Che gusto c’e’? Violapolvere, naturalmente…
ROMA- AULLA- MARINA DI CARRARA e ritorno- Giovedì 22 luglio, ore 9 di mattina. Con fiducia aspetto che arrivi la macchina che mi porterà al Premio Lunezia 2010, ospite “imbucata” di un contesto davvero fuori dagli schemi tradizionali di viaggio: la Violapolvere Car.
Band dell’underground italiano che, però, nell’underground milita e si discosta allo stesso tempo, i Violapolvere, gruppo rock/pop che ha davvero dei numeri, sono risultati finalisti tra più di 800 selezionati in tutta Italia, fra band e cantautori, insieme ad altri 11 fortunati che si sono esibiti nella serata di giovedì 22 nella piazza principale di Marina di Carrara, alla prima delle tre serate previste dal Lunezia per il 2010.
Ed è con questo pretesto che è cominciata l’avventura, colpevole anche la ventola di areazione del motore del mio mezzo di trasporto, che mi ha abbandonato in quel di Frosinone giusto due giorni prima della prevista partenza per la Versilia.
Il viaggio con i Violapolvere comincia un po’ in sordina, qualche chiacchiera sparsa, qualche artificio i-Poddesco, previsioni sui tempi di percorrenza delle distanze che ci separano dalla meta, ma complice lo spazio che, in una macchina, è quello che è, alla fine il risultato è un’intervista corale che prende strade (o forse è il caso di dire autostrade) del tutto impreviste…
In macchina con i Violapolvere, destinazione Aulla. Che succede ad Aulla ragazzi?
MAX PESCOSOLIDO (chitarra): C’è la riunione per la prima serata del Premio Lunezia che si svolgerà a Marina di Carrara questa sera, al quale siamo stati selezionati, cosa di cui siamo molto contenti. Abbiamo vissuto altre esperienze di questo tipo, ultimamente, giusto qualche giorno fa abbiamo vinto la kermesse Roccalling Festival a Roccagorga (LT), speriamo che anche qui il nostro pop possa piacere.
IVAN CACACE (batteria): Bè siamo molto contenti, e soprattutto pronti a dare il meglio di noi per farci conoscere.
Luca (Latini, front man del gruppo, N.d.R.) quale pezzo presentate?
Ci hanno selezionato con un pezzo che si chiama “Non ha senso”. Originariamente però ne avevamo presentati due, questo e “Davanti ai tuoi occhi dipinti di nero”…
Un passo indietro, fanno parte del vostro album edito questi pezzi o di qualcosa di nuovo che state preparando?
LUCA: Fanno parte del nuovo album che in realtà ancora non è edito, per quanto tracklist e progetto grafico siano ormai stati chiusi, ma è in attesa di una produzione esecutiva che possa dargli una destinazione diversa da quella del nostro primo lavoro, Zona limite, che è stata invece un’autoproduzione.
IVAN: …e un’autodistribuzione.
Ragazzi, come e quando è nato il progetto Violapolvere e come mai avete scelto di seguire questo filone un po’ fuori dall’underground italiano?
GIACOMO CITRO (basso): Bè, perché l’underground italiano, se vai a ben vedere, non offre molto, a dir la verità…
LUCA: I Violapolvere nascono da una serie di incontri e amicizie pregresse, ancora precedenti alla nascita del progetto. Al primo provino in assoluto, che poi è stato anche il nostro il primo singolo “Feel happy”, nel 2006, è iniziato questo lavoro insieme.
Nel corso di questo viaggio, Max, sentendovi parlare, mi è sembrato di capire che le vostre canzoni nascono da concertazioni di gruppo per cui ognuno di voi “passa” qualcosa in termini pratici, ma anche di idee. Puoi raccontarci come nascono le vostre canzoni?
Il processo creativo si snoda in due fasi. Zona limite è stato il frutto di una raccolta di materiali ed il progetto Violapolvere nasce anche con l’intento di andare a sfruttare tutto ciò che stava chiuso nel cassetto da tempo. Dopo Zona limite la stesura dei pezzi ha cominciato ad essere più collettiva, e si sono cominciate a delineare, per lo stile della musica che facciamo, quasi delle competenze precise per ognuno di noi. C’è chi scrive la musica, c’è chi ha più affinità col testo, chi contribuisce con idee e arrangiamenti ed è da questo momento che diventa una scrittura corale. Gli spunti per scrivere nascono dalla vita quotidiana: un articolo sul giornale, un’esperienza diretta, una propria aspirazione, un proprio desiderio, una propria inquietudine. Tutte cose che proviamo sulla nostra pelle, ed è per questo che siamo “pop”, noi non parliamo di temi sociali o di cose che sono troppo lontane da noi.
Quindi i Violapolvere sono anche intimisti?
MAX: Popolari, nell’accezione più nobile del termine, perché non è tanto un’esplorazione dentro se stessi, ma è la voglia di mettere nero su bianco ciò che si può o anche, a volte, ciò che non si riesce a dire. La musica è un rifugio dal quale hai l’alibi di poter dire cose che, altrimenti, sarebbero sconvenienti in un determinato momento, in una circostanza di vita, se palesate apertamente. Noi cerchiamo di presentare il nostro spaccato di vita, facendo in modo che sia il più comune possibile.
