventando bulimica, provocandosi delle ferite, vittima anche di una madre ex-ballerina non affermata, soffocante e ambiziosa che non vuole farla crescere. Il suo debutto come etoile sarà un successo, ma di un balletto catartico.
È stato un lavoro duro anche per Natalie Portman che ha seguito una rigida preparazione fisica durata un anno, la maggior parte delle coreografie sono ballate senza controfigure, e un profondo scavo psicologico, per la prima volta interprete di una scena lesbo ad alta intensità sessuale. L’attrice israeliana ha, infatti, ricevuto per la sua interpretazione una serie di considerevoli riconoscimenti: un Golden Globe come migliore attrice drammatica, un Screen Actors Guild Award per la migliore attrice cinematografica, invece come miglior attrice protagonista ha ottenuto sia il British Academy Film Award che un Oscar, il suo primo. Il film però era candidato anche in altre importanti categorie come miglior film, regia, montaggio e fotografia, vinte in altri premi come gli  Independent Spirit Awards. Myla Kunis invece si è aggiudicata il Premio Marcello Mastroianni. Insomma un film molto riconosciuto dalla critica, ma forse poco comprensibile al grande pubblico.

Alessandra Pepe

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