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Piazza Fontana – 40 anni dopo

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[ATTUALITA’]

locandina_Piazza_FontanaROMA- Sabato 12 dicembre alla Casa del Cinema di Roma c’è stata una giornata per ricordare il quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano, in collaborazione con RaiTeche, Cinecittà Luce, il Cesint, la Regione Lazio, la Provincia e il Comune di Roma.

L’evento è stato una sorta di happening che è partito nel primo pomeriggio ed è proseguito fino alla sera in un alternarsi di dibattiti, filmati ed esibizioni dei vari artisti che si sono avvicendati sul palco. Dopo la proiezione di alcuni filmati dell’epoca tratti da “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli che mostravano le immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano devastata dopo l’attentato del 12 dicembre 1969 che provocò 17 morti e 88 feriti (oltre alle tre bombe che esplosero a Roma nello stesso pomeriggio a Via Veneto e in Piazza Venezia facendo registrare 17 feriti), si introduce una tavola rotonda dal titolo Il cinema italiano e il terrorismo, moderata da Marco Spagnoli, a cui partecipano Enzo Porcelli (produttore del film sul terrorismo Colpire al cuore di Gianni Amelio del 1983), Renzo Rossellini (produttore e figlio del grande regista Roberto), Renato De Maria (regista del film La prima linea del 2009 che racconta la storia dell’organizzazione di estrema sinistra Prima Linea) e Andrea Occhipinti (produttore de La prima linea e di altri film come Il divo su Andreotti), che racconta i problemi e le difficoltà incontrate con il Comune di Milano per avere il patrocinio del film.
Riccardo Tozzi, produttore del film Piazza Fontana di prossima uscita, dichiara che l’obiettivoCasa_del_Cinema_003 del film è quello di aprire uno spazio di autocoscienza, cita il libro di Paolo Cucchiarelli Il segreto di Piazza Fontana (Ponte alle Grazie, 2009), il lavoro della commissione stragi di Giovanni Pellegrino e dice che secondo lui non si può parlare di “servizi deviati” in merito alla strage di Piazza Fontana perché i servizi segreti combattevano una battaglia “retta” dal loro punto di vista, gli sceneggiatori del film saranno Rulli e Petraglia e il regista Marco Tullio Giordana (lo stesso team de La meglio gioventù), ci sarà un cast di attori italiani. Gianfranco Pannone è il regista del film Il Sol dell’Avvenire del 2008 sulla nascita delle BR e denuncia l’assenza di un dibattito sul terrorismo e un conformismo generale che rende difficile fare film su questo argomento, per Riccardo Tozzi bisogna cercare di vincere prima di tutto le censure che vengono da noi stessi, le auto-censure, oltre a quelle del potere.
Dopo l’intervento di Silvio Di Francia, ex assessore alla cultura del Comune di Roma che ora collabora con la Regione Lazio, per spezzare la tensione arriva il finto critico cinematografico Johnny Palomba, che indossando la consueta maschera dice di venire dalla Colombia, legge il “Codice Porcoddinci”, cita l’”Opus Gay”, racconta che Gesù era un tecnico Fastweb, parla di “Guerre Sperlari e la vendetta della Telecom”, del film Troy e dell’Ikea, suscitando risate e qualche comprensibile imbarazzo. Interviene quindi il vignettista Vincino (nome d’arte di Vincenzo Gallo) che ha seguito il processo di Catanzaro sulla strage di Piazza Fontana e dice che il partito degli avvocati di Freda e Ventura (i due neofascisti accusati di essere i responsabili della strage) ora è al governo e occupa la terza carica dello Stato (nello stesso tempo disegna una vignetta di Fini il Presidente della Camera).