Ho avuto modo di ascoltare in preview il vostro nuovo lavoro Distanze, e mi è sembrato di percepire una virata malinconica rispetto a Zona limite…
MAX: E’ vero. Distanze è un disco molto più scuro, dove facciamo i conti con la disillusione (non a caso si chiama così), non si tratta solo di distanze fisiche. Mentre Zona limite in un certo senso raccontava questa storia del vincolo del tempo, con Distanze si cambia un po’ il tiro, nel senso che c’è un po’ di amarezza e quasi la consapevolezza di quelle che sono le reali possibilità che ti vengono offerte dalla vita. Affrontiamo un altro aspetto. E magari nel prossimo progetto, a cui stiamo già lavorando, risulteremo più freschi, più allegri, ancora una volta diversi, ma sempre Violapolvere.
In questo disco voi presentate anche una cover (“Rosso” di N. Fabi, N.d.R.), rivisitata brillantemente, di un successo di qualche anno fa, perché avete scelto di riproporla?
LUCA: Con questo secondo album nasce l’idea di fare un tributo, ma aggiungendo sempre la nostra colorazione musicale, ad un cantautore…
MAX: Ma scusa si chiama rosso, che colorazione Violapolvere!!!
(Ridiamo. L’intervista ha preso una piega insolita, scanzonata, divertente, eppure si parla di cose serie, di progetti importanti, forse è questo il retrogusto più interessante e corposo. N.d.R.)
LUCA: In Zona limite, un po’ per il gusto degli addetti ai lavori, ma anche per la necessità di etichettare un lavoro musicale nuovo, siamo sempre stati ricondotto e collegati al variato gruppo del cantautorato romano, al quale comunque effettivamente ci siamo ispirati anche solo per ascolti e predilezione personale. Abbiamo così scelto di tributare un autore al quale siamo molto legati e che abbiamo avuto anche la fortuna di incontrare di persona, che è Niccolò Fabi. Siamo stati subito molto allineati sul tipo di canzoni su cui orientarci, anche in virtù del filone di parole e note di Distanze, poi il rosso con il violapolvere sta bene, no?! A parte gli scherzi abbiamo riadattato “Rosso”, che è un brano che ci piace tantissimo, alle nostre sonorità, ed il risultato è quello che potrete ascoltare presto.
Dal primo al secondo disco c’è stata, musicalmente, una virata. Il primo disco è quello che voi stessi definite pop, anche se in realtà ci sono degli echi rock che si sentono vibrare forte. Questo secondo disco sembra un po’ un’evoluzione del primo, con una spinta più rockeggiante, ma con la melodia di fondo che vi contraddistingue. Dove state andando?
TUTTI: Ad Aulla!!! (ridono, N.d.R.) LUCA: Ti posso dire che Zona limite è stato figlio di una scrittura con una durata nel tempo molto ampia, fatta da più penne e si sente un po’ un certo melting pot cantautoriale, dentro, al quale abbiamo cercato di dare un filo logico imprimendogli la nostra identità. Distanze forse è più organico, rispetto alle colorazioni musicali. E’ sicuramente più scuro, più rock, anche nelle ballate, nei pezzi più morbidi, si sente una venatura un pò più dura. Dove stiamo andando, te lo dice Max…
MAX: Oltre ad Aulla, ovviamente!? Dunque, questo nuovo album è sicuramente più “suonato”, nel senso che abbiamo fatto molta attività di studio su Zona limite, mentre con Distanze abbiamo suonato molto di più dal vivo. Il risultato è un suono comunque ricco, ma svuotato rispetto a Zona limite. Dove andremo? L’idea è di andare ancora da altre parti, di sperimentare ed esplorare, le melodie sono quelle, magari è il vestito sotto che cambia, noi cerchiamo di mantenere la nostra natura più invariata possibile, ma di vestirla in maniera sempre diversa.
Qual è il filo conduttore della vostra musica?
MAX: Gli strumenti musicali sono sempre al servizio della canzone. C’è un modo molto quadrato di interpretare la ritmica e un modo molto semplice e servizievole di interpretare la parte armonica, questo per far risaltare in tutto e per tutto la melodia. Le nostre radici si fondano sicuramente sul rock americano (Alanis Morisette dal punto di vista chitarristico, per esempio), quel tipo di sonorità dove non c’è il virtuosismo dello strumento, ma il suono, che poi unito con tutta la voglia di metterci dentro nuove possibilità sonore con l’utilizzo di campionatori e sintetizzatori per riuscire a trovare delle soluzioni che non sono innovative, dobbiamo essere onesti, però sono personali.
Questo Premio Lunezia che cosa rappresenta?
