Quince in: Marlene D. – The Legend
ROMA – E’ il regista stesso, Riccardo Castagnari, l’interprete dello spettacolo in scena fino al 31 marzo al Teatro Vittoria Quince in: Marlene D. – The Legend (produzione NSC Non Solo Comico & Studio 12), incentrato sull’icona del mondo cinematografico Marlene Dietrich in cui la diva è rappresentata cinquantenne, nella fase della sua vita in cui abbandona il cinema per dedicarsi al canto.
La narrazione dello spettacolo prende spunto dalla preparazione meticolosa a uno dei tanti leggendari concerti della diva e da qui si spinge a esplorare alcuni aspetti della sua vita privata, gli amori, lo sfarzo dei costumi e i retroscena della profonda solitudine che segnò soprattutto gli ultimi anni della sua vita. Il tutto accompagnato da alcune delle più belle canzoni del repertorio della Dietrich, da lei cantate sui palcoscenici di tutto il mondo e qui eseguite al pianoforte, rigorosamente dal vivo, da Andrea Calvani.
Ci si potrebbe forse domandare: perché un uomo a vestire i panni di quella che nell’immaginario collettivo incarna forse più di tutte la femme fatale per antonomasia? Perché andare a vedere quello che a tutta prima sembrerebbe il solito spettacolo sulla scia dell’esibizionismo en travesti? In questo senso è bene precisare che chi in scena “diventa” Marlene non è propriamente Castagnari ma Castagnari che diventa Quince, un personaggio-intermediario che permette all’interprete di riuscire a tuffarsi in maniera assolutamente credibile nell’universo femminile della Dietrich e a identificarsi con l’icona del cinema.
In un’intervista che si può leggere sul sito del teatro a questo proposito il regista rivela che il fatto che sia un uomo a interpretare la diva sia giustificato da necessità drammaturgiche intrinseche alla trama – che non verremo di certo a svelare in questa sede – e che in fondo ha da sempre avuto la convinzione che il personaggio di Marlene, per lui così familiare e intimo, fosse impossibile da interpretare per una donna, che difficilmente potrebbe trovare una chiave recitativa all’altezza di rendere l’unicità della femminilità della Dietrich e che arrivi a ricreare in modo credibile il concentrato di ambiguità androgina che la diva sprigionava. Quince (il cui nome fonde quelli degli artisti Queen e Prince) in questo senso consente invece una certa fedeltà alle caratteristiche particolari della Dietrich dando infatti una considerevole prova d’attore: l’identificazione con Marlene è notevole – e del resto ha convinto pubblico e critica all’unanimità – in un trasformismo ben congegnato sorretto dalle interpretazioni dal vivo di alcuni brani resi intramontabili dalla profondità quasi afona della voce della diva, quali ad esempio “Illusions”, “I can’t give you anything but love”, “Lola”, “Johnny”, e naturalmente l’inno pacifista “Lili Marleen” in cui l’esecuzione di Quince raggiunge una vibrante intensità.
Tra riflessioni, pensieri e aneddoti realmente accaduti e romanzati dalla stessa attrice nei suoi diari, quello di Quince è senz’altro uno spettacolo che consigliamo di vedere, e che, oltre ad accompagnare piacevolmente lo spettatore nell’universo di quella che è stata e continuerà ad essere l’icona femminile per eccellenza del cinema mondiale, aiuta a intravedere cosa, dietro l’immagine accecante della stella più brillante, facesse di Marlene Dietrich una vera grande artista.
Alice Salvagni
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