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A. Zanacchi, Il libro nero della pubblicità

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libro-nero-pubblicita_copertinaLIBRO- “L’istruzione è dunque un’arma a doppio taglio per la società opulenta. Essa è essenziale date le necessità tecniche e scientifiche dell’industria moderna. Ma nel momento in cui essa allarga i gusti e suscita atteggiamenti più indipendenti e critici, mina anche il potere di creazione dei bisogni che è indispensabile all’economia moderna. Questi effetti sono moltiplicati se l’istruzione mette le persone in grado di vedere i modi in cui esse sono manipolate nell’interesse del meccanismo che si vorrebbe fosse al loro servizio.
J.K. Galbraith, La società opulenta

Ho sempre pensato di essere discretamente capace di guardare al di là dei messaggi che quotidianamente mi bombardano gli occhi, le orecchie, il cervello – la stragrande maggioranza dei quali senza che io li abbia cercati volontariamente – ovvero di quella che comunemente si chiama pubblicità.
Eppure mi sono dovuta in qualche modo ricredere, o meglio, ho dovuto rendermi conto di quanto sia grave e realmente violento – bombardamento: morti e feriti – ciò a cui vengo, veniamo, continuamente sottoposti: il tutto senza essere davvero in grado di rendercene conto, o meglio accettando passivamente come inevitabile l’invadenza, la ripetizione, la volgarità dei messaggi pubblicitari.
Il libro nero della pubblicità (Iacobelli) è lungi dal proporre una condanna senza se e senza ma, e piuttosto ci sveglia da una sorta di torpore intellettuale che anni e anni di spot, cartelloni, slogan più o meno sensati ci hanno portato.

Non è in discussione il valore, in certi casi anche artistico, di certe campagne pubblicitarie, quanto piuttosto il loro essere intrinsecamente manipolative ossia persuasive nel senso più deleterio del termine: lo scopo di ogni pubblicità è infatti quello di convincere il consumatore all’acquisto di un determinato prodotto, e per farlo necessita di stabilire con esso un contatto – prevalentemente visivo, in ogni caso d’impatto –, anche tramite parole precise – slogan – scelte con accuratezza da squadre di esperti, i copywriter, che cercano di fare breccia alla pancia più che alla testa del pubblico. Di per sé, nulla di male.
Cosa accade, però, quando una stessa pubblicità è ripetuta con frequenze ai limiti dell’ossessione? Quando il sesso e il corpo della donna sono usati come magici passepartout per aprire le menti dei consumatori? Cosa accade quando anche i minori diventano target di quegli stimoli emotivi e costruiti, o peggio, fasulli? E quando ad esser pubblicizzati sono prodotti come alcolici, farmaci e – fino a poco tempo fa – sigarette?
E ancora, quando tra giornali e pubblicità si instaura un perverso legame di potere economico, e in certi casi, come in Italia, politico? Le associazioni dei consumatori e gli organi di tutela e controllo, cosa possono contro tutto questo? I singoli consumatori, poi? In primo luogo, sono tenuti a informarsi, poiché “l’istruzione mette le persone in grado di vedere i modi in cui esse sono manipolate nell’interesse del meccanismo che si vorrebbe fosse al loro servizio”, e possono cominciare leggendo questo libro.

A. Zanacchi, Il libro nero della pubblicità, Iacobelli, pag. 285, € 16

Chiara Macchiarulo

Adriano Zanacchi, Chiara Macchiarulo, Iacobelli Editore, Il libro nero della pubblicità, letteratura, martelive, martemagazine, Recensioni, saggistica

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