Genea, Diario di una ragazza schifata
LIBRO- Io sono arte, così si presenta Genea, protagonista e alter ego della scrittrice delle sessantaquattro pagine edite dalla Coniglio Editore. Sei capitoli spezzati tra loro che si legano in un cammino arrabbiato di una ventenne silenziosa e astiosa, che non riesce ad amare quello che ha di vicino e cerca, in qualcosa o in qualcuno lontano, un sentimento di cui potersi riempire.
Roma la rinchiude in un call center, lei non riesce a resistervi che due giorni e scappa, ma neanche nelle serate trasgressive al Ritual può sentirsi a suo agio, tutto la disgusta o al massimo le è indifferente. Le si chiudono gli occhi in metropolitana durante i viaggi per attraversare la città, senza riuscire ad ingurgitare nulla di solido, si imbottisce di calmanti che non le permettono di concentrarsi su qualcosa che non sia il suo disgusto, mentre cerca di trovare uno stile che si avvicini a Klimt.
Assoluta protagonista del breve romanzo, Denise Genea è il caleidoscopio della sua realtà. Una “Giovane Holden” contemporanea che si muove per le strade della Capitale, conia e ruba linguaggi di strada, si immerge nei locali della città per vedere persone, che le dovrebbero somigliare e per cui non prova che un senso di nausea. La sua responsabile al lavoro le procura fastidio, sua madre le risulta molesta con le sue domande semplici e la sua stessa presenza, il suo ragazzo le procura insofferenza mentre la tocca, mentre la guarda, mentre le dice che la ama.
Distante da tutto e dai suoi amici, in bilico anche nella sessualità, in cerca della morbidezza femminea e della presenza piena e virile dell’uomo, chi le sta vicino la stanca e desidera chi non può avere.
A differenza dell’annoiata creatura di Salinger, questa ragazza avrà un suo epilogo, che è anche in questo caso l’ennesima dichiarazione di un disperato tentativo di non crescere e di rimanere in un limbo mentale e fisico, in una costante ricerca che è fine a se stessa e che si riesce solo a caratterizzare in un’avversione costante verso le persone di colore, o i giapponesi, i ragazzi che ci provano in discoteca, o gli amici delle amiche.
È proprio dura essere la migliore, così vorrebbe sentirsi la piccola e lattescente Genea, magra, smunta, la comparsa di se stessa, invece, consapevole che una volta ero pure colta, adesso sa che il lavoro che sarà costretta a fare le annienterà il cervello e la fantasia, che cerca di mantenere frequentando la scuola di fumetto, sarà bruciata dalla musica in discoteca e dall’ennesima pasticca di sonnifero che le serve per continuare a dormire.
Tanti paralleli con l’autrice del libro, Genea, appunto, anche lei classe 1983 che si definisce come una che disegna fumetti e litiga spesso e volentieri con chiunque.
Se questa prima sia storia è per forza di cose un richiamo alla rappresentazione di se stessa e di una generazione che cerca, grazie alla creatività, di sedare il ribrezzo della realtà, nel suo secondo romanzo, Barbie deve morire, edito nel 2007 dalla Newton & Compton, la protagonista diventa un’assassina di quello che, per lei, è la bellezza disgustosa del suo mondo.
Evoluzione normale per una “ragazza cattiva” che dalla ripugnanza per se stessa e per il suo mondo è costretta a compiere il passo successivo: distruggere quello che le ricorda quanto la vita le faccia schifo.
Genea, Diario di una ragazza schifata, Coniglio Editore, pag. 64, € 5
Rossana Calbi
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