REPORT LIVE- Il principe dei clown al Teatro Vittoria
ROMA – Nella locandina del suo spettacolo Il Clown dei clown, in scena al Teatro Vittoria dall’8 al 27 febbraio, il veronese David Larible viene presentato come il più grande clown del mondo e il più applaudito degli ultimi tempi. Sembra infatti che quando si esibisce in teatri come il Madison Square Garden di New York faccia registrare il tutto esaurito, con oltre 120.000 spettatori.
Del resto Larible rappresenta la settima generazione di una famiglia di tradizione circense ed è in pista sin da giovanissimo, esibendosi nelle discipline più diverse, ottenendo in questo senso -se ci passate l’espressione- una formazione “enciclopedica” (è stato applaudito negli anni in numerose capitali europee e americane al culmine di una carriera coronata da riconoscimenti come il Clown d’Argento nel 1988 e quello d’Oro nel 1999). Non è dunque da stupirsi se l’esibizione dell’artista ne Il Clown dei clown colpisce per la grande professionalità dell’artista e la sua disinvoltura nel diventare pagliaccio e allo stesso tempo nel mettere in gioco le sue esperienze di trapezista, pattinatore, giocoliere, ballerino, acrobata a cavallo e altre ancora che di certo hanno contribuito a dotarlo di quella struttura fisica massiccia e al contempo agile che egli comanda a piacimento e che gli permette di arricchire le sue creazioni comiche di un grande potenziale mimico.
Lo spettacolo è un insieme di diverse gag montate per ottenere un essenziale canovaccio teatrale: da semplice inserviente pasticcione, il protagonista diventa sotto gli occhi del pubblico un clown che sa incantare tutte le età con la dolcezza naif e la bravura tecnica che lo caratterizzano.
E’ così che il nostro clown, nei panni di un uomo delle pulizie del teatro, attingendo dal repertorio classico della clownerie apporta decisive innovazioni. Scarponi, un vestito grigio, un cappello che richiama al Monello di Chaplin, un trucco leggero e l’immancabile naso rosso, sono il suo biglietto da visita che fa del personaggio un classico clown, che attinge dal cinema, come dalla danza e dall’opera lirica. A tutto questo sono però alternati gag visuali e brani musicali eseguiti da Larible stesso che suona, passando dall’uno all’altro, cinque strumenti.
L’azione si sviluppa all’interno dell’opposizione con il catalano Gensi nei panni del clown bianco della tradizione, quello cioè un po’ snob, elegante e colto che contrasta con la figura dell’Augusto (Larible), essenzialmente buffo e squisitamente maldestro, ma che si rivela anche più poetico e molto capace.
Così David lascia il secchio e la scopa -con i quali entra in scena disturbando la perfetta esecuzione musicale del bianco- per vestire il naso da clown. Il suo trucco è fatto di un bianco e rosso appena accennati che vengono applicati sulle note della celebre aria “Vesti la giubba”, dall’opera Pagliacci di Leoncavallo. È la sua investitura profondamente simbolica che ci ricorda il malinconico destino del clown: ridi del duol che t’avvelena il cuor. Anche la scenografia ruota attorno al tavolo del trucco, che sembra a tutti gli effetti essere il detonatore della forza comica.
I due si alternano dimostrando straordinarie doti proprie degli artisti circensi e non solo, riuscendo a suonare i più disparati strumenti musicali o producendosi in numeri di giocoleria assolutamente originali, come quello eseguito con palline invisibili o semplici pezzi di stoffa che volteggiano nell’aria leggiadri, manovrati delicatamente dalle mani di David.
L’intero spettacolo raggiunge un altissimo livello di originalità fondendo l’arte del teatro, che attinge alla tradizione della commedia dell’arte italiana, con la clowneria pura, il mimo e la musica, tutto immancabilmente ravvivato dall’improvvisazione con il pubblico. Come ogni clown che si rispetti, infatti, Larible dà il meglio delle proprie capacità quando chiama gli spettatori sul palco, dando vita ad esempio alla rappresentazione di un’opera in playback o all’esecuzione di una squinternata sinfonia.
Delicatissimo è l’omaggio ad uno dei suoi grandi maestri, Charlie Chaplin, quando gioca con la luce di scena che, rimpicciolita, diventa una piccola luna da catturare con il secchio.
L’encore che regala rappresenta l’altra faccia del clown, quella malinconica: il brano “Quanto ti ho amato” di Roberto Benigni e Nicola Piovani, dedicata a chi non c’è più.
Un clown nasce e muore ognisera, afferma David Larible. Ma il sorriso che sa donare è un regalo eterno.
Lo spettacolo si presenta fluido e scorrevole, è una collezione coordinata dei migliori numeri -frutto di anni di esperienza- di Larible, in un susseguirsi di trovate dal carattere divertente, commovente e surreale. La “collezione di attimi” cui si riferisce Heinrich Böll (Le opinioni di un clown) di cui un clown vive e fa vivere, forse è da intendere così.
Dolce, poetico e stralunato, malinconico ed esilarante, Larible conquista il pubblico intimamente e realisticamente, plasmando la realtà quotidiana con estrema naturalezza e sfumandone il contorno serio, regalando così leggerezza al pubblico che a volte è chiamato a rispondere e coinvolto in prima persona, scelto dall’artista dalla platea.
E’ un bel ritratto quello di questo clown. Sembra sincero, tra Larible-uomo e la maschera che indossa, tra l’uomo e il personaggio protagonista della scena che rappresenta pur sempre il volto umano del perdente perpetuamente in lotta con l’esistenza.
Alice Salvagni & Francesca Paolini
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