Il Re del Pop dai calzini bianchi
Michael Jackson, un mito, anzi no, IL mito per milioni di fan che per ben tre decadi lo hanno osannato, amato, venerato e sospirato. Dagli inizi alla tenera età di 5 anni con i Jackson Five per arrivare ad una entusiasmante carriera solista, Michael, Jacko, è stato colui che ha rivoluzionato il modo di fare pop negli anni ’80.
Il suo album Thriller del 1982 detiene ancora attualmente il record di vendite con 50 milioni di copie (perché ancora non avete visto le cifre da capogiro che segna YouTube sulle visualizzazioni dei video di “Billie Jean”, “Thriller”, “Beat It” tre estratti proprio di quell’album!) vendute in un periodo in cui, proprio come ora, il mercato discografico segnava una crisi profonda. Sua grande intuizione ed innovazione nell’ambito della discografia mondiale è stata quella di aver puntato gran parte della sua carriera, sui video delle sue canzoni: dei veri e propri cortometraggi con tanto di sceneggiatura, storia sensata, ospiti VIP e registi di grido internazionale.
Ricordiamo Beat It alla cui regia ritroviamo nientemeno che Van Halen, Thriller, del 1983 (della durata di ben 13 minuti e spiccioli) con alla regia John Landis (Un lupo mannaro americano a Londra) e come voce fuori campo finale, l’illustre attore dell’horror anni ’60 Vincent Price, o Bad del 1987 con alla regia nientemeno che il genio Martin Scorsese. Collaborazioni illustri ed amicizie da vera star di Hollywood: nel video di Smooth Criminal (album Bad) ritroviamo Marlon Brando; in Say Say Say (1983), Michael collabora con l’ex Beatles Paul McCartney e l’elenco potrebbe continuare fino a comprendere i Vip più Vip dei miracolosi anni ’80. Se volete avere un piccolo assaggio delle Star americane che il Jacko internazionale è riuscito a coinvolgere nelle sue brillanti intuizioni videomusicali, basta che vi guardiate il video di “Liberian Girl” (Bad):
http://www.youtube.com/watch?v=PjtI2WZTZ9k&feature=channel
Con Bad, a Jacko è riuscito ciò che a pochi era riuscito prima, bissare il successo mondiale del suo precedente album, Thriller: ben 15 milioni di copie vendute. In 10 anni di carriera Michael Jackson è stato in grado di vendere ben 110 milioni di dischi, e solo questo lo rende, e a merito, unico e solo Re del Pop. Del 1991 l’album Dangerous, che sebbene non arrivò alle cifre epocali degli altri due, ebbe comunque un vasto successo tra il pubblico dei fan e non solo.
La fase ascendente della sua lunga carriera cominciò a calare in seguito allo scandalo in cui venne coinvolto nel 1993, quando venne accusato di pedofilia: ancora mi sto chiedendo che tipo di interessi abbia celato quella vicenda così poco chiara che non ebbe mai un seguito giudiziale (Jacko fece un accordo miliardario con la parte in causa per mettere a tacere tutta la faccenda).
Un genio: sregolato, con delle vere manie da Star (come quella di usare sempre i calzini bianchi nelle sue esibizioni live e nei suoi video), ma pur sempre un genio musicale innato, che ha saputo dare una svolta storica all’andamento della musica pop, ed è stato in grado di cambiare anche il palinsesto della storica MTV, grazie proprio alla fama dei suoi video, e detiene tutt’ora il primato dell’artista di colore ad essere passato per primo e così ripetutamente su una rete americana.
Forse ai più giovani lettori, quel che resta di lui sono le inquietanti trasformazioni fisiche dovute agli innumerevoli interventi di chirurgia estetica che lo avevano completamente stravolto somaticamente. Fissazione, problema medico, che importa? Non è certo dei pettegolezzi che sono girati intorno alla sua figura di uomo e di artista che ci interessa soffermarci. Quel che oggi, dopo la sua morte così improvvisa e confusa, resta di lui è il ricordo indelebile di un uomo che è stato in grado di inventare la moda di se stesso: incredibile ballerino, cantante dalle doti innegabili, intuitivo cinematograficamente parlando, eccentrico, è stato anche il fautore di una vera e propria tendenza di abbigliamento (vi consiglio in merito di leggere l’articolo sulla rubrica DIMODA&DEMODE’ di questa settimana che approfondisce proprio questo argomento).
Invece, quel che resta a me di Michael Jackson è il ricordo di un periodo straordinario: quando è uscito l’album Bad avevo solo 13 anni, ballavamo in una cantina che aveva sui muri i cartoni delle uova, perché i vicini non si lamentassero troppo del rumore che facevamo, studiavamo i video delle sue canzoni per impararne i passi e tra una canzone e l’altra, nascevano i primi amori, quelli che, più vai avanti nel tempo, più ti lasciano in bocca il sapore dolce della scoperta.
Questo è stato Jacko per me: la mia adolescenza, la mia capacità di sognare ed inventare, la mia voglia di crescere ascoltando la musica, per imparare a conoscerla, a giudicarla, a capirla. I miti non si distruggono, si amano o si evitano: say say say what you want…