Casa_del_Cinema_002Vengono proiettate le immagini dei cinegiornali dell’epoca sull’attentato e i funerali delle vittime, rimontate dall’Istituto Luce da Patrizia Penzo, segue una tavola rotonda moderata dalla giornalista Roberta Serdoz dal titolo Legalità e memoria a cui partecipano Rosa Calipari (deputata del PD e vedova dell’agente del Sismi Nicola Calipari ucciso in Iraq durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena), Giuseppe Narducci (magistrato), Sergio Flamigni (ex dirigente del PCI e membro di varie commissioni sul caso Moro e la P2) e Gianni Cipriani (direttore del Cesint, Centro Studi Strategie Internazionali). Rosa Calipari parla di Gemma Capra (la vedova del commissario Luigi Calabresi, accusato della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli volato giù dalla questura di Milano tre giorni dopo la strage di Piazza Fontana e a sua volta ucciso nel ‘72), del figlio Mario Calabresi e del fatto che dalle 500mila pagine di atti giudiziari emergono solo vittime ma non ci sono i colpevoli. Sostiene che le vittime non sono una categoria, così come i parenti delle vittime, ognuno ha la sua storia, la vera vittima è la democrazia del nostro paese, nelle aule giudiziarie non si trova la verità e quando manca il senso di giustizia è difficile parlare di pacificazione. Giuseppe Narducci ribatte che non è vero che non si sa nulla, la sentenza di Piazza Fontana non è assolutoria o meglio non completamente, individua gli esecutori materiali dell’attentato in Carlo Digilio a cui sono state riconosciute le attenuanti per aver collaborato ma non è stato assolto, così come Delfo Zorzi che è latitante all’estero, mentre Franco Freda e Giovanni Ventura erano corresponsabili della strage ma non potevano più essere processati perché assolti nel processo di Catanzaro del 1987. Secondo Narducci quella di Piazza Fontana fu una “strage atlantica”, commessa da Ordine Nuovo (organizzazione di estrema destra). Le vicende criminali del nostro paese riguardano direttamente il potere e le classi dirigenti, in Italia si è fatta battaglia politica attraverso lo stragismo e l’omicidio politico. Roberta Serdoz ricorda che la sentenza della Cassazione del 2005 ha imposto ai parenti delle vittime di pagare le spese processuali e questo certo non aiuta a fare chiarezza e giustizia. Sergio Flamigni ha vissuto quel momento in cui dopo l’avanzata del PCI alle elezioni del ’68 si tentò di bloccare quel processo con la cosiddetta “strategia della tensione” di cui la strage di Piazza Fontana fu solo la prima di una lunga serie (Piazza della Loggia a Brescia, la strage dell’Italicus, la bomba della Stazione di Bologna, ecc.), dove i responsabili materiali e gli esecutori sono sempre i neofascisti anche se si cerca sempre di attribuire ad altri le responsabilità (anarchici, comunisti, ecc.). Quando si arrestano elementi appartenenti ai servizi segreti come Guido Giannettini (collaboratore del SID) tutto viene fermato in nome del segreto militare o di Casa_del_Cinema_005Stato. In un’intervista a L’Espresso il generale Gian Adelio Maletti (capo del controspionaggio del SID) dichiara apertamente che l’esplosivo per Piazza Fontana fu prelevato nelle basi militari americane in Germania e consegnato ai terroristi di Ordine Nuovo. La sorte dell’Italia è quella di essere un paese a Sovranità limitata, come il titolo di un libro di Gianni e Antonio Cipriani scritto nel 1991 sulla storia dell’eversione atlantica in Italia. Maletti nella sua intervista parla perfino di Richard Nixon che era perfettamente a conoscenza della strategia della tensione che durò fino al 1974 quando lasciò la presidenza degli Stati Uniti. La caduta di Nixon segnò la fine delle stragi, anche se per i delitti successivi come il sequestro Moro devono ancora essere accertate le responsabilità dei mandanti oltre che degli esecutori materiali (le BR). Gianni Cipriani nel 2000 presentò una relazione su Piazza Fontana dove la definiva “strage atlantica di Stato” ma si trovarono isolati non solo dalla destra (che li accusava di essere dei “brigatisti”) ma anche dal “fuoco amico” della sinistra perché si parlava degli americani e in quel momento era in atto un processo di accreditamento della sinistra italiana presso gli USA. All’epoca furono difesi solo da Fabio Mussi ma dopo 9 anni si è visto che non si trattava proprio di estremisti visionari.

