Il carro armato rock de Il Teatro degli Orrori
[MUSICA]
ROMA- E’ un appuntamento da non perdere quello con Il Teatro degli Orrori, Roma si prepara ad accogliere cinque musicisti sorprendenti e dal fortissimo impatto scenico. Il loro non è semplice rock, ma il più hard che l’Italia abbia mai prodotto. Un’appassionata miscela di vibranti note e pungenti parole che scuotono le coscienze e spingono alla riflessione.
Quando arrivo al Circolo degli Artisti è già sold out, la sala è stracolma e tentare di raggiungere la transenna è un’impresa ardua. A luci spente i cinque mentori della crudeltà si sistemano sul palco per dare inizio a un live da effetto centrifuga.
Si inizia con “Direzioni Diverse” dall’ultimo lavoro A Sangue Freddo uscito lo scorso 30 ottobre, un album forse più morbido nel sound, ma crudo e diretto nelle liriche.
Il pubblico del Circolo degli Artisti è affamato, si ubriaca inerme della follia scaricata dal palco. Si abbandona alla musica e al ghigno di un mefistofele terreno che trascinato da una folla furente giunge fino in fondo al locale.
La scaletta si alterna tra nuovi e vecchi brani, quelli in cui il noise faceva da padrone. Pier Paolo Capovilla, con la sua voce dal tono dissacrante e provocatorio, ci accompagna in un viaggio sonoro che apre gli occhi e la mente.
I seguaci di Ataurd esprimono la loro teatralità nella fusione dei principali linguaggi della messa in scena: il gesto, il movimento, il suono e la parola. “Utilizzare il grottesco, l’orrendo e il dolore per aggredire il pubblico”
“La canzone di Tom” e “Compagna Teresa” sono sicuramente i brani più amati, ma è durante “A Sangue Freddo” che la sala inizia a oscillare senza sosta. Il brano è un tributo a Ken Saro Wiwa, un poeta e attivista nigeriano che nei primi anni novanta, con la sua MOSOP (Movement for the Survival of the Ogoni People), si fece portavoce delle popolazioni del Delta del Niger contro le multinazionali petrolifere (accusate di abuso e inquinamento) e per questo fu giustiziato nel 1995.
Il live è folgorante e suona come tanti pugni in faccia: le scariche sonore di una chitarra possente, i ritmi cruenti di una batteria scatenata, la pienezza di un basso sicuro e la derisione di una voce narratrice.
Un breve bis in cui, attraverso “1000 Doses Of Love”, appagano gli aficionados dei One Dimensional Man che possono dire di aver assistito davvero ad un Carrarmato Rock.
Paola D’Angelo
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