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Massacro per una coppa

teatralmente
[TEATRALMENTE]

teatralmente«Entrano le squadre in campo, che magnifica allegria.
“Quando cade l’acrobata, entrano in scena i clown”.
È la verità, siamo al circo.
Un luogo dei più tristi della vita.
Uno dei posti nel mondo dove nessuno è libero».

Cinquanta minuti di patos e concitazione. Di fremiti. Di emozioni. Evocazione di ricordi. Memoria.
Venticinque anni dalla strage dell’Heysel, l’omaggio-tributo dell’ultimo romanzo di Walter Veltroni.
Un monologo fluente. Solo parole. Parole animate, che prendono forma dall’esile figura di Luigi Lo Cascio, che le ha lette per noi il 24 maggio sul palco del Teatro Eliseo di Roma.
Una performance asciutta, un elegante appassionato distacco fra il testo di Veltroni e la lettura e l’interpretazione che ne fa Lo Cascio.
Nessuna menzogna fra il protagonista del romanzo e la sua donna. Un matrimonio lungo dieci anni e nessuna bugia. O meglio solo una, ma devastante.
“Se ora posso parlarti in silenzio, è perché il leone ha ucciso altri e non me”.

Vediamo la trama, però: un accidente della memoria nello spazio onirico di una notte (una notte di anniversario, quindi una notte felice) porta un uomo a mettere a ferro e fuoco un modesto strappo inferto a una storia d’amore. Ma l’occasione ha l’effetto di evocare il ricordo di una tragedia collettiva. L’ultima partita dell’Heysel, il crollo dello stadio di Bruxelles per la finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool che causò 39 morti e 600 feriti. L’uomo ripensa al viaggio a Bruxelles tenuto nascosto alla moglie (la bugia di cui sopra), alla strage che quell’ appuntamento determinò.
Loro sono tanti, rumorosi.
Loro sì, sembrano dei professionisti.
Sembrano marinai di mille navigazioni.
Devono aver incontrato corsari e marosi.
Devono aver fatto mille battaglie.

Riaffiora il dramma di una serata che doveva essere di festa, un momento di ritrovo per grandi e bambini, e che era diventata una battaglia, un incomprensibile massacro in cui la violenza si sostituisce alla ragione. La violenza che oggi più che mai si presenta come attuale nello sport e nel calcio.

Guardali, tienili d’occhio.
Fanno canti rumorosi.
Che a noi, agnelli di pianura,
non riescono a non far paura.
Sembrano un esercito, un esercito pronto per la guerra.

A circa un’ora dall’inizio della partita, i tifosi inglesi sfondano una rete divisoria, di uno stadio veltroni_1malandato e privo di uscite di sicurezza, spingendo gli spettatori dei settori vicini a una fuga in massa, scomposta e terribile. Un muro crolla, tutti cercano di mettersi in salvo, calpestando, spingendo, schiacciando altre persone contro le recinzioni o lanciandosi nel vuoto, con la polizia belga ad osservare impotente il compimento di una tragedia in parte annunciata, la designazione dell’Heysel per la finale di Coppa dei Campioni aveva destato non poche perplessità.
Le forze dell’ordine belga e i dirigenti UEFA decisero che la partita dovesse svolgersi ugualmente per evitare altri disordini “una voce che conosco dice in italiano che la partita si farà, è il nostro capitano”.
Quando cade l’acrobata, entrano i clown è la frase che pronunciò Michel Platini per giustificare l’esultanza per il rigore e il giro di campo nella tragica finale di Coppa dei Campioni vinta alla Juventus il  29 maggio 1985.
Un libro e un monologo per non dimenticare perché stragi inutili come questa non debbano più ripetersi. “Era di maggio, ero un ragazzo”.

Gabriella Radano

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