A questo punto sale sul palco Vauro (il vignettista Vauro Senesi) che all’epoca della strage aveva solo 14 anni e ricorda che all’epoca si parlava di “immaginazione al potere” o di “potere all’immaginazione”, e quella bomba provocò uno spostamento d’aria rischiando di far passare una generazione dall’immaginazione alle pistole. Il terrorismo non ha giustificazione ma la guerra sì, e la giustificazione la trova guarda caso proprio nel terrorismo. Dopo la stagione di “Mani Pulite” nel ’92 ci sono state le stragi di Capaci e Via D’Amelio (dove morirono i giudici Falcone e Borsellino), le bombe di Roma e Firenze nel ‘93 e l’avvento di Berlusconi nel ‘94, che segnano un ulteriore spostamento. Rosa Calipari ricorda che la legge del 2007 sulla riforma dei servizi segreti ha ridotto da 50 a 30 anni il termine del “segreto di Stato” che spesso viene usato per impedire inchieste e indagini come nel caso di Piazza Fontana, che è stato forse il nostro 11 settembre, anche se non bisogna fare l’errore di pensare che tutto il terrorismo rosso nasce dalle stragi neofasciste, perché quelli furono anni di violenza da tutte le parti. Ricorda il senatore Guido Calvi (avvocato tra gli altri di Pasolini e di Valpreda, l’anarchico accusato inizialmente della strage di Piazza Fontana) che in Italia abbiamo avuto un decennio di stragi e in tutti i processi ci sono stati come imputati sia neofascisti sia uomini dello Stato (generali, funzionari dei servizi segreti, ecc.). Dietro l’accusa di Valpreda c’era il questore di Milano, Marcello Guida, costruttore della “pista anarchica”, che era stato anche il carceriere di Pertini durante la guerra. Bruno Vespa annunciò al Casa_del_Cinema_006TG nazionale del 16 dicembre ’69 che era stato preso il “mostro” e da allora iniziò una campagna contro Valpreda. Calvi parla di magistrati come Occorsio, Stitz, Calogero, D’Ambrosio e altri che fecero bene il loro lavoro e riuscirono a incriminare anche politici e militari. Bisogna avere la consapevolezza che la battaglia è stata vinta perché gli anarchici sono stati assolti e individuati i responsabili (anche se non sono in carcere). Roberto Gualtieri, docente di storia contemporanea e vicedirettore dell’Istituto Gramsci, sostiene che la verità storica sul perché fu compiuta quella strage è chiara: arrestare la deriva a sinistra di un paese in via di sviluppo come l’Italia da parte degli USA, in modo particolare dell’amministrazione repubblicana, che (a differenza di quella democratica di Kennedy e Johnson) si intrecciò con l’eversione nera e il terrorismo. La riflessione storica e politica su Piazza Fontana è la base di partenza per fare del nostro paese una democrazia consapevole. Quindi è la volta di David Riondino, che nel ’69 aveva 17 anni e legge il testo di Pasolini del ’74 (tratto dagli Scritti Corsari) in cui dice “io so i nomi dei colpevoli…ma non ho le prove…perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”. Riondino ricorda la guerra in Vietnam e l’occupazione di Praga, poi sostiene che il discorso di Obama al ricevimento del Nobel chiude un’epoca (quella della “guerra fredda”) perché parla di “guerra giusta” e “pace giusta” preparandoci ad un nuovo ciclo per l’umanità. A chiudere la serata l’intervento di Daniele Biacchessi, giornalista, scrittore, autore e interprete di teatro civile (suoi il libro Il paese della vergogna del 2007 e il testo teatrale 12 dicembre 1969 – Piazza Fontana, il giorno dell’innocenza perduta) che arriva da Milano per raccontare Piazza Fontana con gli occhi di un ragazzo di dodici anni (quanti ne aveva all’epoca della strage), con sottofondo musicale di Brian Eno. Nel 1990 il giudice Guido Salvini decide di riaprire le indagini su Piazza Fontana e nel ’93 chiede l’intervento del Ros di cui fa parte Gianluca Santilli, che all’epoca della strage aveva solo 5 anni, fino ad arrivare all’assoluzione del 2005 che ha gettato nello sconforto molte persone e testimoni di allora, mentre i responsabili girano ancora a piede libero e spesso ricoprono incarichi istituzionali. Per questo ad oggi, per Piazza Fontana e per tutte le altre stragi, ancora nessuna giustizia.

Per non dimenticare, grazie.

 

Alessandro Sgritta

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