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La Nostra Vita, regia di D. Lucchetti

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00322671_bCINEMA- Claudio (Elio Germano) é un operaio trentenne con due figli ed una moglie incinta. Le giornate trascorrono senza infamia e senza lode, tra preparativi per l’arrivo del nuovo pargolo e pranzi domenicali con amici e parenti.

Non accade nulla di insolito, questo fino al parto di Elena (Isabella Ragonese), che si rivelerà essere un evento meno lieto di quanto ci si aspettasse: poichè la consorte del protagonista perderà la vita durante il parto e per Claudio sarà ricominciare da capo la propria esistenza con una rediviva consapevolezza.
Che il cinema italiano fosse un’industria in crisi, povera di idee e di mezzi, che si trova costretta ad attingere molto spesso dalla realtà viva e pulsante o peggio dalla cronaca sociale per drammatizzare le sue storie che ricalcano alla perfezione la vita di tutti i giorni, non è una novità; anzi oramai direi che è un callo al quale dobbiamo abituarci (per chi vuol fruire opere italiane o per chi coltiva l’ambizione di entrare in questo settore). Fatto sta che questa ‘nobile’ critica sociale sembra aver mero successo autocelebrativo da cinema dell’arte e di neo neorealismo dal quale nessuno apprende poiché la strada é bella che asfaltata e la direzione comune (questo in ambito lavorativo, familiare, civico, ecc.) la conosciamo tutti e chi vuol intendere intenda. Quindi, italiani: sotto col plasma da 46 pollici, la wii, il mutuo per andare in Costa Smeralda e guai a voi se pagate le tasse!

Da come avrete capito non sono un gran fruitore di prodotti nostrani, appunto perché non la-nostra-vitasopporto che un prodotto filmico, di qualunque natura esso sia (commerciale o di nobili intenti autoriali o di visioni personali) debba necessariamente attingere dai  quotidiani locali o farsi scudo di tematiche sociali al semplice scopo di esser prodotto/considerato/celebrato/premiato.
Il cinema degli anni ’80 Hollywoodiano è stato il mio pane quotidiano in tenera età, questo perché (definizione da manuali e se volete vi cito anche la bibliografia dettagliata) il cinema deve ambire al sogno; una riorganizzazione della realtà per il materiale filmico a scopo di costruzione drammatica (almeno cerchiamo di arrivare ai livelli di Inarritu). Ed é per questo che personalmente non riesco a scindere, nel mio immaginario, Lucchetti da Lucini, Muccino da Soldini, compagnia bella e via discorrendo (senza dimenticare Ozpeteck con tutti quei colori, quei sessi, quei trans e quelle disgrazie facili). Poiché questi individui sono semplicemente l’erba di uno stesso fascio. Pseudo-autori non così autoriali che si fanno scudo di tematiche da Centro Sperimentale di Cinematografia per potersi permettere di realizzare i propri lavori.
Con un interesse, una curiosità, voyeristica ed un linguaggio di regia che hanno molte più cose in comune con il documentario o con le ricostruzioni drammatiche di Chi l’ha Visto? ma poco con il cinema per definizione.
La macchina é a spalla, su piani stretti, che indagano spesso e volentieri solo il volto di Germano (bravo perchè spontaneo e verace). La fotografia non é ignobile, insomma un prodotto onesto realizzato con due lire, ma scritto adeguatamente poiché attuale. Nulla più. Tutta questa eccitazione, sinceramente, io non l’ho carpita.

Luca Vecchi

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