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Salinger, o della “distanza”

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentNon avevo mai letto il famoso romanzo di J. D. Salinger, Il giovane Holden. Lo avevo comprato, annusato un po’ e poi messo da parte, in attesa del giorno in cui sarebbe arrivato il momento giusto per leggerlo.

Poi Salinger è morto e mi è sembrato doveroso scrivere di lui. In fondo, al suo tempo è stato una pietra miliare della letteratura americana.
Personalità eclettica e conturbante per certi versi, forse la cosa che mi ha colpito di più della sua biografia non è stato tanto il modo in cui si è avvicinato alla letteratura (in fondo, un modo vale Salingerl’altro, è il risultato quello che conta), quanto piuttosto il fatto che dopo l’enorme successo riscosso da The Catcher in the Rye (tradotto in Italia nel 1952, l’anno seguente alla sua pubblicazione americana, con Vita da uomo e solo nel 1961 tradotto dalla Einaudi con Il giovane Holden), classico romanzo di formazione che ha conosciuto una enorme popolarità fin dalla sua pubblicazione nel 1951, Salinger, famoso per il suo carattere schivo e riservato, nel 1953 si sia spostato da New York andando a vivere a Cornish nel New Hampshire, riducendo progressivamente i contatti umani fino a vivere praticamente da recluso. Fino a quindici giorni fa, quando è deceduto.

Il mio approccio al romanzo è stato comunque quello della solita  apertura e curiosità, in fondo chi non sarebbe curioso di scoprire le motivazioni di cotanto successo? Eppure la domanda che più mi ha colpito la mente nel corso della lettura è stata: dove risiede davvero la straordinarietà di quest’opera?
Per carità, ben scritto, anche ben congeniato, psicologicamente approfondito, ma in tutto questo, direi, “distante”.
Mi è capitato di leggere su di un blog letterario (http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/) l’intervento di Umberto Eco (“Kairos”) in merito a Salinger ed al suo presunto genio e mi sono resa conto che, io, misera scartina del sistema giornalistico italiano, avevo in testa le stesse illuminate idee di un grande intellettuale.
Eco sostiene che spesso la fortuna di un’opera è anche legata al periodo storico in cui questa vede la luce, e soprattutto in letteratura questa cosa diventa evidente perché la parola scritta è racconto ilgiovaneholdendi un’epoca, di una generazione, di un’idea, ma anche di un malessere. Forse Il giovane Holden, con quel suo linguaggio, all’epoca innovativo, ma ormai antidiluviano, con quelle attitudini tutt’altro che italiane ed ormai obsolete, non mi ha colpito solo perché nella mia testa continuavo a ripetermi che era superato. Eppure allora, mi viene da chiedermi perché I dolori del giovane Werther, di Goethe, pubblicato nel lontano 1774, non mi ha mai fatto questo effetto?

E’ necessario leggere per capire e come sempre, ci saranno accaniti sostenitori e acerrimi nemici di un’opera, ma come sostiene lo stesso Eco “dagli anni Sessanta a oggi lo ’stile Salinger’ [ha] avuto tale fortuna ed [è] riapparso in tanti altri romanzi, che non [può] che apparirmi di maniera, e in ogni caso per nulla inedito e provocatorio. Il romanzo [è] divenuto poco interessante a causa del successo che [ha] avuto”.
Holden è un giovane adolescente dei primi anni ’50 in piena crisi di crescita, ma la cui contestazione non ha niente a che vedere con quella storica degli anni ’60, per esempio, o con quella anche filosofica degli anni ’70.
E’ passata troppa acqua sotto i ponti e nessuno mi toglie dalla testa che la genialità non si vede dal periodo storico in cui un’opera vede la luce (anche se inizialmente è proprio da quello che trae la sua fortuna), piuttosto dalla capacità di quell’opera di rimanere attuale nel tempo, di divenire immortale.

In ogni caso il Salinger’s Funeral Party celebrato all’omonima Scuola Holden (Torino) di Alessandro Baricco, lo scorso 9 febbraio, è stata un’idea davvero apprezzabile. Dalle 18.00 all’01.00, tra letture, cibo e musica, 9 amici scrittori hanno letto e raccontato uno de I nove racconti di Salinger:
Dario Voltolini/Un giorno ideale per i pescibanana
Davide Longo/ Alla vigilia della guerra contro gli Esquimesi
Ernesto Franco/Bella bocca e occhi miei verdi
Elena Varvello/ L’Uomo Ghignante
Enrico Remmert/Il periodo blu di De Daumier-Smith
Fabio Geda/Lo zio Wiggily nel Connecticut
Paolo Giordano/Teddy
Letizia Muratori/Giù al dinghy
Alessandro Baricco/Per Esmè: con amore e squallore.
Non esiste un modo migliore per commemorare uno scrittore, in fondo “chi li vuole i fiori quando sei morto?”.

Eva Kent (evakent.74@gmail.com)

Eva Kent, Il giovane Holden, J.D. Salinger, MArtaMagazine, martelive, Rubrica L'illetterata

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