UP, regia di Pete Docter e Bob Peterson
CINEMA- Up, decimo capolavoro della Disney Pixar, dopo aver aperto il sessantaduesimo festival di Cannes è arrivato trionfalmente anche nelle sale italiane. Il film di animazione racconta la storia di Carl Fredricksen, un anziano venditore di palloncini caduto nella depressione più nera dopo la morte dell’amata moglie.
L’uomo, perso nei ricordi del passato, è legato in maniera quasi ossessiva alla sua casa, testimone di momenti di grande felicità. Si respirano momenti di angoscia in sala. Non parliamo delle lacrime! Fino a quando l’anziano signore, complice Russell, un bambino alla ricerca di avventura e di una spilletta al valore da scout, decide di intraprendere il viaggio/sogno che da sposato non era mai riuscito ad intraprendere: dirigersi verso l’America del Sud per onorare un’antica promessa fatta alla moglie. E cosa c’è di meglio se non farlo volando con la propria casa “stile mongolfiera” trainata da migliaia di palloncini?
Da qui inizia l’avventura delle avventure, fra cani resi parlanti da avveniristici collari, pennuti enormi e leggendari e il cattivo di turno, Charles Muntz, vecchio esploratore in esilio e in cerca di riscatto.
La storia, adorabile anche per i meno appassionati di animazione, accompagna lo spettatore sorprendendolo per il dinamismo e per la delicatezza con cui tratta temi davvero centrali nella vita di ciascun uomo: la morte, la perdita, la depressione e il valore dell’amicizia, per fare solo alcuni esempi. I simboli sono davvero tanti e le metafore mai banali.
Commovente quando l’uomo, pur di salvare i nuovi amici, si libera di tutto ciò che lo aveva tenuto “a galla” dopo la morte della moglie: mobili, quadri e tutto ciò che rendeva impossibile alla casa di riprendere a volare. Un’esigenza narrativa? No, no. Forse un monito: se vuoi andare avanti e superare il dolore, devi per forza lasciare ciò che ti tiene saldo a terra, o 3 metri sotto. Solo così la vita può riacquistare di senso. Buona visione!
Angelo Passero
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