Scatti di povertà: Roma che non vogliamo vedere
[ARTI VISIVE]
ROMA- La città parla dei poveri, lo fa con le immagini, senza retorica e senza pietismo. Roma parla dei sui poveri con la volontà concreta di fare qualcosa. Si può fotografare la povertà? Si possono scattare foto a delle persone che hanno bisogno di aiuto e fare solo questo nei loro confronti?
Scatti di povertà è una mostra fotografica presentata in occasione dell’incontro a Palazzo Valentini, del 4 maggio 2010, La Roma dei nuovi poveri. La selezione dei quindici scatti è il risultato di un concorso che è servito a creare un racconto di immagini. Una mostra finale raccolta in un video che scorreva in un loop accompagnando le parole dei relatori. Immagini per mostrare Quello che nessuno vede, per citare lo scatto di Giulia Mercanti.
La fotografia di questa mostra è servita a farci vedere quello che tutti i giorni ci passa davanti, e che tutti ci rifiutiamo di vedere. In fila al semaforo alziamo il finestrino, per evitare che qualcuno ci avvicini chiedendo una moneta; guardiamo altrove quando sotto le cornici delle porte della BNL si appoggiano, per farne la loro dimora, delle persone che sperano di ripararsi dalla pioggia o dal sole cocente. A due passi dalle insegne dorate della Banca Nazionale del Lavoro, il congresso La Roma dei nuovi poveri. Viaggio nella città del disagio ha raccolto le esperienze delle comunità che si occupano della povertà, che tutti i giorni distribuiscono pasti, accolgono malati, e che non si girano dall’altra parte.
L’Associazione Lo spettro ha presentato gli interventi della Comunità di Sant’Egidio, dell’Ospedale San Gallicano, Avvocati di Strada, Arci solidarietà, Caritas, Emmaus, e del coordinamento Lotta per la Casa. Ha raccolto le varie esperienze e offerto, in collaborazione con la Provincia di Roma, un tavolo di discussione con l’appoggio della provincia di Roma. Le immagini che ci vengono presentate sono incorniciate dai dati di un povertà sottile e imperante che non è solo fatta di monete chieste da una voce ridondante nel nostro viaggio in metropolitana, ma da statistiche che ci riguardano e che vedono questo spettro avvicinarsi alle nostre porte. Forse per questo non sappiamo affrontarla e ne abbiamo paura.
L’invito rivolto ai giovani fotografi era quello di provare a farci vedere le nostre negazioni. Di presentarci quelle immagini che vediamo tutti i giorni e che ci hanno dato un pugno nello stomaco più dei dati che dovrebbero spaventare, perché sono semplici frame di una nostra giornata. Il nostro Shopping non più turbato da un corpo steso per terra che tende una mano, come nella foto di Riccardo Savinelli, se quella foto può farci fermare per un attimo, anche solo un attimo per riflettere sul fatto che ogni giorno quella donna che scansiamo con un passo più lungo è china nello stesso posto, allora, la fotografia è ritornata ad avere quel legame con il vero di cui è figlia.
Il social Network tooquoque.com ha lanciato il via, raccolto le immagini. Quindici le foto selezionate e due donne le vincitrici del concorso, Gioia Onorati e Sara Butini. Nessuno shock in queste immagini.
Figli di uno stesso padre, di Gioia Onorati, è una dichiarazione ovvia e scontata, tanto da dover essere urlata su un muro, perché non bastano gli insegnamenti religiosi, non quelli morali e filosofici, serve ancora doverlo scrivere sui muri come in uno spot pubblicitario, magari entrasse maggiormente nella testa della gente. Mentre le bolle di sapone del Venditore di illusioni di Sara Butini ha uno sguardo delicato e incantato dell’uomo che cerca di vendere un po’ di quella magia che non si riesce più a vedere.
Questi scatti sono i momenti di una povertà che conosciamo bene, per cui non ci servirebbero neanche dati specifici o racconti strazianti, ma solo la capacità di riflessione. La spinta a fermarci e a riflettere è forse una delle poche armi contro quel passo più ampio carico di indifferenza.
Tutte le foto selezionate per la mostra conclusiva del concorso sono su http://roma.repubblica.it/cronaca
Rossana Calbi
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