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Chi è che mi ama di più?

teatralmente
[TEATRALMENTE]

teatralmenteAl Teatro India di Roma, dal 28 settembre al 17 ottobre, apre la stagione Re Lear, o meglio Giorgio Albertazzi che interpreta il Re Lear di Shakespeare con la regia di Antonio Latella (sodalizio siglato dopo Moby Dick del 2007) e la traduzione di Ken Ponzio.

L’ispirazione a Latella sembra venuta dal quesito “Chi mi ama di più?”, dalla fretta con cui Lear, sfidando la sua sorte, decide di dividere in tre parti il suo regno dopo aver così interrogato le sue tre figlie: Gonerilla (Silvia Ajelli), Regana (Evita Ciri) e Cordelia (Elisabetta Valgoi).
Ne darà la fetta maggiore a colei che gli professerà l’ amore più alto. Gonerilla e Regana gareggiano nelle dichiarazioni d’ affetto, mentre Cordelia, riservata e discreta, risponde al padre di amarlo solo quanto il dovere le richiede.
Il Re si infuria e la disereda, dividendo il regno fra le altre due, con la clausola che esse lo ospitinoReLear a turno e lo mantengano. Ma il vecchio Lear si accorgerà ben presto dell’ irriconoscenza delle figlie che ha privilegiato.
Da una parte, quindi, il fool, dall’altra un padre e dei figli, per una storia che non vede tramonto.

Albertazzi è stato Lear altre tre volte, quello di Renzo Ricci, con Anna Proclamer, Tino Buazzelli, e Luigi Vannucchi; poi è stata la volta del Lear sotto la regia di Armand De Camp; poi il suo Oh Lear, Lear, Lear!.
Ma lo stesso Albertazzi assicura dell’unicità della versione di Latella e dice, “Io sarò Lear-Fool-Albertazzi: Chi è che mi ama di più?”.
Lo spettacolo è raccontato mentre prende forma, nell’attimo prima del compiuto. Gli spettatori sono chiamati ad assistere ad una prova. Tutto è palesato prima dell’inizio dello spettacolo e lo stesso Albertazzi attente in scena che il pubblico prenda posto in sala: in abiti contemporanei, gli attori siedono a un tavolo e, guidati dal «regista Albertazzi», leggono il copione. Poi il silenzio, l’attore mostra il suo regno, un luogo astratto che risiede in sé, nel suo volto, nei suoi gesti, nella sua voce.
Il solo regno da spartire si rivela il testo, nella verità la libertà della carta stampata, nella menzogna la prigione delle pagine.
Ma torniamo al quesito iniziale: chi mi ama di più? La tragedia di non essere più amati associata alla vecchiaia? Lear, dunque, un testo sulla vecchiaia? Risponde Albertazzi: «Certo! Sulla vecchiaia, la follia, sulla morte. E chiudo lo spettacolo con le parole di Adriano: entriamo nella morte a occhi aperti».

Gabriella Radano

Gabriella Radano, martelive, martemagazine, Re Lear, rubrica teatralmente, teatro

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