Lo schiaccianoci
ROMA- Lo Schiaccianoci, celebre balletto con musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij, che le compose tra il 1891 e il 1892 su commissione del direttore del Teatro di Mosca su richiesta specifica dei regnanti russi, è uno di quei temi che, nel tempo, è stato ripreso più volte dal cinema, dal teatro e anche dallo sport.
La trama racconta di una vigilia di Natale in cui il sindaco indice una festa per i suoi amici e per i loro piccoli figli. Questi, in attesa dei regali e pieni di entusiasmo, danzano quando arriva il signor Drosselmeyer, un amico di famiglia, che porta regali a tutti i bambini, intrattenendoli con giochi di prestigio, nonostante all’inizio incuta paura ai bambini. Alla sua prediletta, Clara, regala uno schiaccianoci a forma di soldatino che Fritz, il fratello della bambina, rompe per dispetto.
Clara, stanca per le danze della serata, dopo che gli invitati si ritirano, si addormenta sul letto e inizia a sognare. È mezzanotte, e tutto intorno a lei inizia a crescere: la sala, l’albero di Natale, i giocattoli e soprattutto una miriade di topi che cercano di rubarle lo schiaccianoci. Clara tenta di cacciarli, quando lo Schiaccianoci si anima e partecipa alla battaglia con i soldatini di Fritz: alla fine, rimangono lui e il Re Topo, che lo mette in difficoltà. Clara, per salvare il suo Schiaccianoci, prende la sua ciabatta e la lancia addosso al Re Topo, distraendolo, lo Schiaccianoci lo colpisce uccidendolo. Ed ecco che lo Schiaccianoci si trasforma in un Principe, e Clara lo segue, entrando in una foresta innevata. I due giovani entrano nel Regno dei Dolci, dove al Palazzo li riceve la Fata Confetto, che si fa raccontare dallo Schiaccianoci tutte le sue avventure, e di come ha vinto la battaglia col Re Topo. Subito dopo, tutto il Palazzo si esibisce in una serie di danze che compongono il Divertissement più famoso e conosciuto delle musiche di Čajkovskij e che rendono famoso il balletto, culminando nel conosciutissimo “Valzer dei Fiori”.
Dopo, il Principe e la Fata Confetto si esibiscono in un Pas de deux, dove nelle variazioni si può riconoscere il suono della celesta, strumento usato da Čajkovskij per la variazione della Fata Confetto. Il balletto si conclude con un ultimo Valzer, e il sogno finisce: una volta svegliata, Clara ripensa al suo magico sogno abbracciando il suo Schiaccianoci.
Lo Schiaccianoci che in Italia ha debuttato nel 1938, è un balletto popolarissimo, spesso usato come una sorta di ‘strenna’ natalizia, che rappresenta una specie di fiaba gioiosa dedicata all’infanzia. In realtà, la trama va letta più nel senso di una sorta di “tragedia” dell’infanzia, dedicata al doloroso e traumatico atto del crescere, al difficoltoso abbandono del mondo dei giochi e delle sicurezze, per il passaggio verso le tortuosità dell’adolescenza.
Questa la nuova interpretazione che il Balletto di Roma propone nella mise en scène del celebre balletto all’Auditorium Conciliazione dal 3 al 6 gennaio 2011.
Incanta e un po’ stupisce la scelta di condire uno spettacolo così classico con elementi decisamente moderni che avvolgono la scena e la trasformano in una sorta di videogame, mentre sono assolutamente evidenti gli espedienti del thriller che coniugati con il linguaggio della danza contemporanea, fanno di questa versione de Lo Schiaccianoci uno specchio delle generazioni odierne, precocemente private dell’infanzia da un tipo informazione mediatica ossessiva che spettacolarizza le sofferenze ed il dolore, comprimendo in un universo astruso il concetto di realtà.
In questa nuova elaborazione drammaturgia di Riccardo Reim su coreografie di Mario Piazza, le situazioni e la psicologia dei personaggi sono decisamente ribaltate: seguendo le regole dei nuovi giochi tecnologici, il sogno della protagonista assume i toni dell’incubo e non sono tanto i giocattoli a prendere vita, quanto la stessa Clara (Azzurra Schena) a divenire una pedina del gioco. Lo Schiaccianoci diviene quasi un macabro alter ego di se stesso, in grado di uccidere Fritz (Bledi Bejleri) di trasformarsi in una inquietante Fata Confetto (Andrè De La Roche), mentre a Clara non rimane altro che la fiducia in se stessa per potersi salvare e intraprendere il cammino verso la crescita e la ricerca della felicità.
Una versione moderna che stravolge in qualche modo le attese degli spettatori, adulti e bambini, ma senza deludere mai, neanche per un secondo. Accantonate le punte, in un melting pot strutturale in cui la contemporanea si affaccia mescolandosi sapientemente con elementi classici, la scenografia ed i costumi (di Giuseppina Maurizi con l’aiuto di Emily Pelacani) assumono toni decisamente psichedelici e centrali che accompagnano la narrazione e la fanno evolvere alla contemporaneità senza estraniarsi dalla trama. Mentre ogni personaggio/ballerino che entra in scena diviene un elemento imprescindibile all’evoluzione psicologica della protagonista e drammaturgia della storia.
Passando di spavento in spavento, lo spettatore insieme a Clara, novella Alice, si desterà quando ormai l’incubo sembrerà essere senza più scampo: Clara ritroverà i suoi cari, ma vedendoli ormai con gli occhi diversi di chi comincia a comprendere che da quegli affetti bisognerà imparare a distaccarsi e a fare da soli, lo spettatore, ancora una volta, battendo le mani alla incalzante bravura di questi fini ballerini si ritroverà a riflettere sulla caducità della società contemporanea e sulla necessità di trovare una differente lettura alla parola progresso.
Edyth Cristofaro
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