MEI 2010: un soffio di vento gelido
“C’è crisi. C’è grossa crisi.” Lo diceva d’altronde qualche anno fa Corrado Guzzanti, come sempre anticipando umori e previsioni. E quest’anno al MEI, come d’altronde in tanti altri storici avvenimenti culturali, (anche il Premio Tenco quest’anno lo ha dimostrato) ha vissuto momenti di difficoltà.
Non certo per le proposte artistiche, né tantomeno per i premi offerti e gli ospiti presenti, sempre di ottima qualità, quanto piuttosto per i numeri delle persone presenti (minori degli altri anni), oltre che per gli operatori e stand, sempre più in crisi. Il maltempo non ha certo aiutato, come ogni anno. Anche se quest’anno, soprattutto domenica 28, sembrava di stare nell’Antartide, e farsi tutta l’Italia, magari in automobile o col treno, non è certo facile.
Un dato è certo: molte imitazioni sono state proposte nel corso degli anni, ma il MEI di Faenza è unico nel suo genere e probabilmente lo rimarrà. Perché anche in anni difficili come questo, riesce a proporre quel giusto mix di musica, proposte, idee, convegni che fanno incontrare i diversi mondi e professioni presenti nel settore musicale e culturale.
E non è in crisi il MEI, quanto l’intero settore che a fronte di una protesta generalizzata nei confronti del governo contro i tagli alla cultura non ha saputo organizzarsi e protestare attivamente e in modo innovativo, perdendo una volta di più un’occasione di visibilità. Non certo fine a se stessa, ma funzionale per raccontare un mondo, quello musicale, fatto di concerti, dischi, festival, rassegne, libri, che vive, che esiste, che lavora e che addirittura mangia grazie alla cultura.
È una lotta tra poveri, ne siamo consapevoli, ma se non ci si incazza a dovere, dimostreremo di essere sempre più poveri degli altri. E in questa situazione, a volte un soffio di vento gelido, come quello respirato a Faenza, può diventare davvero fatale.
Danilo Grossi
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