MAX: In realtà noi con questa partecipazione al Premio Lunezia abbiamo avuto ancora una volta la conferma che non abbiamo capito niente di certe dinamiche. La scelta dei brani da portare a questi concorsi non può essere una scelta a tavolino. Siamo giunti alla conclusione che tutto è figlio di una concatenazione di eventi, perché il brano che noi avevano presentato era un altro, visto che abbiamo sempre considerato “Non ha senso” un brano prettamente pop e radiofonico, quindi non idoneo ad un premio cantautoriale, però ci siamo evidentemente sbagliati. Quindi tutto è possibile.
LUCA: E’ vero, per l’ennesima volta, per l’ennesimo concorso importante, abbiamo avuto questa conferma. In questi concorsi si sostanzia ed esaspera la posizione del cantautore, quindi una band, una formazione di musicisti in queste situazioni è già, di suo, fuori contesto, però è vero che anche al di là di certi preconcetti che respiriamo quotidianamente, forse è vero che ancora non abbiamo inquadrato a dovere ciò che questi concorsi cercano.
Ed infatti il piazzamento dei Violapolvere al Premio Lunezia è una sorpresa piacevole ed esaltante. Arrivano al secondo posto tra le band, ricevendo una menzione speciale ed una targa.
“Non ha senso” conquista il pubblico e la critica ed è bello scoprire che, in una piazza aperta, di una cittadina come Marina di Carrara, anche i bambini amano la musica a tal punto da fermarsi a stringere le mani ai nostri quattro musicisti, complimentandosi con loro. Una bella esperienza davvero. Fuori e dentro il back stage. E anche nel viaggio di ritorno verso Roma, dove in quattro il viaggio in autostrada si fa a tratti rilassato, a tratti comico…
GIACOMO: Parliamo un po’ di questa esperienza…ti sei divertita?
EDYTH: Moltissimo. Mi ha fatto molto piacere conoscervi dal “vivo”.
GIACOMO: Hai visto che cosa significa vivere un’esperienza di band? Hai capito perché i musicisti sono tutti così disperati?
EDYTH: In che senso?
GIACOMO: Immagina fare una vita così, dove tu fatichi come se fossi un lavoratore, ma il tuo lavoro viene visto solo come un hobby…
EDYTH: A prescindere dal vostro posto sul podio, vostre soddisfazioni e insoddisfazioni di questa performance?
LUCA: Bè è stata una bella esperienza. Siamo saliti su un podio importante in Italia. Riconoscerci un secondo posto in una kermesse come questa, in cui alle band viene relegato un minimo spazio rispetto ai cantautori, è davvero una soddisfazione.
GIACOMO: Gran palco…
IVAN: Pubblico caloroso…
EDYTH: Ci sono altri step che farete prossimamente nell’ambito dei concorsi italiani dedicati al settore emergente?
LUCA: Aspettiamo la conferma della nostra partecipazione ad un concorso a fine agosto.
EDYTH: E con quale brano vi presentereste?
LUCA: “Come se volessi” che è un altro brano di Distanze e per la cover che ci è stata richiesta presentiamo quella che è presente nell’album e di cui abbiamo già avuto modo di parlare, “Rosso”.
Poi faremo, ai primi di agosto (il 7 N.d.R.) una piacevolissima incursione unplugged al Cafè Revel, Lungomare Thaon De Revel 10 a Civitavecchia. E poi aspettiamo…
GIACOMO: Soddisfatta? Ti aspettavi qualcosa di più tu?
EDYTH: I Violapolvere sono bravissimi…(rido, N.d.R.)
GIACOMO: E dal punto di vista dei grandi artisti ospiti della kermesse?
LUCA: Gianni Morandi si merita veramente un applauso, è sempre il ragazzone alla mano con la chitarra a tracolla che riesce a mettere d’accordo tutti.
GIACOMO: La semplicità paga.
LUCA: Poi c’è stato Angelo Branduardi…
GIACOMO: Artista di un altro tempo…
EDYTH: …e di un’altra dimensione.
GIACOMO: Edyth saluta gli amici di MArteMagazine…
EDYTH: Io?! Ma l’intervista l’ho condotta io, non sono io che saluto i lettori, sono gli intervistati a salutare…Io posso ringraziare tutti i Violapolvere per la loro disponibilità, la loro esuberanza, la loro creatività, la loro professionalità e anche per il passaggio A/R., e li posso salutare a nome del MArteMagazine con la speranza di incontrarli presto, come e meglio di adesso…
GIACOMO: Cioè con più soldi?
EDYTH: Bè veramente avevo in mente altro, ma comunque anche la pecunia non guasta.
LUCA, GIACOMO, IVAN: Ciaooooo MArteMagazine anche un po’ Live…
E finisce così l’esperienza sopra le righe con i Violapolvere ed il Premio Lunezia 2010, con Giacomo Citro che ha preso il mio posto all’immaginario microfono dell’intervistatore, quasi alle porte di Roma, e con il sole che è calato da un pezzo all’orizzonte. Stanchi, ma sorridenti.
E’ stata davvero interessante ed intensa questa due giorni di trasferta, e non solo dal punto di vista professionale. La musica, per fortuna, sa ancora andare oltre…
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Edyth Cristofaro
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