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Quelle voci dal vuoto

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentSarà perché il mio percorso di studi ha toccato e approfondito il fenomeno migratorio, che quando mi sono ritrovata tra le mani il volume di Guido Tassinari, Quelle voci dal vuoto, edito dalla Iacobelli nella collana Frammenti di memoria, sono rimasta immediatamente attratta dalla posizione da cui si guarda alla storia.

La Storia, quella con la S maiuscola, è quella che ci raccontano i libri di scuola quando parlano delle migrazioni del nuovo millennio, la storia piccola, quella di tutti i giorni, è quella che ognuno di noi vive sulla sua pelle, o vede vissuta dalla pelle, bianca, nera o gialla (a me poco importa il colore) di chi gli sta intorno.
Un piccolo passo indietro, però … nel periodo, durato all’incirca 6 mesi, in cui ho collaborato con un plesso scolastico di Roma, nel ruolo di mediatrice culturale, ho avuto davanti ai miei occhi bambini, dai tre ai dieci anni, di tutte le etnie e le provenienze. Spesso mi sono chiesta, se la mia attenzione, così come quella di tutti coloro che lavorano nell’ambito della “multiculturalità”, fosse un passo in avanti oppure semplicemente un modo ortodosso di sottolineare le differenze culturali e non.
Nel mio cuore, ai miei occhi, le differenze dagli altri appaiono per quello che sono, pure e semplici, indifferentemente da età, provenienza, colore e religione, l’idea che ha sempre guidato i miei gesti ed i miei pensieri è sempre stata quella di un arricchimento interiore reciproco. Poi ho scoperto il melting pot, la cultura politica sulla migrazione e la posizione sociale che rivestono gli immigrati che arrivano in questo Paese. E ho perso la bussola.

Guido Tassinari, con un linguaggio a volte aulico, a volte crudo e addolorato, con citazioni di fonti copertina-libro-voci-dal-vuotoanche autorevoli, presenta un testo profondamente alternativo, che però ci permette il lusso, di provare a comprendere, almeno una volta profondamente, quello che spesso ci dicono tra le righe i giornali e i dispensatori di perle di saggezza.
Quelle voi dal vuoto non è solo una storia, ma il racconto a voci incrociate di quattro storie di migranti, in viaggio verso l’Occidente che non li vede, non li vuole, eppure ne ha bisogno. Perché noi ormai abbiamo bisogno non solo di chi fa quei lavori che a noi non piacciono più e spesso ci fanno ribrezzo, ma anche di chi si prenda cura, a livello fisico della nostra famiglia e della nostra stessa vita.
Il racconto parte dall’Eritrea e arriva a Milano, ma passa dalle Mauritius a Washington, dal Guatelama a chissà dove: gli uomini e le donne che incrociamo sul nostro cammino sono senza nome (al massimo hanno delle iniziali) e senza volto, migranti del mondo globale, clandestini indesiderati eppure così necessari, che raccontano il loro viaggio in una specie di canto comune, una partitura in quattro atti. Una partitura particolare, che ognuno può personalizzare seguendo un percorso piuttosto che un altro, in base ai numeri annotati a fine racconto che indicano dove sarà possibile nel libro incontrare di nuovo quella voce, oppure un’altra versione della storia. Alle voci soliste che narrano di sè si affiancano quelle dei personaggi che questi incontrano nella loro personale odissea. E, fuori campo, qualcuno commenta e collega molti fili di questo racconto sinfonico del nostro mondo attuale, un caos colto nei suoi aspetti più crudi e disumani, quelli dell’interiorità delle persone coinvolte, delle loro aspettative di vita e del futuro che li aspetta. Le foto inframmezzate nel testo costituiscono una storia parallela raccontata con le immagini raccolte in reportages realizzati in Italia, USA, Emirati Arabi, Inghilterra, Messico, Africa, Guatemala. Emblematici anche i nomi dei capitoli o atti in cui è diviso il libro: Atlanti, Costruzioni/Distruzioni, Mestieri, Marce.

Non mi sembra opportuno andare a sfrugugliare nel dettaglio le storie che vengono raccontate, piuttosto mi farebbe piacere porre l’accento su Tassinari e la rete indi.Genti: rete di artisti e lavoratori precari fondata nel 2006, che lavora collettivamente per imbrigliare in narrazioni sperimentali e multimediali il caos contemporaneo e i suoi scarti umani.
Il lavoro proposto dalla rete e che ha preso la forma di questo libro/racconto è un grande lavoro umano e sociale che merita attenzione, sia per le tematiche proposte che per il modo in cui vengono proposte: il libro attrae, ma disgiunge anche, allontana, addolora, mostrando verità scomode per molti. Il linguaggio è a volte volutamente scorretto grammaticalmente, a volte difficile da seguire per la profondità delle riflessioni, a volte semplicemente familiare, sempre in ogni caso va a toccare corde profonde e genera molti interrogativi.
Molte delle domande, che tutti coloro che hanno un certo spessore animico si fanno, rimangono senza risposta, molte altre sorgono dal nulla, da riflessioni sulla vita e sulla fatica di altri. La risposta è tra le righe, oppure addirittura fuori dal testo, nella vita di tutti i giorni, quella vita che non regala, che disgiunge, che affatica.
C’è stata una frase che mi ha colpita: “Il mondo è uno. Il mondo è uno?, a fine del racconto Anime smarrite, lascio a voi questa risposta…

Guido Tassinari, Quelle voci dal vuoto, Edizioni Iacobelli, pag. 254, € 16

Eva Kent (evakent.74@gmail.com)

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