XOC: DanceFloorPunk. Di più nin zò!
Abbiamo incontrato gli XOC, un’interessante progetto “internazionale” con sede a Barcellona. Tre musicisti il cui unico obiettivo è scuotere e far ballare il pubblico. Ci dicono che essere anticonformisti per loro vuol dire non mescolarsi con quel gregge di artisti, appartenenti al punk rock (e non solo) di ieri e di oggi, per cui l’essere alternativo significa fare uso di droghe e non curare la propria igiene personale. Ironici e divertenti davvero…
Presentatevi ai nostri lettori. Chi sono gli XOC?
Siamo un trio di synth-rock con base a Barcelona: Franz (ITA chitarra/voce/produzione), Bunster (CHI tastiere/synth), Mario (ESP batteria). Oltre al nostro materiale originale ci occupiano di remix e sonorizzazioni: visitate il nostro sito www.viscaxoc.com dove sicuramente troverete tante opportunità di spendere i vostri soldi.
Franz, una domanda di rito (ti tocca!): che differenze noti tra la discografia e il modo di fare musica in Italia rispetto alla Spagna?
In Spagna c’è molta attenzione verso la musica tradizionale, l’Italia credo sia decisamente più esterofila. A livello di mainstream comunque non c’è molta differenza, è sempre il solito magna-magna. Per quel che riguarda la scena indipendente credo che in Spagna ci siano decisamente più opportunità. Una nota personale: il rock’n’roll lo sappiamo fare meglio noi italioti.
Nella vostra presentazione si legge che la vostra musica è il risultato dell’eredità satanico/eretica del rock’n’roll, della musica del demonio, l’oscenità e il furore (gli ultimi due aspetti ricordano vagamente i Sex Pistols), ma successivamente aggiungete: “gli ultimi rapporti indicano che, stranamente, non fate uso di droghe“. C’è qualcosa di particolarmente singolare in questo o sbaglio?
Il riferimento ai Pistols citato nel documento riservatissimo a cui hai avuto accesso non è casuale, infatti la lezione appresa dalla grande truffa del rock’n’roll è per noi uno dei cardini su cui poggiare le basi della nostra attività: vogliamo essere anticonformisti rispetto all’alternativo di oggi, e il nostro stile di vita deve riflettere questa scelta estrema. Sappiamo che rivendicare orgogliosamente la nostra non appartenenza al gregge porterà più problemi che vantaggi ma lottare contro il sistema è per noi una scelta di vita, quindi non facciamo uso di droghe, non abbiamo tatuaggi, ci alziamo presto la mattina e facciamo la doccia quasi tutti i giorni. E’ dura, ma abbiamo le spalle larghe!…
Siete quella che in Italia si definirebbe una “band emergente”, ma già potete vantare importantissime collaborazioni come quella con Peter Walsh, produttore di Peter Gabriel, Stevie Wonder e Simple Minds. Qual è stato il contributo che Walsh ha dato al vostro album d’esordio?
E’ stato un rapporto di pre-produzione cyberspaziale: gli mandavamo i provini via Internet, lui presumibilmente ascoltava e rispondeva con preziose indicazioni del tipo: questo funziona, questo no, ricantate tutti i pezzi, questa è la canzone più orribile che abbia mai sentito etc. ATTENZIONE: BANALITA I suoi consigli e le sue osservazioni sono stati decisivi per il progetto. Siccome però Mr. Walsh per questo incredibile aiuto che ci ha fornito non è mai stato pagato cerchiamo di tenere questa informazione top secret.
Definite il vostro stile “DanceFloorPunk”…che vuol dire?
E’ una definizione che rispecchia bene il nostro stile e atteggiamento: immagina i Ramones mentre fanno un concerto allo Studio54 mentre tutti ballano l’Hustle come pazzi, ovvero il migliore dei mondi possibili. Ovviamente lo scopo di darci un’etichetta fa altresì parte della nostra strategia di marketing per creare artificialmente un hype, fare tendenza cercando di monetizzare il più possibile.
Ascoltandovi sembra che non tralasciate alcun genere musicale, da cosa dipende?
Studi classici e poi ribellione adolescenziale (fino ad oggi) verso il punk rock e l’elettronica, oppure semplice curiosità e amore per la musica?
Fortunatamente nessuno di noi è monomaniaco per quel che riguarda i gusti musicali, i nostri capisaldi vanno da Bach fino ai Kraftwerk, passando per gli Spinal Tap, Zappa e Stephen Shlaks (tutti artisti che il più giovane, se vivo, ha 70 anni). Questo ci porta ad avere un approccio molto libero alla musica, diremmo “vario ed eventuale”. Il fil rouge che unisce tutte queste influenze apparentemente diverse tra loro è il volume inaffrontabile a cui suoniamo.
Cile, Spagna e Italia…un bel mix culturale. Le vostre differenti origini hanno influenzato la vostra produzione musicale?
Barcellona è un melting pot incredibile, il che per un artista è uno stimolo decisivo. Il fatto di doversi confrontare con culture e idiomi diversi è sicuramente una fonte d’ispirazione impagabile, ad esempio il fatto che nel gruppo non ci capiamo quando ci parliamo dà luogo a soluzioni creative inaspettate.
Il 10 settembre suonerete sul palco del MArteLive, ne avete mai sentito parlare? Cosa ne pensate? Esiste qualcosa di simile in Spagna?
Certo che ne abbiamo sentito parlare, per chi ci hai preso? Secondo noi questo tipo di evento che sintetizza il concetto di arte nella sua accezione più ampia è assolutamente vincente, anzi è una di quelle cose che avremmo voluto inventare noi, un pò come “Let It Be” o Internet.
Grazie ragazzi, ci vediamo sotto il palco dell’Alpheus!
Grazie a te Paola, e occhio a stare proprio sotto il palco: Franz quando canta sputa un casino.
Paola D’Angelo
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