Per fortuna è una notte di luna
[TEATRO]
ROMA- Si apre il sipario e il buio della sala viene illuminato da una splendida gigantesca mezza luna, circondata da un cielo stellato nel quale appare un astronauta che fluttua sulle note di Fly me to the moon.
È la suggestiva e splendida apertura dello spettacolo Per fortuna è una notte di luna, di Gianni Clementi, in scena al Teatro Vittoria di Roma dal 24 novembre al 20 dicembre scorso, per la regia di Stefano Messina.
È la notte del 20 luglio 1969 e tra le stelle echeggiano i pensieri di Neil Armstrong, che si domanda quali potranno essere le parole più adatte da dire ai milioni di spettatori che assisteranno allo storico evento da tutta la lontana Terra. Ci vorrebbe una poesia, una delle tante che i poeti di ogni tempo hanno dedicato all’astro notturno, ma non se l’è preparata e teme di non ricordarla nell’emozione del momento… per fortuna, la luna è infinita fonte di ispirazione, per chi sa ascoltarla, ed eccole le parole giuste: “un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”.
La grande luna si scoperchia e ci riporta sulla Terra, all’umanità, su una terrazza condominiale di una palazzina romana. Il muratore Gabriele (Roberto Valerio) lavora alla costruzione abusiva di una mansarda mentre intorno a lui fervono i preparativi per assistere in diretta all’allunaggio, con la famiglia riunita davanti ad un televisore e una tavola imbandita.
Un po’ alla volta arrivano tutti, a cominciare dal sarcastico ed autoritario patriarca, il sor Achille (Stefano Altieri), che, di umili origini, si è arricchito vendendo sanitari e assecondando le cattive abitudini dei tempi, e dalla moglie Olga (Paola Giannetti), che da classica madre di famiglia cerca di tenerne insieme i pezzi, facendo da cuscinetto tra le discussioni e le incomprensioni tra padre e figli. Come quelli con la figlia adottiva Marina (Annalisa Favetti), ribelle e in cerca di attenzione con i suoi continui finti tentativi di suicidio, o quelli con lo scapestrato Mariano (Massimiliano Franciosa), eterno studente inconcludente, che sogna di diventare un novello John Travolta e di trovare il successo partecipando al concerto di Woodstock, mentre il padre lo vorrebbe sistemare con Michelina (Emanuela Fresi), la figlia del ricco proprietario di una trattoria romanesca. L’unico figlio che dà soddisfazione al sor Achille è Mario (Carlo Lizzani), geometra del Comune e piccolo intrallazzatore, sposato con Immacolata (Annalisa Di Nola), ex ‘pesciarola’ napoletana tutta dedita alle cure del loro figlio Gualtiero, prossimo alla laurea in Ingegneria, con grande orgoglio del nonno. A completare il quadretto famigliare c’è poi il tenero zio Erminio (Renato Scarpa), ex partigiano, amante della poesia e un po’ svanito a causa delle ferite riportate in guerra.
In una atmosfera un po’ alla ‘Poveri ma belli’, ma priva di quel candore e onestà, si susseguono sulla terrazza una serie di situazioni comiche, condite con leggerezza ed ironia da divertenti battute romanesche e accompagnate da tante canzoni celebri dell’epoca, con le quali questa famiglia apparentemente normale svela poco a poco tutte le sue storture, culminando, alla fine del primo atto, con l’arresto rocambolesco di Mario.
La storia della famiglia Palmieri, che potrebbe essere quella di molti, in quegli anni, si muove sullo sfondo della Storia del nostro paese, di cui ci fa rivivere alcune delle tappe fondamentali. Dopo l’uomo sulla luna, infatti, ritroviamo ancora tutti riuniti sulla stessa terrazza, sempre più cupa e invasa dalla costruzione abusiva, alla fine del ’69, a festeggiare la laurea di Gualtiero. Il giovane è già partito alla volta di Milano, dove dovrà fare dei sopralluoghi per la ristrutturazione delle filiali della Banca Nazionale dell’Agricoltura, come quella di piazza Fontana… E poi ancora, grazie a riuscitissimi cambi di scena a vista, dove gli attori, in penombra, trasformano se stessi e la scenografia a ritmo di balli e canzoni, li ritroviamo nel 1978, con il rapimento Moro, per finire in un grigissimo 1993, con la fine della Prima Repubblica.
La luna è sempre più lontana. La simpatia e la leggerezza dei personaggi che nel primo atto suscita risate e benevolenza è velata dal cinismo e dalla crescente corruzione degli animi che trasforma la famiglia Palmieri, in una emblematica, e direi agghiacciante, rappresentazione di una certa classe politica e sociale dei nostri tempi. L’unico che resta puro fino alla fine è il povero Erminio, che riesce ancora a sognare e a provare uno stupore infantile di fronte alle bellezze del mondo e ai versi delle sue amate poesie.
Molto bravi tutti gli interpreti, tra i quali spiccano in modo particolare Stefano Altieri e Renato Scarpa, per una commedia di denuncia, perfettamente riuscita, che con la chiave dell’ironia e della comicità racconta con leggerezza e lucidità la storia di un paese che va a rotoli, con una società che ha perso di vista i valori fondamentali e premia la ‘furbizia’ e la disonestà e non è più capace di guardare la luna…
Emanuela Meschini
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