Ascanio Celestini: “Canzoni Impopolari”
[MUSICA]
ROMA- Il teatro di narrazione, martedì 21 luglio alla Cavea dell’Auditorium, si è trasformato in “canzone di narrazione”. La manifestazione Luglio Suona Bene 2009 ha ospitato Ascanio Celestini e il suo spettacolo Canzoni Impopolari, uno show musicale e teatrale in cui il monologhista romano porta in scena personaggi e storie che in comune hanno l’animo rivoluzionario e di protesta.
Con lui sul palco i quattro musicisti con cui ha inciso il suo primo album Parole Sante: Roberto Boarini al violoncello, Gianluca Casadei alla fisarmonica, Matteo D’Agostino alla chitarra, Luca Caponi alla batteria.
Canzoni dal contenuto impopolare in cui un piccolo presidente di un piccolo paese assilla i suoi sudditi con i suoi piccoli problemi, anteponendo le sue esigenze a quelle del suo popolo. Dove non esiste più il pudore e il timore del saluto romano, ma lanciare il sasso e mostrare la mano è un fare quotidiano.
Le liriche di Celestini contengono temi scomodi e di facile conclusione a cui il pubblico presente in Cavea, attento e silenzioso, non può fare a meno di applaudire e condividere anche con qualche piccolo commento fuori campo.
“La casa del ladro” (o forse sarebbe meglio chiamarla: la casa del Padrone) in cui non c’è nulla da rubare, anche l’aria che si respira è frutto di un furto, ma quando ruba il padrone non è reato e quando viene arrestato il suo alibi regge, perché lui è la legge. Un luogo in cui la disperazione di un “suddito” si può trasformare in qualcosa di più di un semplice furto: l’omicidio.
Il neo cantautore apre il concerto parlando al megafono e raccontando agli spettatori in quale luoghi si sarebbero trovati e quali storie avrebbero ascoltato: “benvenuti nel paese di Monnezza dove ogni finestra che si apre e ogni porta che si spalanca è una bocca che rovescia monnezza nelle strade, dove il proletariato mangia monnezza e diventa massa, dove i padroni nascondono la monnezza sotto il tappeto, dove i servi parlano straniero e lavorano sotto al tappeto insieme alla monnezza, dove i politici smettono di ascoltare il paese mentre il paese è costretto ad ascoltare i politici, dove i palazzinari costruiscono le città con la sabbia del mare come i bambini sulla spiaggia con secchiello e paletta, dove i terremoti hanno un audience, dove la mafia ha il doppiopetto, dove la camorra esprime il meglio del Made in Italy, dove l’erbavoglio cresce nel giardino del re mentre l’erba del tuo vicino in borgata fa schifo come quella del tuo giardino. Perché questo è il paese di monnezza e la frutta cresce marcia sugli alberi, le vacche danno latte acido e le galline stringono l’uovo nel culo per non deporlo nella monnezza. Dove la destra ha tutte le dita del corpo, dove la sinistra è solo una questione per mancini, dove il giorno e la notte sono nella stessa ombra, dove.. se questo è il popolo noi siamo diventati impopolari”.
La musica procede in blues e folk e i testi continuano a travolgerci di vita, disperazione e rassegnazione di un popolo assoggettato ai suoi “regnanti” e all’impossibilità, o l’incapacità, di alzare la testa e protestare.
“Noi siamo quelli…” siamo i froci, siamo gli Ebrei, Palestinesi dell’Intifada, siamo le zecche comuniste, ma c’è stato un tempo in cui eravamo cadaveri vivi, vivevamo nei cimiteri al fosforo, frequentavamo solo funerali e dietro i morti in guerra pomiciavamo con le veline. Una canzone dedicata probabilmente anche a personaggi scomodi a causa della loro etnia, del loro credo religioso o politico.
A un certo punto arriva anche il momento de “La Rivoluzione”, il conto alla rovescia e il popolo che decide si alzarsi e protestare.
Quello in cui ci ha portati Ascanio Celestini è stato un viaggio fatto per lo più in salita, tra il vecchio e il nuovo proletariato, tra i padroni che cambiano titolo ma non volto e tra i bassi fondi dove la crisi e lo sdegno verso i governati, il loro ostentato benessere e i loro futili problemi non trova le giuste parole per esprimersi.
Giri di parole ricercate, incastri perfetti, narrazioni veloci e senza pause tutto questo è Canzoni Impopolari. Ma poi, come si è chiesto lo stesso Celestini, impopolari per chi?
Paola D’Angelo
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