Teatro degli Orrori: siete pronti per due ore di caos?
[MUSICA]
ROMA- Avete presente la sensazione che si prova nelle giostre itineranti tipo il tagadà o simili? Aggiungete come sottofondo la musica de Il Teatro degli Orrori e riuscirete a capire cosa è successo mercoledì 3 marzo al Circolo degli Artisti.
Dopo il recente abbandono di Giulio Favero la curiosità legata alla nuova line up era molta. La band affida a Tommaso Mantelli l’arduo compito di sostituire il possente basso di Favero, il cui apporto live raggiungeva una pienezza sonora che ha spinto Capovilla e soci ad aggiungere un’altra chitarra: quella di Nicola Manzan che, oltre a supportare ed accompagnare Gionata Mirai, dona con qualche nota di violino maggiore completezza e musicalità al live.
Ma tutto quello che di musicale viene dal palco è oscurato dalla presenza “ingombrante” di Pier Paolo Capovilla che, per l’ennesima volta, catalizza tutta l’attenzione su di sè.
Nonostante il dito rotto e un’evidente ingessatura, il frontman non perde occasione di lanciarsi in una serie di stage diving. La security prova in tutti i modi a trattenerlo, ma è impossibile. E’ come se in lui ci fosse una forza quasi animalesca che gli permette di volare sopra le teste dei due omoni sotto palco, evitando così di essere afferrato prima del suo atterraggio sul pubblico.
Tra la folla non si respira, la calca e la frenesia è senza precedenti. Le urla di adrenalina raggiungono la band che, senza sosta, macina brani sempre più potenti, sempre più sconvolgenti e sempre più assordanti. Ad ogni concerto la temperatura cresce e con essa il trasporto del pubblico e la follia del Teatro.
Osservare da dietro la transenna il volto di Capovilla è sconvolgente: è come assistere alla trasformazione di Dottor Jekyll in Mr Hyde. Afferra il microfono con dolcezza, parla con voce calda e serena e, dopo “A Sangue Freddo”, invita tutti a fare un forte applauso a Ken Saro Wiwa. Ma quando inizia la musica cambia tutto: i suoi occhi si infuocano, la sua voce assume un tono quasi demoniaco e il microfono assume espliciti riferimenti fallici.
La scaletta è interminabile, risulta difficile elencare tutti i brani e gli encore si sprecano.
Finisce il concerto, ma non gli stage diving. A turno tutta la band si getta sulla folla stordita e ubriaca dopo due ore di noise/rock da effetto centrifuga.
Si torna a casa con la soddisfazione di aver assistito all’ennesimo successo de Il Teatro degli Orrori, ma anche con i timpani sfondati e qualche livido sul corpo da poter orgogliosamente mostrare agli amici…
Paola D’Angelo
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