Sara Udinesi: l’inganno dei miei asterischi
Spesso, l’inganno maggiore è quello che si nasconde nell’intervallo tra significato e significante.
Nel processo di decifrazione di un simbolo, molto spesso ci affidiamo completamente al contesto in cui ci troviamo, effettuando un vero e proprio salto nel buio comunicativo.
In genere è un balzo che riesce, e che porta la nostra interpretazione agli esiti sperati: il messaggio è arrivato forte e chiaro, resta solo da inviare a nostra volta un feedback positivo. Ma a volte, soprattutto se qualcuno decide di tenderci una trappola, può capitarci di atterrare su un’interpretazione errata, o del tutto di precipitare in un vero e proprio vortice comunicativo, in cui il significante assume contemporaneamente più e più significati.
Ed è proprio così che quella che ieri ci appariva come una stella stilizzata a cinque punte, oggi la interpretiamo come il cristallo di un fiocco di neve, mentre domani sarà un carattere tipografico di rimando a una nota a margine, e dopodomani potrebbe essere la criptatura di un numero privato. E fra qualche altro giorno, chissà, torneremo a pensarlo di nuovo come una stellina. Del resto è anche questo uno degli elementi più affascinanti dell’arte moderna e contemporanea: la totale libertà interpretativa da parte di chi fruisce l’opera, pur senza perdere di vista il messaggio di fondo.
Ed è proprio sul messaggio e sulle sue molteplici interpretazioni che si basa l’opera di Sara Udinesi, vincitrice della sezione grafica MArteLive 2010.
L’idea dell’inganno comunicativo dato dal rapporto significato/significante non è certo qualcosa di nuovo: il fumo della pipa che non c’è di Magritte si è propagato nella mente dei nuovi artisti della comunicazione più di quanto essi stessi riuscirebbero mai ad ammettere. Inoltre, la variante di Sara ci avvicina ancora di più alla questione. L’analisi di un carattere tipografico come l’asterisco ci fa riflettere sulla funzione di alcuni strumenti classici della comunicazione verbale, e soprattutto ci ricorda come l’epoca della nota a margine stia pian piano mutando nell’era del collegamento ipertestuale.
Ha da poco smesso di nevicare, qui a Roma. Tanti piccoli asterischi e stelline, che messi insieme ti cambiano radicalmente la forma e il colore di un’intera città, anche se per molto poco. Una gioia per i miei occhi, un pessimo contrattempo per Sara, da poco reduce da svariati malanni invernali.
Ciao Sara. Parlaci un po’ di te, degli studi hai fatto, e di cosa ti ha portato a seguire la strada delle arti grafiche.
Subito dopo il liceo ho iniziato a lavorare come ragioniera presso vari studi. Dopo poco più di un anno, stufa dei numeri, mi sono licenziata e ho iniziato a lavorare in alcuni studi di post-produzione fotografica, seguendo così una delle mie più grandi passioni. Ho studiato per due anni fotografia, facendo mostre e servizi. Ma non volevo che una delle mie passioni si trasformasse in lavoro e diventasse routine. Lasciati gli studi di fotografia mi sono iscritta all’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie con indirizzo grafico, ed ora frequento l’ultimo anno.
Parlando d’arte in generale, che ruolo attribuiresti a digital art e mixed media nel panorama artistico attuale?
L’arte è comunicazione, comunicare cercando percorsi non ordinari, ma originali. L’artista è un ricercatore della soggettiva perfezione della sua espressione-emozione. La digital art e i mixed media non possono far altro che ampliare il vocabolario dell’artista. Perchè fermarsi?
E sicuramente tu non ti sei fermata di fronte alla sfida del MArteLive, che ha impegnato i suoi concorrenti in una rappresentazione sull’inganno dato dalle apparenze. Come hai affrontato questo tema nel tuo lavoro?
Solitamente inizio a scarabocchiare ed appuntare pensieri: giro un po’ su Internet, leggo definizioni sul vocabolario. E’ quello che ho fatto anche in questa occasione, con la differenza che stavolta mi sono autoingannata, cogliendo il lato affascinante della cosa!
A tuo avviso c’è stato qualche lavoro che avrebbe meritato più visibilità, se non del tutto di vincere al tuo posto? In più, c’è qualcosa che cambieresti della tua opera, nonostante l’apprezzamento dei votanti?
Sinceramente non sono stata a molte serate. Per pagarmi l’accademia devo lavorare, e di conseguenza la mattina mi alzo molto presto. Tra i lavori che ho avuto modo di visionare mi è piaciuto molto quello di Michele Palazzo, che a mio parere ha affrontato il tema egregiamente. Per quanto riguarda la mia opera, solitamente c’è sempre qualcosa da cambiare. In questa però non cambierei nulla, anche perché rappresenta un concetto che ogni persona può interpretare a proprio piacimento.
Devo confessarti che molto spesso, durante questo concorso, alla domanda “quali sono i tuoi riferimenti artistici?”, sono incappato spesso in una marea di “Non ho nessun ispiratore in particolare, io mi rifaccio solo a me stesso”. Questa visione wildiana vale anche per te?
Tutti siamo parte di una rete infinita di riferimenti: a partire dalla musica che ci sveglia al mattino, al video che vediamo su youTube, e le foto di Flickr, per citarne solo alcuni. Dove sta il confine tra noi e l’esterno?
E più in generale, non solo per quanto riguarda le arti grafiche, c’è qualche personaggio nei confronti del quale senti di dovere qualcosa?
Nessuno in particolare: di ogni artista, cantante, scrittore o filosofo cerco comunque di cogliere il punto di vista e prendere solo ciò che mi interessa. Ovviamente non voglio dire che trovo tutto interessante, ma che non sento di dover qualcosa a qualcuno in particolare. Anzi, sento di dover qualcosa a tutti quei personaggi che sono riusciti a farmi provare emozioni e sensazioni nuove.
Dal momento che l’hai tirata in ballo, passiamo un attimo alla questione filosofica (ed estetica, in particolare). Epurando il più possibile le tue conoscenze accademiche in merito, hai una definizione di arte che possa dirsi esclusivamente tua?
L’arte è girare attorno alle sensazioni, considerando anche il loro punto di vista.
Senza essere troppo marzulliani: cosa vedi nel tuo futuro artistico e lavorativo?
A dirti la verità qui in Italia non vedo futuro e finito quest’ultimo anno di Accademia vorrei partire. Girare un pò per l’Europa, fare esperienza. E in più, così, posso anche dedicarmi alla fotografia!
Giampiero Amodeo
Giampiero Amodeo, grafica, interviste, martelive, martemagazine, sara udinesi